IL GRASSO LEGNAIUOLO

IL GRASSO LEGNAIUOLO
& UN MONDO PERDUTO

domenica 9 novembre 2025

IL RACCONTO DELLA DOMENICA, ovvero, DALL'ERESIA ALLA LICANTROPIA (per la favola dei viandanti d'ogni giorno)










La piena satolla leggiadra Luna non giova al mio povero amico Lupo, o meglio, ciò che in lui rimane dell’antica razza che indomita domina(va) le notti disturbando gli opulenti sonni migliori e più distinti visori notturni; assommati agli ‘incubi’ del dì, conferiti dal civico transito del pregiato uso del nobile malgoverno accompagnato dalla prestigiosa replica del  circo(lo) acrobatico esposto alla Fiera d’ogni giorno; circolare andare e venire e sognare il treno che corre veloce fino al trenino d’ogni notte, ed ove ogni paese e paesino gode alla sua vista il Panorama e con essa il piacere di goderne elevata alla dote della mensa…  




Nel favore, per l’appunto (ne faccia appunto… per il favore della Storia…), assommato al loro Dio di giostrarlo corrotto, ma quantunque, distinto pregiato odorato nonché pregato e giammai in fallo, e mai sia detto raggirarlo quando la giostra diviene fiera per il bene d’ogni grande o piccolo paese, sfrenato cavalcato così come conviene all’antica cavalleria, e ad ogni boutique esposta alla mercé della vetrina; e al somaro convien tacere e rimirarla dai tempi della volante dell’olandese, quando si espone al sortilegio del vizio dell’Eresia e ogni ControRiforma, e/o azienda agrituristica, la inforca mira e punta, promettendo giusta Forca in nome e per conto dell’Europa padana, ...o miglior piadina giorgiana!




La più saggia nutriente & saporita italiana!

 

La differenza non conta quando la Gola e sì dolce e profonda!    




Si narra anche, in questo Capitolo di rinnovata Storia risorta alla brace di una nota Natura Morta, che le Antiche Valli (hora rinomata osteria con vista alla pecorina, o meglio ricotta e tolta dalla vetrina della povera caciotta…) conquistate con il lume del ferro e del fuoco, nonché temprate da più nobile acciaio di cui ogni Cavalliere, e il suo vaporoso cavallo va’ fiero ed incensurato; ed ove, un tempo non certo remoto nella grande conca a forma di pregiata pentola con l’uso della nobilitata pressione evaporata ma ben cotta, ogni civile cavaliere transitando, s’agita e suda del suo stesso vapore al grado di perBacco e il prode Dionisio, indignato verso il Lupo e la sua strana Rima, promettendo il grado della giusta vendetta alcolica non ancora epatica cirrosi navigata…




Certamente sappiamo e riconosciamo che fra il Verso del Cavallo, e la Rima del povero braccato Lupo, corre una prolungata differenza conferita dai tempi supplementari della sibillina oracolare parabola, la qual dispensa, e mai sia detto artificialmente, giacché l’alchimia nel trasmutare sterco per oro, e contrario procedimento, Arte non sol di popolo ma d’ogni pagano Monopodio con l’indiscusso monopolio di governarlo al meglio, in più nobile elevato Pensiero.




Va Pensiero sull’ala dorata del giorno, il Pil di te va fiero, lo sterco sarà seminato durante le hore della notte quando la Gola si fa più sicura e profonda ed ogni cavaliere, o più umile scudiero, senza l’elmo dell’antica gloria conferita dalla pugna, potrà in suo grembo dormire sereno fori et entro le mura!   

 

Al tuo Inno ci inchiniamo e non più cantiamo né Rima né Verso!




Lo sappiamo il Progresso pascola la sua distinta pecunia in odor di lucido sterco per ogni Via e Sentiero, e quando ode una Rima avversa alla pressione della nobile scodella a vapore, ove regna l’indiscussa Ragione del fuoco, impreca e promette vendetta fin entro e fora le mura dell’antico Castello; hor hora che vi narro le gesta del Lupo d’un tempo e l’uomo che abbruscato e risorto per ogni paideia lo accompagnava, senza Lira caciotta calzari e denari prestati dall’usura d’ogni antico camino d’ogni giorno; ed ove anco la botte, almeno così si narra e conserva, il grado della dote migliore e non solo magna  greca la clientela migliore,  per ogni rosticceria o osteria narrato, fino alla Sfera della futura grana padana commentata per ogni Sacro Bosco con l’eterna promessa di divorarlo solo dopo la replicata Commedia che ben la distingue dal buco dell’Helvetica, ovvero colei che riparò e nacque nella fiera Helvetia, fors’anche in un’altra vita, quando la crosta della Luna l’illuminava e riparava nella combattuta Eresia dal macello dell’inCrociata Parola ed hora rinnovata in iscioperata ingloriosa Rima!




Tentarono di riparare ogni Buco della crosta e farne un vero Macello per ogni Gola, certamente più nobile e profonda, per seminare il Verso dell’antica Commedia divenuta rinnovata Dottrina, la quale nobilita agita e rizza la Fiera di cotal Giostra!




Rinnovandone le gesta nella forza della camicia, nella differenza che regna fra l’uovo e la gallina, e chi prima nacque nella sete di cotal cortigiana ingordigia, la quale regna sovrana e corrotta per ogni Gola certamente più capace e profonda…; umiliando la povera oliva e l’ascolana che l’havea rinnovata quando la Luna si fece piena e ricolma d’amore per il povero Eretico fu ito e risorto alla Fiera piazza ove ogni Libero Arbitrio si consuma allo stadio di Pilato l’innominato sindaco del ternano…  




Per l’uso e consumo della più nobile stirpe della Gola, certamente più saporita e profonda, giacché il ‘seme’ di cotal humana specie si glorifica della nostra venuta.

 

Udirla per ogni Passo fino alla Gola, quando viene povera scalza e ignuda, ovvero, quando Aladino il sultano ne rimembrava… doti e gesta da futuro Capo (dal) collo fiero e illuminato prezioso smeraldo del Verso…:




Costoro si erano espatriate per aiutare gli espatriati, e accinte a render felici gli sciagurati, e sostenute a vicenda per dar sostegno ed appoggio, e ardevano di brama per il congresso e l’unione carnale.

 

Eran tutte fornicatrici sfrenate, superbe e beffarde, che prendevano e davano, sode in carne e peccatrici e civettuole in pubblico e superbe, focose e infiammate, tinte e pinte, desiderabili e appetibili, squisite e leggiadre, che squarciavano e rappezzavano, laceravano e rattoppavano, aberravano e occhieggiavano, sforzavano e rubavano, consolavano e putteggiavano; seducenti e languide, desiderate e desideranti, svagate e svaganti, versatili e navigate, adolescenti inebriate, amorose e facenti di sé mercato, intraprendenti e ardenti, amanti e appassionate; rosse in viso e sfrontate, nere d’occhi e bistrate, ricche di glutei e slanciate, dalla voce nasale e dalle cosce carnose, occhiazzurre e cenerine, sfonde e sciocchine.




Ognuna traeva lo strascico della sua tunica e incantava col suo nitore chi la guardava; si incurvava come un arboscello, si svelava come un forte castello, dondolava come un ramoscello; marciava con una croce sul petto, vendeva per grazie le sue grazie, ambiva esser rotta nella sua cotta.

 

Giunsero costoro avendo consacrato come in opera pia le sue persone, e offerto e prostituito le più caste e preziose tra loro.

 

Dissero che mettendosi in viaggio avevano inteso consacrare i loro vezzi, che non intendevan rifiutarsi agli scapoli, e che ritenevano non potersi rendere a Dio accette con sacrificio migliore di questo.




Si appartaron quindi nelle tende e padiglioni da esse ai falli rizzati, riunendosi a loro altre belle giovani loro coetanee, e apriron le porte dei piaceri, e consacraron in pia offerta quanto avevan fra le cosce, e manifestaron la licenza, e si volsero al riposo, e rimossero ogni ostacolo al largheggiare di sé: dettero ampio corso al mercato della dissolutezza, ornarono le rappezzate fessure, si profusero nelle fonti del libertinaggio, si chiusero in camera sotto gli amorosi trasporti dei maschi, offersero il godimento della loro merce, invitarono gli impudichi all’amplesso, montarono i petti sulle terga, largirono la mercanzia agli indigenti, raccostaron gli anelli delle caviglie agli orecchini, vollero esser distese dell’amoroso gioco.

 

Si fecero bersaglio dei dardi, si ritennero lecito campo a ciò che è proibito, si offrirono ai colpi di lancia, si umiliarono ai loro nemici.




Stesero il padiglione, e sciolsero la zona dopo stretta (l’intesa); divennero il luogo ove si piantano i bischeri, invitarono i brandi a entrar nelle loro vagine, spianarono il loro terreno per le piantagioni, fecero alzare i giavellotti verso gli scudi, eccitarono gli aratri ad arare, dettero ai becchi di scrutare, permisero alle teste di entrar nei vestiboli, e corsero sotto chi le inforcava a colpi di sprone; avvicinarono le corde dei secchi ai pozzi, incoccarono le frecce sulle impugnature degli archi, recisero i cinturini, incisero le monete, accolsero gli uccelli nei nidi delle cosce, raccolsero nelle reti le corna degli arieti cozzanti; rimossero ogni interdizione da ciò che è preservato, e si francaron dal velo di ciò che è nascosto.




Intrecciaron gamba, saziaron la sete degli amanti, moltiplicarono i ramarri nei buchi, misero a parte i malvagi delle loro intimità, dettero la via ai calami verso i calami, ai torrenti verso i fondovalle, ai ruscelli verso gli stagni, ai brandi verso i foderi, alle verghe verso i crogioli, alle cinture infedeli verso le muliebri zone, alle legna verso le stufe, ai rei verso le basse carceri, ai cambiavalute verso i dinàr, ai colli verso i ventri, ai bruscoli verso gli occhi.

 

Si litigarono gli occhi.

 

Si litigarono per i fusti d’albero, si buttarono a gara a raccogliere i frutti, e sostennero che era questa un’opera pia su cui non ce n’è un’altra, specialmente verso chi era insieme lontano dalla patria e dalle donne.

 

Mescerono il vino, e con l’occhio del peccato ne chiesero la mercede.  







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