CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

martedì 16 luglio 2013

IL RITORNO DEI PAPI: il recinto (23)














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il ritorno dei papi: il recinto (24)











Nel 1353 Innocenzo VI inviò in Italia il nuovo legato pontificio, il
Cardinale Edigio Alvarez Carrillo Albornoz, già famoso guerriero
al servizio del Re di Castiglia e Arcivescovo di Toledo, per ristabi-
lire l'ordine e l'autorità del pontefice nel cosiddetto 'Patrimonio'....
Alla sua morte, avvenuta nel 1367, lo Stato della Chiesa era defi-
nitivamente riconquistato e il nuovo ordine, così come era stato
concepito dallo stesso Cardinale nelle 'Costituzioni' del 1357, era
vigilato da una rete di rocche e fortezze che si estendeva per tut-
ta l'Umbria e le Marche.




Le possenti rocche, costruite secondo sistemi di fortificazione di
cui lo stesso Cardinale era portatore, oltre ad essere un efficace
strumento di controllo, rappresentavano il simbolo della 'restaura-
zione' e un monito verso ogni tentativo di ribellione.
Con una definizione molto astratta, il 'recinto' e il 'territorio' sono
stati messi in relazione: Recinto è tutto ciò che costituisce il terri-
torio attraverso la pura funzione di impedire l'attraversamento.
Riferendosi più specificatamente alla città, Marconi - che ha ap-
profondito in particolare gli aspetti simbolici dell'architettura mili-
tare nel contesto urbano - scrive:




'Il momento di fortificare è quindi ancora legato, fino al Rinasci-
mento maturo, al momento dell'edificazione di un recinto, di un li-
mes, con tutte le connotazioni di carattere rituale ad esso connes-
se fin dalla più alta antichità. E' ben difficile quindi, dall'antichità
al Rinascimento, trovare città che non abbiano da risolvere proble-
mi di fortificazione dal momento stesso in cui si pone il problema
di fondare la città medesima'.




In particolare nel Medioevo e, più precisamente, nella seconda
metà del 200, tutte le città si conformano in relazione all'idea di
città che veniva suggerita dall'esperienza politica e sociale dei
liberi comuni.
Alla metà del 300, in un momento storico particolarmente criti-
co per varie ragione che vanno dalla degenerazione delle istitu-
zioni comunali alla peste nera, all'assenza dei papi nella sede na-
turale dell'originario pontificato, si inserisce  l'azione dell'Albor-
noz, spedito da un papa in latitanza a conquistare un territorio
per (ri)costruire uno Stato.
L'azione dell'Albornoz fu politica, diplomatica e militare; lui
stesso un personaggio di dubbia reputazione, applicò il suo man-
dato con reverenza subdola, ambigua e violenta, tipica di un
personaggio senza scrupoli prosecutore dell'opera iniziata dal pa-
pa Innocenzo IV il quale instaurò la famigerata bolla Ad Extirpanda.




Si adoperò nel suo mandato con ugual zelo della bolla papale...
La 'reconquista' dello Stato della Chiesa avvenne, come è no-
to, in breve tempo: dal 1353 in avanti il legato e vicario ponti-
ficio eccettuato un solo anno in cui torna in Spagna e fino alla
sua morte, riesce con varie tattiche a sostituirsi progressiva-
mente alle instabili o fragili signorie cittadine, stroncando in-
nanzitutto, oltre ogni eresia, ogni ambiziosa e intelligente atti-
vità intrapresa dai Prefetti di Vico che cercavano, partendo da
Viterbo e Orvieto, di porre le basi di un principato sovracittadi-
no sulle rovine dello Stato Pontificio e guardando oltre l'orizzon-
te ormai troppo limitato della città-stato.




Viterbo e Orvieto prima, Spoleto, Assisi e Narni successivamente
e infine Todi - per limitarsi all'Italia centrale, oggetto di questa
comunicazione - tornarono così a ricostituire quello Stato della
Chiesa 'restaurato' dall'Albornoz.
La determinazione con la quale l'Albornoz perseguì i suoi scopi
trovò la più evidente manifestazione nelle rocche, simboli e con-
crete espressioni della puro Medioevo nonché della forza del nuo-
vo potere.
E come il nuovo potere si sovrapponeva alle varie situazioni po-
litiche locali preesistenti soffocandone ogni aspirazione e minan-
done i principi democratici acquisiti, così le rocche imposero la
loro presenza nelle città, dilandiandone, come in una camera di
tortura, il tessuto urbano e dominandole.




Al recinto della comunità medievale si contrappone il recinto del-
la rocca, corpo estraneo nel corpo vivo della città: sia che fosse-
ro poste fuori che dentro le mura urbane, tutte le rocche fondano
infatti il presupposto del dominio (oltre che del libero arbitrio) su
quello dell'isolamento urbanistico.
Il proliferare delle innumerevoli rocche, fondate ricostruite o ria-
dattate nel periodo Albornoziano, diventa il simbolo del nuovo sta-
to e segna anche una lacerazione instabile nelle città.
(Prosegue....)












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