CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

martedì 30 luglio 2013

LA SUA RIMA (35)













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I pellegrini di Dio (34)

Prosegue in:

La sua anima (36)






IL BAGNO







..A volte il fondo su cui mi trasportano i flutti è rivestito da una foresta di erbe
verdi, oscillanti in morbide sinuosità; mi accarezzano, mi avvolgono e mi prepa-
rano un incantevole letto.
E' l'acqua, è la chioma ondulata delle piante che mi solleva e mi fa fluttuare sulla
superficie del ruscello?
Non so, e del resto il mio pensiero si perde in una specie di sogno; mi sembra
persino di essere diventato parte dell'ambiente circostante; mi sento tutt'uno con
le erbe fluttuanti, con la sabbia che scorre sul fondo, con la corrente che fa oscil-
lare il mio corpo; guardo con una specie di stupefazione gli alberi che si chinano
sopra il ruscello, gli squarci di cielo azzurro che si mostrano attraverso il foglia-
me, e il profilo nettamente delineato delle montagne che distinguo in lontananza,
all'orizzonte.
Il mondo esterno è davvero reale?




  Anch'io, come il pescatore della leggenda, vedo la sirena meravigliosa che mi
fa segno con il dito; mi sento attirato dal suo sguardo affascinante e sento risuo-
nare l'eco del suo canto dolce e perfido: 'Ah, vieni, vieni con me saremo felici!'.
A volte sono tentato di invidiare il giovane che cede al richiamo della sinuosa
ondina, la cui chioma fluttuante va a mescolarsi con quella del limo verde.
Ma io so che sbarazzandoci delle preoccupazioni amare della vita, l'esistenza
stessa finisce per spegnersi sotto la carezza dell'acqua limpida e le ondulazioni
dell'erba fremente.




La natura riserva ai suoi amanti seduzioni di cui bisogna diffidare, come della
voce delle sirene o della bellezza della fata Melusina. Facendoci amare troppo
la solitudine, ci porta fuori dal campo di battaglia in cui ogni uomo coraggioso
ha il dovere di battersi per la giustizia e la libertà!
Sì, la natura è bella: dobbiamo cogliere il suo fascino, ma anche saperne go-
dere solo la gioia discreta e non (dissento con l'autore....ed abbandonarci...)
mai al suo incantesimo fatale.




Uno dei grandi piaceri del bagno, un piacere di cui non sempre ci si rende
conto, ma non per questo è meno reale, è che si torna temporaneamente
alla vita degli antenati.
Senza essere schiavi dell'ignoranza come il selvaggio, diventiamo liberi co-
me lui quando ci tuffiamo nell'acqua; le nostre membra non devono più su-
bire il contatto degli odiosi vestiti; e insieme agli abiti lasciamo sulla riva
almeno una parte dei nostri pregiudizi di professione o mestiere; non sia-
mo più operai, commercianti, professori, dottori; dimentichiamo per un'ora




attrezzi, libri e strumenti e, ritornati allo stato di natura, potremmo es-
sere tentati di crederci ancora nell'età della pietra o del bronzo, quando
i popoli barbari costruivano le loro capanne su palafitte in mezzo all'ac-
qua.
Come gli uomini antichi, siamo liberi dalle convenzioni, la nostra serietà
obbligatoria può sparire e lasciare il posto all'allegria rumorosa; noi uomi-
ni civilizzati, invecchiati con lo studio e l'esperienza, ci ritroviamo bambi-
ni nei primi tempi della giovinezza del mondo.




Siamo rinati.
Ricorderò sempre con quanto stupore ho visto la prima volta una compa-
gnia di soldati che si divertivano nel fiume.
Ero ancora bambino e non potevo immaginare i militari se non con le loro
divise multicolore, le spalline rosse o gialle, i bottoni di metallo, i vari orna-
menti di cuoio, la lana o tela cerata; non li concepivo se non in marcia con
lo stesso passo, in colonne rettangolari, con i tamburi in testa e gli ufficiali
di fianco, come se formassero un immenso e strano animale spinto in avan-
ti da chissà quale cieca volontà.




Ma che strano fenomeno: quell'essere mostruoso, arrivato sulla riva dell'ac-
qua, si frammentava in gruppi sparsi, in individui distinti; i vestiti rossi e
azzurri erano gettati in un mucchio come volgari stracci, e da tutte quelle
uniformi da sergente, caporale, soldato semplice, vedevo uscire uomini che
si precipitavano nell'acqua con grida di gioia.
Basta con l'obbedienza passiva, basta con la rinuncia alla propria personalità;
i nuotatori, ritornati per qualche istante se stessi, si disperdevano leberamen-
 te nella corrente (non erano più burattini...): niente li distingueva dai borghe-
si che si divertivano accanto a loro.
Disgraziatamente si fece sentire un......
(E. Reclus, Storia di un ruscello)
(Dello stesso autore puoi leggere anche: Natura e società)














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