La cometa...
....Tomi.....
E pur bisogna errare: l'Eremo... da visitare per goderne splendida vista...
Tra breve non meno del 1618 apparvero in cielo tre comete!
Keplero ritenne, a posteriori, che annunciassero la guerra che,
iniziata quell’anno come semplice guerra di religione, avrebbe incendiato
l’Europa intera e sarebbe durata trent’anni. In ogni modo le tre comete
attrassero l’attenzione del mondo dei dotti e diedero occasione a numerosi
opuscoli, libriccini e libelli, e per Galileo, ad una nuova disputa.
Uno dei primi scritti sulle tre comete uscì anonimo nel 1619, ma si
seppe assai presto che era dovuto alla penna del gesuita Orazio Grassi, professore di matematiche al Collegio Romano della
Compagnia di Gesù.
Grassi vi sostiene che le comete si muovono molto al di là della Luna
su orbite regolari come tutti i pianeti e cita, per approvarle, le conclusioni
che Brahe aveva tratto dalle sue osservazioni della cometa del 1577.
Galileo a giudicare dalle
annotazioni da lui stese in margine alla sua copia, fu profondamente irritato
da questo scritto. Per lui la manovra era chiara: di nuovo, in occasione
dell’osservazione di un fenomeno astronomico, i gesuiti, avendo compreso che
non si poteva più opporre Tolomeo a Copernico, mettevano avanti Tycho Brahe.
Galileo decise di replicare seccamente e rapidamente, celandosi però
per prudenza dietro il nome di uno dei suoi vecchi allievi, Mario Guiducci.
Il ‘Discorso delle comete’ di
Guiducci fu pubblicato quell’anno stesso. Sorprendentemente, Galileo torna alle
sue vecchie opinioni circa le comete e sostiene che esse non sono oggetti reali
bensì probabilmente effetti ottici prodotti dalla luce solare con le esalazioni
dell’atmosfera terrestre salite al di là dell’orbita della Luna, come le aurore
boreali o i parelii.
Alla fine del ‘Discorso’ si
accusa l’anonimo sotto cui si cela il Grassi del grave crimine di non aver
citato le scoperte telescopiche di Galileo, e si incolpa il padre Scheiner di
appropriarsi delle scoperte altrui.
Il padre Grassi non ha dubbi sull’identità del suo avversario.
Passando dall’anonimato alla maschera, attacca direttamente Galileo
nella ‘Libra astronomica ac philosophica’,
edita anch’essa nel 1619, sotto lo pseudonimo di Lothario Sarsi Sigensano, anagramma di Horatio Grassi Salonensi.
Circa la priorità delle scoperte, il Grassi ritorce l’accusa verso
Galileo, e quanto all’orientamento di fondo conferma che i gesuiti hanno
abbracciato il sistema cosmologico di Brahe: se il sistema di Tolomeo è
confutato e quello di Copernico contrario alle Scritture, è inevitabile
adottare il compromesso ‘ticonico’.
Galileo preparerà con cura la sua risposta nel corso di quattro anni.
Nel 1623, l’anno stesso dell’elezione a papa del cardinale Maffeo Barberini col
nome di Urbano VIII, Galileo pubblica, ‘Il
Saggiatore’, ‘nel quale con bilancia
esquisita e giusta si ponderano le cose contenute nella – Libra astronomica e
filosofica – di Lotario Sarsi Singensano’.
Benché lo scienziato vi mantenga le
sue opinioni erronee sulla natura ‘materiale’ delle comete (tralasciando
più profonde verità sovumane’), e benché gran parte dell’opera sia dedicata a
polemiche sterili, paradossalmente ‘Il
Saggiatore’ è, per grandezza di qualche pagina mirabile sul metodo
scientifico, nel quale, comunque, per ciò che attesta la storia, molto deve
direttamente ai gesuiti pur non citando né confermando talune fonti.
Il libro forse più importante di Galileo dopo il ‘Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo’ e dopo i ‘Discorsi e dimostrazioni matematiche
intorno a due nuove scienze’, di cui il primo fruttò a Galileo la
comparizione, nell’aprile e nel maggio 1633, davanti al tribunale
dell’Inquisizione.
Fra i brani polemici del libro ce n’è uno spesso citato, che riporterò
per la tenacia non meno della capacità con la quale il Galileo mostra l’arte
nel farsi nemici irriducibili. Nel suo contrattacco, Galileo non si accontenta
di discutere erroneamente sulla natura delle comete e del sistema di Tycho, ma
fa d’ogni erba un fascio e riesuma tutti gli ‘errori’ passati di Grassi, alias
Sarsi. Fra questi la teoria che i proietti si riscaldino a causa dell’attrito
dell’aria, che Galileo commenta così:
Se il Sarsi vuole ch’io creda a Suida che i
Babilonii cocesser l’uova col girarle velocemente nella fionda, io lo crederò;
ma dirò bene, la cagione di tal effetto esser lontanissima da quella che gli
viene attribuita, e per trovar la vera io discuterò così: se a noi non succede
un effetto che ad altri altra volta è riuscito, è necessario che noi nel nostro
operare manchiamo di quello che fu causa della riuscita d’esso effetto, e che
non mancando a noi altro che una cosa sola, questa sola cosa sia la vera causa:
ora, a noi non mancano nuova, né fionde, né uomini robusti che le girino, e pur
non si cuocono, anzi, se fusser calde, si raffreddano più presto; e perché non
ci manca altro che l’esser di Babilonia, dunque l’esser Babilonie è causa
dell’indurirsi l’uova, e non l’attrazione dell’aria.
Notiamo che il Grassi, seguito da Galileo, presenta Suida come un
dossografo, come si credeva a quell’epoca e come si continuò a credere fino
all’inizio del nostro secolo. L’errore è peraltro ancora corrente ai nostri
giorni…
Comunque per smorzare i toni fra l’umano ed il sovrumano raccomando in
nome della famosa massima del Galileo di girare per un borgo antico nell’Eremo
del Greccio a cui ogni ospite è benvenuto ed ove è possibile godere oltre che
di una buona accoglienza anche della
vista per la cometa a noi così gradita…
E più non dico ma il cielo con la sua parabola benedico…
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