CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

mercoledì 15 febbraio 2017

UN NUOVO PROGETTO: il matrimonio: purezza & castità (15)
















































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Il matrimonio...(14)

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Gli impiegati della Compagnia (16)










                                     Lettera di

                               IMAD-ad-DIN


            Letta et copiata dai nostri ambasciatori
   
               presso la  Santa terra delli crociati

         Annotata et archiviata in nome della nobile

        arte dell’intricata et orrenda storia qui…

                               narrata….













Costoro si erano espatriate per aiutare gli espatriati, e accinte a render felici gli sciagurati, e sostenute a vicenda per dar sostegno ed appoggio, e ardevano di brama per il congresso e l’unione carnale.
Eran tutte fornicatrici sfrenate, superbe e beffarde, che prendevano e davano, sode in carne e peccatrici e civettuole in pubblico e superbe, focose e infiammate, tinte e pinte, desiderabili e appetibili, squisite e leggiadre, che squarciavano e rappezzavano, laceravano e rattoppavano, aberravano e occhieggiavano, sforzavano e rubavano, consolavano e putteggiavano; seducenti e languide, desiderate e desideranti, svagate e svaganti, versatili e navigate, adolescenti inebriate, amorose e facenti di sé mercato, intraprendenti e ardenti, amanti e appassionate; rosse in viso e sfrontate, nere d’occhi e bistrate, ricche di glutei e slanciate, dalla voce nasale e dalle cosce carnose, occhiazzurre e cenerine, sfonde e sciocchine.




Ognuna traeva lo strascico della sua tunica e incantava col suo nitore chi la guardava; si incurvava come un arboscello, si svelava come un forte castello, dondolava come un ramoscello; marciava con una croce sul petto, vendeva per grazie le sue grazie, ambiva esser rotta nella sua cotta.
Giunsero costoro avendo consacrato come in opera pia le sue persone, e offerto e prostituito le più caste e preziose tra loro.
Dissero che mettendosi in viaggio avevano inteso consacrare i loro vezzi, che non intendevan rifiutarsi agli scapoli, e che ritenevano non potersi rendere a Dio accette con sacrificio migliore di questo.




Si appartaron quindi nelle tende e padiglioni da esse rizzati, riunendosi a loro altre belle giovani loro coetanee, e apriron le porte dei piaceri, e consacraron in pia offerta quanto avevan fra le cosce, e manifestaron la licenza, e si volsero al riposo, e rimossero ogni ostacolo al largheggiare di sé: dettero ampio corso al mercato della dissolutezza, ornarono le rappezzate fessure, si profusero nelle fonti del libertinaggio, si chiusero in camera sotto gli amorosi trasporti dei maschi, offersero il godimento della loro merce, invitarono gli impudichi all’amplesso, montarono i petti sulle terga, largirono la mercanzia agli indigenti, raccostaron gli anelli delle caviglie agli orecchini, vollero esser distese dell’amoroso gioco.




Si fecero bersaglio dei dardi, si ritennero lecito campo a ciò che è proibito, si offrirono ai colpi di lancia, si umiliarono ai loro nemici.
Stesero il padiglione, e sciolsero la zona dopo stretta (l’intesa); divennero il luogo ove si piantano i bischeri, invitarono i brandi a entrar nelle loro vagine, spianarono il loro terreno per le piantagioni, fecero alzare i giavellotti verso gli scudi, eccitarono gli aratri ad arare, dettero ai becchi di scrutare, permisero alle teste di entrar nei vestiboli, e corsero sotto chi le inforcava a colpi di sprone; avvicinarono le corde dei secchi ai pozzi, incoccarono le frecce sulle impugnature degli archi, recisero i cinturini, incisero le monete, accolsero gli uccelli nei nidi delle cosce, raccolsero nelle reti le corna degli arieti cozzanti; rimossero ogni interdizione da ciò che è preservato, e si francaron dal velo di ciò che è nascosto.




Intrecciaron gamba, saziaron la sete degli amanti, moltiplicarono i ramarri nei buchi, misero a parte i malvagi delle loro intimità, dettero la via ai calami verso i calami, ai torrenti verso i fondovalle, ai ruscelli verso gli stagni, ai brandi verso i foderi, alle verghe verso i crogioli, alle cinture infedeli verso le muliebri zone, alle legna verso le stufe, ai rei verso le basse carceri, ai cambiavalute verso i dinàr, ai colli verso i ventri, ai bruscoli verso gli occhi.
Si litigarono gli occhi.
Si litigarono per i fusti d’albero, si buttarono a gara a raccogliere i frutti, e sostennero che era questa un’opera pia su cui non ce n’è un’altra, specialmente verso chi era insieme lontano dalla patria e dalle donne.
Mescerono il vino, e con l’occhio del peccato ne chiesero la mercede....












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