CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

domenica 10 marzo 2019

LA SCELTA (3)



















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La scelta

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Un mondo più nuovo che non corre ad alta velocità fra Torino e Lione













Noi umili profani ci chiediamo quale sia l’interesse pubblico e di Stato e quanto del privato nella difficile scelta del Sentiero - di ogni Sentiero - per condurci sino alla vetta, se per vetta intendiamo una sostenibile compatibilità con le esigenze del singolo e delle sue reali prospettive di sopravvivenza intese quali utili ripartizioni fra costi e benefici per la merce e materia indispensabile per la cosiddetta sopravvivenza.

Anche se sappiamo in cuor nostro che in realtà abbisogniamo di ben altro che viaggiare ad alta velocità con una nuova super dotata cabinovia per far della Natura lo scempio d’una miope ed infruttuosa prospettiva.




Allora qual profani, quando ci troviamo di fronte ad una vetta per la dovuta conquista ne studiamo la via migliore che ci consenta la giusta armonia, ma se certo non amiamo la realtà condivisa della montagna o dell’intera Natura che questa ispira ci possiamo, anche e di notte, accomodare in lunghe piste battute ed artificiose e goderne un diverso luna park d’un differente approccio e intendimento.

Sì certo il paragone può ed è azzardato, ma vivere nel contesto della montagna ed usufruire dei suoi benefici così come di altre prospettive naturali, senza per questo danneggiare i dovuti operatori, consente una analisi appropriata del territorio valutando opposti benefici a confronto. Il business - se business possiamo chiamare - dei Parchi in Italia così come in Europa va aumentando il proprio fatturato, eco-mafie a parte.




Statisticamente parlando la corretta gestione d’un parco con tutti i benefici che da questo derivano sia dal punto di vista naturalistico (e di tutela) paesaggistico che culturale che economico sono ben al di sopra di carenti strutture sportive, per non parlare di relativi impatti ambientali nel bilancio d’un clima irreversibilmente danneggiato, il quale, a parte condizioni artificiose con elevati costi non permette di goderne l’utilizzo, rimanendo opere mostruose in contesti territoriali con ben altra prospettiva.

La conversione necessaria così come l’adeguamento per tutti gli operatori del settore è condizione e dovuto passo non solo dei tempi ma anche per cime e vette comprese quelle economiche a lungo termine nelle quali i veri economisti e non certo politici debbono adeguare i loro bilanci con le risorse e i singoli cittadini chiamati a condividerne i frutti, e non certo privati i quali non offrono alcuna opportunità strategica a lungo termine con i già detti ed enunciati benefici, eccetto una falsa economia esposta ad un bilancio costantemente corrotto del politico di turno il quale opera - come spesso o sempre leggiamo - in un contesto in continuo degrado peggiorando uno stato ed ambiente già malsano.  




Ragion per cui ci chiediamo da umili profani chi decide il meglio per i cittadini?

Interessi a breve scadenza di cantieri ed improbabili nuovi posti di lavoro, o una diversa prospettiva del lavoro stesso!

Gli interessi dei cantieri in oggetto e non solo, ma anche d’un vasto commercio su gomma fanno sì che quest’opera (ad alta velocità) non è di beneficio alcuno per uno Stato diviso nella difficile spinosa scelta, tanto meno il presunto rapporto passeggeri fra le due tratte segnalate confrontato con un diverso studio del settore fra costi e benefici fra un trasporto da incentivare su rotaia ed uno ampiamente e troppo sfruttato su gomma.

I benefici per il singolo pressoché nulli eccetto l’assistere inermi al collasso d’una nazione più volte già monitorata per il suo stato di salute, e la totale mancanza tutela di paesaggio il quale ci contraddistingueva.




Ciò su cui si discute è una ulteriore riprova della differenza fra la celata realtà e verità dell’interesse pubblico contesa con il privato e di cui i politici ne ignorano l’evidenza non attenendosi all’interesse del singolo ma del privato detto quale ulteriore conferma e riprova come la politica non sia condizione tecnica al servizio del cittadino, ma  eterno compromesso con il ‘singolo’ privato, il qual privato talvolta diviene antistato confermando un ruolo pubblico di inefficace attendibilità e trasparenza con carenza di gestione e costi elevati anche se foraggiati da una Comunità d’appartenenza la quale oltre il ‘passo detto’ difetta di medesimo difettevole principio, ben arroccato all’interno di quello Stato il cui dovuto compito di tecnici e addetti rinnovati con la fiducia del voto possano deciderne il meglio, e non certo come meglio operare per scardinarne Principi Diritti Istituzioni e interessi detti…   





Un’analisi dell’Osservatorio Eurispes sulla mobilità e i trasporti illustra come nel nostro paese il trasporto ferroviario delle merci rappresenti una quota di traffico minoritaria rispetto alle altre modalità: si stima infatti che esso raggiunga un valore si appena il 6%. In Europa il comparto ferroviario delle merci si attesta ad una quota che varia tra il 12% e il 18%, e in alcuni paesi come l’Austria addirittura supera il 30%.

Da noi come sappiamo domina il trasporto su gomma. E nonostante quest’ultimo presenti maggiori aspetti critici rispetto agli altri comparti (costi elevati, forte dipendenza dalle condizioni atmosferiche e stradali, più elevato tasso di incidentalità e ripercussioni a livello ambientale), gli investimenti infrastrutturali da una parte e le politiche di sostegno dall’altra hanno privilegiato negli ultimi 60 anni la rete stradale e autostradale e il trasporto merci e passeggeri su gomma.

Un vero paradosso.

Uno studio elaborato da FerCargo (Associazione di imprese ferroviarie private che rappresentano il 30% del traffico ferroviario delle merci), ha messo in luce come il trasporto su rotaia sia il vettore più ecologico. Per ogni tonnellata di carico e per ogni chilometro percorso con un treno merci europeo, nell’atmosfera vanno mediamente 29 grammi di CO2. Nel caso di un trasporto su mezzo pesante conforme alla normativa-antinquinamento Euro 5, le emissioni ammontano a 81 grammi, cioè circa il triplo rispetto alla soluzione precedente.

Attraverso il software europeo EcoTransIT è stato possibile misurare alcuni dei servizi prodotti dalle imprese ferroviarie aderenti a FerCargo e mettere a confronto la quantità di CO2 emessa dai camion con quella emessa dai treni, a parità di percorso e tonnellate trasportate. Un esempio su tutti: “un treno merci equivale a circa 40 Tir.

I governi che si sono succeduti negli ultimi anni “hanno avuto una visione miope del sistema dei trasporti e della mobilità in generale – spiega il direttore dell’Osservatorio Eurispes sulla mobilità e i trasporti, Carlo Tosti – la tendenza è stata quella di concentrarsi su grandi opere, per altro spesso annunciate e mai realizzate, senza considerare che collegare l’Italia con il resto d’Europa attraverso importanti reti infrastrutturali, senza curarsi di valorizzare il sistema dei collegamenti interni, non può che rivelarsi un’azione controproducente. Si rischia infatti un effetto imbuto in entrata e in uscita”.

Marco Ponti, autorevole docente di Economia dei Trasporti al Politecnico di Milano, oltre a esprimersi spesso sulla inutilità della TAV della Valle di Susa visto che in quell’area con la Francia scambiamo molto poco, ripete che i costi per il trasporto delle merci le imprese li affrontano nell’attraversamento delle aree dense, non certo sui valichi. Il 75% del traffico e dei costi per le imprese è dovuto alla congestione delle aree dense e metropolitane, con gli annessi problemi di inquinamento. Quindi è qui che occorrerebbe intervenire.

L’Eurispes con il suo Osservatorio fa proprie alcune proposte pratiche, avanzate dagli stessi operatori del trasporto merci su rotaia, che si basano su alcuni punti essenziali: 

‘elettrificazione e prolungamento dei binari all’interno dei terminal ferroviari per consentire il transito di treni fino a 700 metri di lunghezza; riclassificazione delle linee ferroviarie da modulo C3 a modulo D4 in modo da consentire il transito dei treni con 22 tonnellate per asse; riattivazione di contributi a sostegno del trasporto su ferrovia; istituzione di un fondo di garanzia per le Imprese Ferroviarie per l’acquisto di materiale rotabile; partecipazione delle imprese ferroviarie o associazioni rappresentative di esse nei processi decisionali riguardanti l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria e le politiche sulla logistica; istituzione dell’Authority dei Trasporti già prevista dal Decreto Salva Italia nel 2012, necessaria a garantire la concorrenza fra le differenti modalità di trasporto attraverso ma anche all’interno delle stesse; conferimento delle risorse per il Servizio Universale per il trasporto ferroviario delle merci attraverso procedure di gara ad evidenza pubblica.

Il passo successivo, di natura politica, sarà quello di gestire la replica, in questi casi spesso durissima, della forte lobby del trasporto su gomma. Servirà dunque un approccio complessivo per creare minori criticità possibili a questi operatori e al paese.

Tornando sulle grandi opere e sulla TAV della Valle di Susa va detto che in Italia mai si fa un’analisi di sostenibilità ambientale, trasportistica e finanziaria di queste opere. Una brutta consuetudine italiana. Altro aspetto da considerare è il solito racconto dei sogni fatto all’opinione pubblica che i privati siano disposti a rischiare capitale proprio su TAV, autostrade e grandi opere. La storia ci insegna che, ad esempio, l’alta velocità ferroviaria, così come in tutta Europa, è stata pagata interamente con soldi pubblici. Da noi nel caso delle autostrade si è intervenuto con proroghe delle concessioni (per ottenere incassi sicuri) e con garanzie pubbliche di subentro alla scadenza delle concessioni…












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