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La scelta
Prosegue in...
Un mondo più nuovo che non corre ad alta velocità fra Torino e Lione
Noi umili profani ci chiediamo quale sia
l’interesse pubblico e di Stato e quanto del privato nella difficile scelta del
Sentiero - di ogni Sentiero - per condurci sino alla vetta, se per vetta
intendiamo una sostenibile compatibilità con le esigenze del singolo e delle
sue reali prospettive di sopravvivenza intese quali utili ripartizioni fra costi
e benefici per la merce e materia indispensabile per la cosiddetta
sopravvivenza.
Anche se sappiamo in cuor nostro che in realtà
abbisogniamo di ben altro che viaggiare ad alta velocità con una nuova super
dotata cabinovia per far della Natura lo scempio d’una miope ed infruttuosa
prospettiva.
Allora qual profani, quando ci troviamo di
fronte ad una vetta per la dovuta conquista ne studiamo la via migliore che ci
consenta la giusta armonia, ma se certo non amiamo la realtà condivisa della
montagna o dell’intera Natura che questa ispira ci possiamo, anche e di notte,
accomodare in lunghe piste battute ed artificiose e goderne un diverso luna
park d’un differente approccio e intendimento.
Sì certo il paragone può ed è azzardato, ma
vivere nel contesto della montagna ed usufruire dei suoi benefici così come di
altre prospettive naturali, senza per questo danneggiare i dovuti operatori,
consente una analisi appropriata del territorio valutando opposti benefici a
confronto. Il business - se business possiamo chiamare - dei Parchi in Italia
così come in Europa va aumentando il proprio fatturato, eco-mafie a parte.
Statisticamente parlando la corretta gestione
d’un parco con tutti i benefici che da questo derivano sia dal punto di vista
naturalistico (e di tutela) paesaggistico che culturale che economico sono ben
al di sopra di carenti strutture sportive, per non parlare di relativi impatti
ambientali nel bilancio d’un clima irreversibilmente danneggiato, il quale, a
parte condizioni artificiose con elevati costi non permette di goderne
l’utilizzo, rimanendo opere mostruose in contesti territoriali con ben altra prospettiva.
La conversione necessaria così come
l’adeguamento per tutti gli operatori del settore è condizione e dovuto passo
non solo dei tempi ma anche per cime e vette comprese quelle economiche a lungo
termine nelle quali i veri economisti e non certo politici debbono adeguare i
loro bilanci con le risorse e i singoli cittadini chiamati a condividerne i
frutti, e non certo privati i quali non offrono alcuna opportunità strategica a
lungo termine con i già detti ed enunciati benefici, eccetto una falsa economia
esposta ad un bilancio costantemente corrotto del politico di turno il quale
opera - come spesso o sempre leggiamo - in un contesto in continuo degrado
peggiorando uno stato ed ambiente già malsano.
Ragion per cui ci chiediamo da umili profani
chi decide il meglio per i cittadini?
Interessi a breve scadenza di cantieri ed
improbabili nuovi posti di lavoro, o una diversa prospettiva del lavoro stesso!
Gli interessi dei cantieri in oggetto e non
solo, ma anche d’un vasto commercio su gomma fanno sì che quest’opera (ad alta velocità) non è di
beneficio alcuno per uno Stato diviso nella difficile spinosa scelta, tanto
meno il presunto rapporto passeggeri fra le due tratte segnalate confrontato
con un diverso studio del settore fra costi e benefici fra un trasporto da
incentivare su rotaia ed uno ampiamente e troppo sfruttato su gomma.
I benefici per il singolo pressoché nulli
eccetto l’assistere inermi al collasso d’una nazione più volte già monitorata
per il suo stato di salute, e la totale mancanza tutela di paesaggio il quale
ci contraddistingueva.
Ciò su cui si discute è una ulteriore riprova
della differenza fra la celata realtà e verità dell’interesse pubblico contesa
con il privato e di cui i politici ne ignorano l’evidenza non attenendosi
all’interesse del singolo ma del privato detto quale ulteriore conferma e
riprova come la politica non sia condizione tecnica al servizio del cittadino,
ma eterno compromesso con il ‘singolo’
privato, il qual privato talvolta diviene antistato confermando un ruolo
pubblico di inefficace attendibilità e trasparenza con carenza di gestione e
costi elevati anche se foraggiati da una Comunità d’appartenenza la quale oltre
il ‘passo detto’ difetta di medesimo difettevole principio, ben arroccato
all’interno di quello Stato il cui dovuto compito di tecnici e addetti
rinnovati con la fiducia del voto possano deciderne il meglio, e non certo come
meglio operare per scardinarne Principi Diritti Istituzioni e interessi detti…
Un’analisi
dell’Osservatorio Eurispes sulla mobilità e i trasporti illustra come nel
nostro paese il trasporto ferroviario delle merci rappresenti una quota di
traffico minoritaria rispetto alle altre modalità: si stima infatti che esso
raggiunga un valore si appena il 6%. In Europa il comparto ferroviario delle
merci si attesta ad una quota che varia tra il 12% e il 18%, e in alcuni paesi
come l’Austria addirittura supera il 30%.
Da noi
come sappiamo domina il trasporto su gomma. E nonostante quest’ultimo presenti
maggiori aspetti critici rispetto agli altri comparti (costi elevati, forte
dipendenza dalle condizioni atmosferiche e stradali, più elevato tasso di
incidentalità e ripercussioni a livello ambientale), gli investimenti
infrastrutturali da una parte e le politiche di sostegno dall’altra hanno
privilegiato negli ultimi 60 anni la rete stradale e autostradale e il trasporto
merci e passeggeri su gomma.
Un vero
paradosso.
Uno
studio elaborato da FerCargo (Associazione di imprese ferroviarie private che
rappresentano il 30% del traffico ferroviario delle merci), ha messo in luce
come il trasporto su rotaia sia il vettore più ecologico. Per ogni tonnellata
di carico e per ogni chilometro percorso con un treno merci europeo,
nell’atmosfera vanno mediamente 29 grammi di CO2. Nel caso di un trasporto su
mezzo pesante conforme alla normativa-antinquinamento Euro 5, le emissioni
ammontano a 81 grammi, cioè circa il triplo rispetto alla soluzione precedente.
Attraverso
il software europeo EcoTransIT è stato possibile misurare alcuni dei servizi
prodotti dalle imprese ferroviarie aderenti a FerCargo e mettere a confronto la
quantità di CO2 emessa dai camion con quella emessa dai treni, a parità di
percorso e tonnellate trasportate. Un esempio su tutti: “un treno merci
equivale a circa 40 Tir.
I governi
che si sono succeduti negli ultimi anni “hanno avuto una visione miope del
sistema dei trasporti e della mobilità in generale – spiega il direttore
dell’Osservatorio Eurispes sulla mobilità e i trasporti, Carlo Tosti – la
tendenza è stata quella di concentrarsi su grandi opere, per altro spesso
annunciate e mai realizzate, senza considerare che collegare l’Italia con il
resto d’Europa attraverso importanti reti infrastrutturali, senza curarsi di
valorizzare il sistema dei collegamenti interni, non può che rivelarsi
un’azione controproducente. Si rischia infatti un effetto imbuto in entrata e
in uscita”.
Marco
Ponti, autorevole docente di Economia dei Trasporti al Politecnico di Milano,
oltre a esprimersi spesso sulla inutilità della TAV della Valle di Susa visto
che in quell’area con la Francia scambiamo molto poco, ripete che i costi per
il trasporto delle merci le imprese li affrontano nell’attraversamento delle
aree dense, non certo sui valichi. Il 75% del traffico e dei costi per le
imprese è dovuto alla congestione delle aree dense e metropolitane, con gli
annessi problemi di inquinamento. Quindi è qui che occorrerebbe intervenire.
L’Eurispes
con il suo Osservatorio fa proprie alcune proposte pratiche, avanzate dagli
stessi operatori del trasporto merci su rotaia, che si basano su alcuni punti
essenziali:
‘elettrificazione
e prolungamento dei binari all’interno dei terminal ferroviari per consentire
il transito di treni fino a 700 metri di lunghezza; riclassificazione delle
linee ferroviarie da modulo C3 a modulo D4 in modo da consentire il transito
dei treni con 22 tonnellate per asse; riattivazione di contributi a sostegno
del trasporto su ferrovia; istituzione di un fondo di garanzia per le Imprese
Ferroviarie per l’acquisto di materiale rotabile; partecipazione delle imprese
ferroviarie o associazioni rappresentative di esse nei processi decisionali
riguardanti l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria e le politiche sulla
logistica; istituzione dell’Authority dei Trasporti già prevista dal Decreto
Salva Italia nel 2012, necessaria a garantire la concorrenza fra le differenti
modalità di trasporto attraverso ma anche all’interno delle stesse; conferimento
delle risorse per il Servizio Universale per il trasporto ferroviario delle
merci attraverso procedure di gara ad evidenza pubblica.
Il passo
successivo, di natura politica, sarà quello di gestire la replica, in questi
casi spesso durissima, della forte lobby del trasporto su gomma. Servirà dunque
un approccio complessivo per creare minori criticità possibili a questi
operatori e al paese.
Tornando
sulle grandi opere e sulla TAV della Valle di Susa va detto che in Italia mai
si fa un’analisi di sostenibilità ambientale, trasportistica e finanziaria di
queste opere. Una brutta consuetudine italiana. Altro aspetto da considerare è
il solito racconto dei sogni fatto all’opinione pubblica che i privati siano
disposti a rischiare capitale proprio su TAV, autostrade e grandi opere. La
storia ci insegna che, ad esempio, l’alta velocità ferroviaria, così come in
tutta Europa, è stata pagata interamente con soldi pubblici. Da noi nel caso
delle autostrade si è intervenuto con proroghe delle concessioni (per ottenere
incassi sicuri) e con garanzie pubbliche di subentro alla scadenza delle
concessioni…
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