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Aldo Pio
Manuzio romano saluta
Iacopo
Antiquario di Perugia
Che tutte
le Opere più belle siano le più difficili da realizzare (così come sovente
anche per la pittura) potrei dire che sia vero per moltissimi motivi, ma in
particolare per questo: da quando ho iniziato a ricercare con acribia ed
ostinazione le Opere morali di Plutarco e a raccoglierle da ogni
parte per stamparle e divulgarle fra i letterati, tanti sono stati gli
impedimenti, tanti i guai capitati l’uno dopo l’altro (e puoi ben intenderne il
motivo!), da costringermi ad interrompere più volte il lavoro intrapreso.
Ma poiché
‘la fatica indefessa su tutto prevale’, ecco che finalmente l’Opera è compiuta.
Moltissime
sono le ragioni che mi hanno portato a dedicarla a te, mio caro Antiquario: la
tua comprovata e mirabile onestà, la tua grande cultura, la tua straordinaria
umanità, il tuo affetto – contraccambiato – per me, soprattutto la suprema
integrità dei tuoi costumi, dove eccelli a tal punto da superare perfino quanto
ci prescrivono i venerandi precetti di Plutarco.
E dunque,
quale scelta più appropriata di dedicare Opere Morali ad un uomo virtuoso più
di ogni altro sul piano morale?
Quando fui
tuo ospite a Milano, ho constatato personalmente che sei ricolmo di ogni virtù
e ho ammirato non solo la tua rettitudine, ma anche quella del giovane
Antiquario, tuo pronipote per parte di fratello, il quale palesava una tale
modestia, un tale amore per le belle lettere (conosceva infatti già molto bene
sia il latino che il greco), che mi sembrava destinato a diventare in breve
tempo un uomo eccelso in egual misura per probità e dottrina, proprio tale e
quale a te.
E che dire
dell’ammirazione suscitata dai tuoi coadiutori e dalla tua intera servitù,
virtuosa e ricolma di modestia, simile al suo padrone?
Dunque sono
incline ad affermare che risponde pienamente a verità il seguente detto: quali
saranno i capifamiglia, quali saranno i padroni, i nobili, i principi e i capi
di Stato, tale sarà la famiglia, tali saranno i coadiutori, la servitù, le città
stesse ed i popoli.
Questo
concetto è espresso da Marco Tullio – elegantemente come
sempre – nell’Opera Sulle Leggi con le seguenti parole.
E non è tanto un male che i governanti commettano
misfatti (sebbene questo sia un male grave di per sé), quanto il fatto che
moltissimi uomini modellino il proprio comportamento (compresa la propria
servitù) su quello dei governanti. Infatti, se tu volessi riandare agli eventi
del passato, potresti constatare che, quali furono i maggiorenti di una città,
tale fu la città; e qualunque mutamento dei costumi si verifichi nei
governanti, lo stesso mutamento verrà a prodursi nei cittadini. Questa
asserzione è più vera – e non di poco – di quella sostenuta dal nostro Platone,
il quale afferma che, se mutano i canti dei musici, muta la situazione della
città. Io, per parte mia, ritengo che i costumi delle città mutino se mutano la
vita e il comportamento dei nobili. Per cui, i governanti corrotti risultano
esattamente dannosi allo Stato non solo perché nutrono essi stessi dei vizi
insiti nel concetto stesso di corruzione per ogni comportamento fraudolento
adottato, ma anche ed altresì li trasmettono ai propri cittadini di ogni ordine
e grado compresa la servitù che al meglio li asserve, e sono esiziali non solo
perché essi stessi si corrompono, ma anche perché corrompono gli altri, e
minacciano più con il collettivo cattivo esempio che con le malefatte stesse.
Per questa
ragione vorrei che tutti gli uomini che ne comandano gli altri (nel buono giammai
nel cattivo esempio) fossero moralmente ineccepibili.
Antiquario
mio, e perfettamente simili a te: in breve tempo tutti i mortali verrebbero
certamente a condurre una vita onesta quanto beata, sarebbe cancellato dal
mondo per totale e universale consenso ogni crimine inganno raggiro maffare e
molto altro ancora, e, come dice il saggio Ovidio:
Le frodi, gli inganni,
le insidie, la violenza e la scellerata smania di
possesso,
e a tutto
ciò subentrerebbero le più sane e sante virtù, l’onestà e, come dice ancora
Ovidio,
‘il vero, il giusto e la lealtà’.
Ma al
nostro tempo gli uomini buoni sono rarissimi:
Una
eccezione giammai una regola.
A codesta
eccezione, purtroppo, corrisponde un comportamento avverso quale regola elevata
a stile di vita, da cui la conseguente frode adottata non più nel principio ma
ancor peggio, quale morale; la peggiore morale deve avere la meglio e seminare
o edificare, di conseguenza, un pessimo raccolto, così come l’edificio che peccando
non solo di gola se ne ciba e nutre qual spirituale alimento per il proprio ed
altrui tornaconto e, al meglio o al peggio, sopravvivere in codesta vita
terrena.
Possiamo quindi
immaginare quale sia il cibo e nutrimento che edifica ed edificherà ogni
apparente (corrotto) Diritto con il sopravvento della censura sul Libero
Arbitrio defraudato della Verità terrena, così da poter al meglio
salvaguardarsi nel fraudolento comportamento adottato.
Ma
soprattutto quando istituzionalizzato per ogni città ove regna incompetenza
corruzione e un dubbio affarismo quale vero ed unico principio (e non solo di
mercato).
Quindi mi
sembra fuori da ogni ragionevole dubbio che talune Opere debbano ritenersi indispensabili
per la corretta salute con cui intendersi lo Spirito (ed il corpo) Puro.
Se tali
Opere che mi accingo a riproporre con il suo benevolo assenso possono arrecare
danno tanto ai fraudolenti governanti quanto al popolo da loro legiferato,
compresi tutti i servi di cotal misfatto, allora possiamo dire nonché postulare
che oltre le secolari Leggi violate, con loro la Natura che al meglio le ha
donate e pensate, frutto dell’Opera misericordiosa di Dio.
Giacché
dovremmo altresì comprendere la Natura Albero ed Opera creazione di Dio, e l’uomo suo frutto
e non certo proibito, il quale frutto così ben coltivato maturato dai secoli in cui, il dotto Plutarco solca l’universale Terra, nella corretta Ragione (e Morale)
per al meglio rendere il raccolto nel giusto godimento ed intendimento da Dio
donato, compiendo così l’intero ciclo di quanto Creato in Terra, specchio dell’Universo
per ogni Stagione in cui poter leggere e compiere la Vita nel Tempo pregata.
Ne dovremmo
dedurre e leggere, quindi, il sano atto con cui si contraddistingue e preserva
degno e puro raccolto quale immagine di Dio, costantemente abdicato ad un pessimo
allevamento in cui la maga Circe (madre di ogni inganno) compagna di ogni
corrotto tiranno, inganna sia il mite Odisseo che il nobile profeta che a lui contenderà
il trono.
Negando il
ciclo della Vita e violando il principio morale non più del Filosofo ma
precetto di Dio.
Sovvertendo
l’intero ordine del creato dall’alto dei cieli sino alla mite zolla di Terra.
Mio caro
Antiquario da detta Ragione deriverà anche corretto intendimento non solo della
morale, ma anche come l’uomo debba porsi al cospetto della Vita, non solo verso
il proprio simile, ma anche verso tutto ciò in cui ugual medesima corruzione infrange
l’unanime Legge di Dio per ogni cosa viva.
Tale
corruzione purtroppo è divenuta costante regola con cui nutrire ciò che una
volta era un misero equipaggio di una nave nella propria Odissea per tramutarlo
in ciò in cui più vicino alla bestia, medesimo atroce Destino e non più mitica
avventura, quando la sventura accompagnata dalla morte più miserevole sopraggiunta come una peste nera al corpo
ulcerato degli innumerevoli argonauti, più maiali che umani.
Sicché,
caro amico Antiquario, abbiamo raggiunto anche un altro passo fondamentale del
nostro amato Plutarco, il profondo solco o recinto che divide un campo ben
seminato da un pessimo allevamento di Stato.
Coltivare
la vera Ragione nella dura fatica della Terra Opera misericordiosa con la quale
poter ottenere il favore di Dio.
Con la
quale compiere la costante preghiera.
Con la
quale riunirci e ricongiungi al ciclo da cui la Vita.
Il tuo Aldo
Venezia
1509
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