CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

giovedì 27 agosto 2020

IL LUNGO VIAGGIO DELLA NOSTRA ANIMA (3)

 










Precedenti capitoli:


Dell'inganno (2/1)


Prosegue nel lungo...:


Viaggio della nostra Anima (4)








Un treno, il treno senza fermate, una locomotiva sfiatata, un vagone spento, poi il vagone Z e, racchiuso li dentro, lui che rifà lo stesso percorso che aveva fatto tre giorni prima in aeroplano, cento ore prima, in quel mese di maggio, le ore della sua agonia, quelle ore dopo la caduta necessaria alla sua Anima per prepararsi alla partenza – l’espulsione gli era stata notificata in modo così improvviso che aveva fatto fatica a crederci in un primo momento; vene del collo gonfie, un fratello – quello che non aveva studiato – e una madre – dal viso come la terra, che pensava a quella terra che presto avrebbe accolto, il suo figlio amato; 




infine un vagone pieno di tanfo, del fetore di una compagnia di poliziotti coi fucili tra le gambe, terrorizzati da questo treno di morte, pronti a intervenire al minimo incidente, che guardavano passare un paesaggio che non poteva entrare dalla porta piombata del suo vagone, mentre lui nella sua bara, calava dal nord al sud, chiuso per sempre e la sua Anima lo seguiva al di sopra del treno come un elicottero per accordare la sua andatura e quella locomotiva, lepidottero che trita la sua polvere sui campi per prevenire la peronospora e fa fremere la vegetazione al passaggio della sua ombra che per un breve istante rinfresca il suolo arido; e la terra assetata di pioggia da secoli, si elettrizza già solo alla carezza di...




...quell’ombra come una mano che sfiora un’altra mano senza un allacciarsi di dita, che allora sarebbe il segnale del sangue, e della rivoluzione, no, è soltanto un frullo d’ali, un tocco impercettibile che rianima insensibilmente il sangue addormentato nelle vene, e la terra – campi della Tessaglia, pianure della Macedonia, Bralos, Pintos, Sarandaporon, Tebe e Levida – sa che presto riceverà il suo corpo, quello del ‘quarantesimo prode’ della canzone, ma il sangue, pensa l’Anima alata, il sangue della terra, le sue acque, seguono la loro china naturale, quando sono pronte scalzano le fondamenta, e preparano così la grande rivoluzione; per questo il macchinista aveva un ordine formale: ‘nessuna fermata in nessun luogo’; alla presidenza del Consiglio ad Atene tutto uno stato maggiore sul piede di guerra seguiva il treno per radio, riceveva le comunicazioni dalle diverse unità di polizia e regolava in conseguenza l’andatura del convoglio mantenendosi in contatto col macchinista.




 Tutte le partenze erano state annullate, nessun treno veniva in senso contrario, nessun treno seguiva; tutti erano stati soppressi per lasciare via libera a questo, perché non approdasse a nessun porto e marinai, puttane e scaricatori non si sollevassero per fare la rivoluzione; i padroni del potere, lividi di paura, non sapevano più come nascondere la loro vergogna, come nella favola un bambino gridò: ‘il Re è nudo’, e loro restarono a bocca aperta, loro che a forza di ossequio l’avevano persuaso che era il più bello, quello dal vestito più ricco, che la sua forza stava nell’amore del suo popolo, ed ecco che di fronte a questo grido tutto sprofonda, e allora non trovano altra via d’uscita e preferiscono ‘traslocarlo’ e avere la pace una volta per tutte, sopprimere il testimone delle loro menzogne che non si era...




...contentato di gridare ‘il re è nudo’, ma che a Londra, aveva osato spogliare la regina incaricando qualcuno di strapparle il vestito sulla spalla, e così il treno filava in un mondo che si arrestò improvvisamente a causa del Suo fulmine, in un mondo che aspettava sotto un segnale per sollevarsi, ma tutto finì per rientrare nell’ordine, non ci furono incidenti – nemmeno al momento delle esequie, - si diffusero parole d’ordine moderate, per evitare ogni nuovo spargimento di sangue, perché i tempi non erano maturi: la politica mandò avanti il suo gioco prudente per vincere alla fine anche a costo di lasciar passare la grande possibilità offerta di questo delitto, mentre gli avversari, nell’ora della sua agonia, cercavano invano di nascondere la vergogna…

 


E il treno fischiava prima di venire inghiottito dal tunnel dal quale uscì con una sciarpa color della notte mentre l’Anima elicottero fu presa da un brivido quando per pochi secondi, perso di vista il suo corpo, una delle sue grandi ali multicolori cominciò a vibrare, come una valva liberata, l’Anima Falena, l’Anima Saturnia, l’Anima Sfinge, l’anima Nottua, l’Anima Esperia, farfalla uscita a tempo dal suo bozzolo offrendo agli uomini solidi fili di seta destinati a reggere i loro sogni come palloni, a gettare ancore legate da questo filo nel fondo dei loro sogni profondi, ma si acquietò vedendo riapparire il muso della locomotiva all’uscita... 




...del tunnel, poi il vagone spento, poi il Suo, piombato, poi i vetri lagrimosi dei vagoni dei parenti, poi quella sacca piena di bruchi verdi, processionarie dei pini, il vagone dei poliziotti, pronto, se scoppiava, a sommergere il mondo con la sua bava, e Lui senza vedere nulla, che pure vedeva ogni cosa dal suo elicottero, questa terra, la sua terra, la terra della sua patria, terra madre foggiata giustamente dai secoli, paesaggio secolare, cornice così bella che gli uomini avrebbero dovuto sempre soffrire per la sua bellezza, sempre versare il loro sangue per proteggerla dalle orde dei barbari, dalle bande dei neofascisti, sempre, senza altra giustificazione che la salvezza delle sue montagne e la benedizione del sole; vedeva gli alberi,




...piccole preghiere appoggiate sui marciapiedi del mare come vecchie donne che filano sull’uscio la loro canocchia; vedeva un gabbiano spaventato che dal treno sfiorava il mare; vedeva i villaggi prigionieri per sempre nelle gole delle montagne, ignorati da tutti, villaggi svuotati dall’emigrazione; poi l’Olimpo nevoso nella gloria di maggio e, di fronte il monte Kissavos, ancora rivali tutti e due come i due movimenti della Resistenza durante l’occupazione; avvicinandosi alla roccaforte veneziana, abbandonata da secoli al di sopra del Platamone, rifugio di corvi, che sorveglia il mare dove i pirati, oggi, sono i dragamine della Sesta Flotta, l’anima volle riposarsi un poco, entrò in una crepa nel muro, ne cacciò una...




lucertola verde; vide il marmo del mare venato dal vento con la speranza di una vela, tempio marino di fronte all’Olimpo; si abbandonò alla brezza, perché si dice che l’Anima erri, spensierata, finché il corpo non si è congiunto con le tenebre, ma che, nel momento in cui il corpo torna alla sua matrice, anch’essa torna nell’aria, si divide in molecole che diventano poi, l’ossigeno respirato dai vivi; e l’Anima sapeva che vedeva in quest’ultimo viaggio, per l’ultima volta, quella fortezza che un tempo le piaceva tanto, corona della cresta montagnosa, che girava dietro il vetro dell’automobile come su un palcoscenico girevole,




mentre era la strada invece che le girava intorno continuamente; per questo si fermò un momento a rivivere quei ricordi, ma il fischio del treno la richiamò a Tempe, l’elica si rimise in moto e l’Anima Falena decollò senza lasciare la minima traccia del suo passaggio sulla cittadella, senza aver inciso il suo nome sulla roccia, ridiede il posto alla lucertola verde e corse vicino al suo corpo estraneo a tutto, corpo terribilmente straziato, orribilmente mutilato, chi avrebbe detto che l’asfalto delle strade sarebbe divenuto la sua corona, ma forse era così…




Il corpo chiuso nel vagone non vede nulla…

 

Il corpo è senza Memoria!

 

…una macchina da scrivere sfasciata, buttata sul mercato delle robe vecchie, una macchina sorda, muta, inferma, mutilata…

 

Un po’ così si sentiva l’Anima quando l’ardore del sole cominciò ad indebolirsi…




 …Il treno attraversava la pianura dove il grano riprendeva forza al calore del sole. Le spighe rialzavano la testa man mano che la luce diminuiva, e alla brezza che si levò per riempire il vuoto che il gran benefattore lasciava dietro di sé, le spighe mature frusciavano all’unisono, alzati, amore mio andiamo a ballare fino al mattino. Onde senza schiuma come le onde dell’oceano, si rompevano sulla scarpata della ferrovia; profondi respiri di una donna che si abbandona alle stelle, e quella bellezza accresceva l’angoscia dell’Anima…

 

(V.V. Z L’orgia del potere)







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