CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

giovedì 1 luglio 2021

L' ISOLA DELL'ISOLATO (8)

 










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Nell’anima collettiva, le attitudini intellettuali, si annullano. L’eterogeneo si dissolve e i caratteri inconsci predominano. Questo patrimonio di caratteri ordinari ci spiega perché le folle non sono in grado di compiere atti che esigano una grande intelligenza. Le decisioni di interesse generale prese da un’assemblea di uomini illustri, ma di specializzazioni diverse, non sono molto migliori delle decisioni che potrebbero essere prese in una riunione di imbecilli.

 

In effetti, quegli uomini illustri sono in grado di associare soltanto le mediocri qualità da tutti possedute. Le folle non accumulano l’intelligenza, ma la mediocrità. Si ripete spesso che non tutti sono più spiritosi di Voltaire.




 Voltaire è certo più spiritoso di tutti se questi ‘tutti’ rappresentano la folla. Se gli individui in folla si limitassero a fondere le qualità ordinarie, otterremmo semplicemente una media e non, la creazione di caratteristiche nuove.

 

Come nascono queste caratteristiche?

 

Lo studieremo ora.

 

Diverse cause determinano la comparsa dei caratteri specifici delle folle. La prima è che l’individuo in folla acquista, per il solo fatto del numero, un sentimento di potenza invincibile. Ciò gli permette di cedere ad istinti che, se fosse rimasto solo, avrebbe senz’altro repressi.




 Vi cederà tanto più volentieri in quanto – la folla essendo anonima e dunque irresponsabile – il senso di responsabilità, che raffrena sempre gli individui, scompare del tutto. Una seconda causa, il contagio mentale, determina nelle folle il manifestarsi di speciali caratteri e al tempo stesso il loro orientamento.

 

Il contagio è un fenomeno facile da constatare ma non ancora spiegato, e da porsi in relazione con i fenomeni d’ordine ipnotico che studieremo tra poco.

 

Ogni sentimento, ogni atto è contagioso in una folla, e contagioso a tal punto che l’individuo sacrifica molto facilmente il proprio interesse personale all’interesse collettivo. Si tratta di un comportamento innaturale, del quale l’uomo diventa capace soltanto se entra a far parte di una folla.




Una terza causa, di gran lunga la più importante, determina negli individui in folla, caratteri speciali, a volte opposti a quelli dell’individuo isolato. Intendo parlare della suggestionabilità, di cui il contagio citato più sopra è soltanto l’effetto. Per comprendere tale fenomeno, dobbiamo tenere presenti alcune recenti scoperte della fisiologia.

 

Oggi sappiamo che un individuo può essere messo in condizioni tali che, avendo persola personalità cosciente, obbedisca a tutti i suggerimenti di chi appunto tale coscienza gli ha sottratta, e commetta le azioni più contrarie al proprio temperamento ed alle proprie abitudini. Orbene, osservazioni attente sembrano provare che l’individuo immerso da qualche tempo nel mezzo di una folla attiva cada – grazie agli affluvi che dalla folla si sprigionano, o per altre cause ancora ignote – in uno stato particolare, assai simile a quello dell’ipnotizzato nelle mani dell’ipnotizzatore.




Un individuo ipnotizzato, dato che la vita del suo cervello rimane paralizzata, diventa schiavo di tutte le attività inconsce, dirette dall’ipnotizzatore a suo piacimento. La personalità cosciente è svanita, la volontà e il discernimento aboliti. Sentimenti e pensieri vengono orientati nella direzione voluta dall’ipnotizzatore. Tale è press’a poco la condizione dell’individuo che faccia parte di una folla.

 

Non è più consapevole di quel che fa.

 

In lui, come nell’ipnotizzato, talune facoltà possono essere spinte a un grado di estrema esaltazione mentre altre sono distrutte. L’influenza di una suggestione lo indurrà con irresistibile impeto a compiere certi atti. E l’impeto risulterà ancor più irresistibile nelle folle piuttosto che nel soggetto ipnotizzato, giacché la suggestione, essendo identica per tutti gli individui, aumenta enormemente poiché viene reciprocamente esercitata.




Gli individui che in una folla siano dotati di una personalità forte per resistere alla suggestione sono troppo pochi e vengono trascinati dalla corrente. Al massimo potranno tentare una diversione con una suggestione diversa. Una parola ben scelta, un’immagine evocata al momento giusto hanno talvolta distolto le folle dagli atti più sanguinari. Annullamento della personalità cosciente, predominio della personalità inconscia, orientamento determinato dalla suggestione e dal contagio dei sentimenti e delle idee in un unico senso, tendenza a trasformare immediatamente in atti le idee suggerite, tali sono i principali caratteri dell’individuo in una folla.

 

Egli non è più se stesso, ma un automa incapace di esser guidato dalla propria volontà. Per il solo fatto di appartenere a una folla, l’uomo scende dunque di parecchi gradini la scala della civiltà. Isolato, era forse un individuo colto; nella folla, è un istintivo e dunque un barbaro. Ha la spontaneità, la violenza, la ferocia ed anche gli entusiasmi e gli eroismi degli esseri primitivi…




 Se attribuiamo alla parola moralità il significato di rispetto costante di certe convenzioni sociali e di repressione permanente degli impulsi egoistici, è evidente che le folle sono troppo impulsive e troppo mutevoli per essere sensibili ai problemi morali. Ma se nel concetto di moralità intendiamo far rientrare anche il manifestarsi momentaneo di certe qualità, come l’abnegazione, la dedizione, il disinteresse, il sacrificio di sé, il bisogno di giustizia, possiamo dire che le folle al contrario, sono a volte capaci di raggiungere una moralità molto alta.

 

I rari psicologi che hanno studiato le folle, lo hanno fatto soltanto dal punto di vista criminale, e, notando quanto i delitti collettivi siano frequenti, hanno attribuito alle folle un livello morale molto basso. Senza dubbio. Spesso è così.

 

Ma perché?




 Semplicemente perché gli istinti di ferocia distruttiva sono residui di età primitive assopiti nel fondo di ciascuno di noi. Per l’individuo isolato sarebbe pericoloso il soddisfarli; ma per l’individuo che si trova nel mezzo di una folla irresponsabile, dove l’impunità è assicurata, non ci sono ostacoli alla libertà di seguire quegli istinti.

 

Dato che attualmente non possiamo dare sfogo agli istinti distruttivi sui nostri simili, ci limitiamo a soddisfarli sugli animali.

 

La passione per la caccia e la ferocia delle folle derivano da una medesima fonte. La folla che fa lentamente a pezzi una vittima indifesa dà prova di una crudeltà codarda; ma non tanto dissimile, per il filosofo, da quella dei cacciatori che si radunano a dozzine per godere lo spettacolo di un povero cervo dilaniato dai cani. Se la folla è capace di uccidere, di INCENDIARE e di commettere ogni sorta di crimini, è pure capace di atti di sacrificio e di disinteresse molto più elevati di quelli che son di solito compiuti dall’individuo isolato.




 E’ soprattutto sull’individuo immerso nella folla che si può agire invocando sentimenti di gloria, di onore, di religione o di patria.

 

Non fu certo tale impulso che guidò le folle in tante guerre, di cui il più delle volte non intesero la ragione, e nelle quali si lasciarono trucidare come allodole ipnotizzate dallo specchietto del cacciatore.

 

Talvolta perfino i più incalliti furfanti, per il solo fatto di essere riuniti in folla, fanno propri i principii della più rigorosa moralità. La moralizzazione di un individuo per mezzo della folla non è certo regola costante, ma la si può osservare di frequente e perfino in circostanze molto meno gravi di quelle citate. In teatro la folla esige dal protagonista virtù esaltanti e il pubblico, anche se composto da individui inferiori, si mostra a volte molto rigoroso in fatto morale.


(Prosegue con la Seconda parte)






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