CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

venerdì 27 maggio 2022

ULTERIORI CONSIDERAZIONI











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Circa brevi e più 


'serie' Riflessioni 


Prosegue con...: 









una pedalata 


(poco Seria lungo 











ugual Via....) 








Leggendo in maniera distratta, o meglio distrattamente, circa le locali Grandi Notizie del giorno, mi imbatto in una paradossale condizione meditativa conferita tanto dalla notizia quanto l’icona che al meglio o al peggio, seppur non volendo la evidenzia, tratta nel contesto ben impaginato donde ricavata cotal strana Visione filosofica circa la vita d’ognuno e la propria ed altrui ricchezza universalmente distribuita in cui si specchia.

 

In bella mostra con tanto di casa magnificamente ammobiliata la qual ‘campeggia’ in bella evidenza nella cornice della Grande Notizia e l’invisibile prospettiva conferita…

 

Il precedente post  introduceva così la sua modesta discreta ‘critica’, la qual ‘critica’ monitorata in tutti quei luoghi ove l’edilizia prospera a dispetto della Natura e la sua tutela, non risulta gradita, anche e soprattutto ad un piccolo giornalino locale, il quale come tale non tenuto ad approfondire, semmai asservire il ‘padroncino’ e il suo ed altrui ‘locale’, ove l’edilizia come un certo turismo di facciata, vive e prospera nel costante beneficio al soldo del ‘piano edilizio’ ed ogni Legge che meglio lo ‘asserve’, anche in ‘difetto’ del proprio interesse (in conflitto con il tutelato e più volte nominato ‘paesaggio’ e il suo incompreso patrimonio derivato) in nome dello Stato che l’ha adeguata al presunto congiunto fabbisogno Economico.

 

Ma sappiamo che ogni ‘difetto’ di Legge nasce e prospera al di fuori e ben al di sotto di ciò che assomma la risultante dell’interesse economico sottratta al bisogno del Diritto d’ognuno di partecipare al Bene comune della Natura. Natura intesa in ambito sia sociale che economico, quindi valorizzarla e mai privarla della caratteristica propria la quale sempre più rara per ogni ambiente montano, creando ogni dissesto ed ulteriore intervento di cui lo Stato deve farsi carico, in difetto d’ogni maggiore tutela.



 

‘Siamo sull’orlo di una crisi climatica globale, per scongiurare la quale occorrono misure concordate a livello globale’.

 

Queste sono le parole utilizzate dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella il 12 marzo scorso al Teatro comunale di Belluno durante la commemorazione delle 3 vittime venete della tempesta Vaia. Aggiungeva inoltre:

 

‘Vi invito quindi a cercare vie nuove, a studiare soluzioni diverse dal passato per prevenire e contenere i disastri ambientali. Vanno respinte decisamente tentazioni dirette a riproporre soluzioni già ampiamente sperimentate in passato con esito negativo, talvolta premessa per futuri disastri’.

 

Uno degli elementi caratterizzanti il cambiamento climatico è l’aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi estremi. L’Agenzia Europea dell’Ambiente nel report n. 15 “Change adaptation and disaster risk reduction in Europe”, pubblicato nel 2017, ha stimato che, nel periodo dal 1980 al 2015, le perdite economiche per i 33 paesi europei causate dai cosiddetti ‘extreme-weather and climate-related events’ ammontano a circa 433 miliardi di euro.

 

Le maggior perdite economiche sono quindi causate da alluvioni e tempeste di vento mentre le ondate di calore sono quelle che determinano una maggior perdita in termini di vite umane essendo un fenomeno molto più esteso territorialmente rispetto agli altri e andando a colpire la popolazione più vulnerabile, vale a dire gli anziani.

 

Nel passato siamo stati molti bravi a creare nuovi boschi, e il rimboschimento ha svolto un ruolo importante per la difesa idrogeologica e per l’occupazione; poi spesso questi boschi non li abbiamo curati a dovere. Adesso non c’è bisogno di ricostituire artificialmente la foresta, ci sarà bisogno di curarla quando verrà, per esaltarne le funzioni, applicando con sapienza i principi della selvicoltura e della gestione adattativa; coscienti che in un mondo che cambia così rapidamente, sia negli aspetti ambientali che in quelli socio-economici, sarà sempre di più necessario far precedere i piani operativi da riflessioni su come debbano svilupparsi le relazioni fra uomo e natura: riflessioni che aiutino a definire nuove idee, a valutare idee precedenti, a stabilire ponti fra discipline diverse, a interpretare le mutevoli relazioni fra risorse naturali e società.

 

Tutto questo è bene che lo si dica qui: siamo in una Accademia, in un luogo che affonda le sue metaforiche radici proprio in un bosco, quello sacro dedicato all’eroe greco Achademos: là fu impressa una svolta decisiva al pensiero occidentale; qui, recentemente, si è parlato di unità del sapere e dei contributi che il pensiero alto, filosofico, può dare alla scienza e alle sue applicazioni. Non dimentichiamoci di questi riferimenti quando definiamo le nostre azioni per l’ambiente e la foresta del futuro.

 

La continua evoluzione delle condizioni generali del clima, unita ai profondi cambiamenti socio-economici delle montagne italiane, sono sempre più spesso elementi scatenanti di eventi di grande intensità. La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome apprezza gli sforzi, sebbene ancora non sufficienti di fronte alle condizioni di criticità, per gli interventi a sostegno del ripristino dei dissesti e dei danni anche ingenti causati da eventi sempre più violenti (vento, ecc.).

 

…Si sottolinea comunque come occorra fare una riflessione più generale che impone un passaggio sostanziale da interventi di carattere emergenziale a una politica della prevenzione. Anche per ciò che riguarda la prevenzione per gli incendi boschivi è necessario introdurre elementi di prevenzione. In tal senso il nuovo Testo Unico Forestale, mediante l’introduzione di concetti quali: la “gestione attiva forestale”, i “terreni abbandonati e silenti”, le forme di sostituzione per la gestione per la prevenzione e il contenimento dei rischi e di gestione associata delle proprietà private e pubbliche per superare la criticità della frammentazione, mira al superamento delle maggiori criticità del sistema forestale italiano costituite dall’eccessiva frammentazione della proprietà e la difficoltà conseguente di una gestione sostenibile. Si ritiene fondamentale, al fine di garantire la salvaguardia delle foreste nonché di promuovere la gestione attiva e razionale del patrimonio forestale nazionale e garantire la sua multifunzionalità, stimolare la predisposizione di tutti gli strumenti necessari a promuovere e tutelare l’economia forestale.

 

In un paese in cui la superficie forestale è concentrata soprattutto nel territorio montano, di per sé fragile, il bosco può costituire un importante fattore economico se valorizzato attraverso le politiche di filiera, nonché attraverso il sostegno delle attività agro-silvo-pastorali e il recupero produttivo delle proprietà fondiarie frammentate e dei terreni abbandonati, sostenendo lo sviluppo di forme di gestione associata delle proprietà forestali pubbliche e private. La regione Toscana ha avviato in questo senso alcune importanti iniziative che vanno nella logica dell’introduzione della cultura della prevenzione in particolar modo dagli incendi boschivi. I Piani specifici di prevenzione, le Comunità di Bosco, l’esperienza della Foresta Modello delle Montagne Fiorentine e le azioni partecipate come le Fire Wise Communities, costituiscono strumenti operativi per affrontare il tema della prevenzione, oltre che per divulgare e sostenere l’approccio partecipato alla gestione attiva coinvolgendo le Comunità locali, senza le quali non è possibile parlare di gestione attiva e sostenibile della risorsa bosco.

 

Il cambiamento di uso del suolo è, a livello globale, una delle più importanti attività antropiche che influenzano processi biologici, conservazione della biodiversità ed erogazione dei servizi ecosistemici. In Italia in questi ultimi decenni le dinamiche sociali ed economiche stanno determinando una profonda trasformazione dei paesaggi culturali che l’attività dell’uomo aveva modellato nei secoli precedenti. Questa trasformazione avviene contemporaneamente al cambiamento climatico creando effetti sinergici che, secondo gli scenari proposti dall’IPCC, andranno ad aumentare in modo esponenziale nel prossimo secolo. In questi scenari i disturbi (in primo luogo incendi, tempeste e pullulazioni di insetti), pur essendo fenomeni naturali con i quali le foreste hanno convissuto per milioni di anni, possono provocare problemi alla conservazione del patrimonio forestale e alla erogazione dei servizi ecosistemici richiesti.

 

È quindi indispensabile prendere atto del ruolo ecologico dei disturbi anche nella gestione delle risorse naturali e delle foreste e, nello stesso tempo, valutare con attenzione resistenza e resilienza delle foreste ai disturbi naturali applicando una smart-climate forestry. Gli incendi in Piemonte nell’ottobre 2017 e la tempesta Vaia nell’ottobre 2018 sono degli esempi significativi e rappresentano degli importanti casi-studio sia per la ricerca e sia per gestione preventiva (mitigazione) e ricostituzione post-disturbo.

 

(Accademia dei Georgofili)




Non un caso che abbia scelto questi appunti tratti dalla famosa Accademia ubicata in una nota via di Firenze intitolata alla stessa e di cui oggetto di un attentato da parte della mafia e i suoi ‘introvabili’ mandanti, giacché lo Stato è spesso in conflitto con se medesimo e con talune Leggi di cui promuove, da una parte la tutela, e dall’altra incentiva l’esatto contrario, in un pensiero dislessico al pari di un insano accanimento terapeutico con taluni ambienti montani ove l’incentivo edilizio promulgato e concesso sembra favorire la morte precoce di ogni forma di Natura salvaguardata e tutelata, verso un  più redditizio investimento per ogni evento sportivo con annessi impianti e nuovi piani edilizi urbanistici confacenti.  

 

Sappiamo bene, oltre i sempre e più onerosi interventi di dissesti idrogeologici, anche il mantenimento di ciò che impropriamente edificato, e di cui non si provvede alla necessaria conversione, con tutti gli operatori del settore turistico i quali beneficiano di sempre maggiori e più onerosi stanziamenti economici, ed oltremodo incapaci di affrontare con adeguata competenza ambientale (con tutte le sue inattese e improvvise ‘trasformazioni’ climatiche) un ambito specifico - e non più interpretativo - di cui non solo il turista abbisogna, in nome della Natura vissuta nella reale dimensione sociale nonché sportiva che non sia una impropria funivia o un sempre più elevato ‘residence’ d’alta quota.

 

Tutte queste strutture sempre più onerose per i loro proprietari, rimangono piccoli ‘satelliti’ di cemento inseriti in panorami sempre maggiormente mortificati e mai valorizzati secondo criteri di più elevata specifica competenza turistico-economica (promossa anche nelle varie Università italiane con formazione professionale e conseguente laurea), nella costante incapacità di saper intendere rapportare e adeguare i fabbisogni turistici con più seria e duratura capacità imprenditoriale compatibile con la breve o prolungata ‘vacanza’ (divenuta una nuova o antica scelta) in nome e per conto della sempre più ‘morta natura’ e di tutti i perduti valori di cui maestra.




Tutte queste fratture e discrepanze emergono sempre maggiori in taluni ‘ecosistemi montani’ ove regna una linea di confine fra colui che intende e percepisce la Natura come un bene momentaneo, e colui che invece, tende a conviverci ogni giorno dell’anno. L’intendimento e la comprensione circa ugual bene si dissolvono e disgregano appena si tendono a riconfermare e giammai superare, soglie di ‘tutela interpretativa’ circa la salvaguardia e lo sfruttamento della Natura.

 

Il Parco non più visto come un Bene da cui prospera l’intero Ecosistema compreso l’umano, semmai e al contrario, un limite imposto a tutti coloro i quali interpretano il limite di tutela e i fondamenti che questo ‘riserva’ alla ricchezza nella lunga durata, rispetto ai presunti ‘brevi benefici’ di cui si illudono i locali e non solo addetti al settore turistico.  

 

L’illusione dell’economia a dispetto della Natura ha generato mostri ben visibili i quali sopravvivono a totale carico dello Stato. Ma non solo l’illusione di una economia del tutto virtuale, ma altresì anche il contesto umano che in simmetrica ‘decrescita’ generazionale si tende ad edificare, il quale completamente estraneo al proprio Ecosistema occupato, assente ed incapace di coglierne e viverne come un Tempo irrimediabilmente perso, sia la bellezza che la sana capacità edificante e rigenerante con tutti i simmetrici benefici pedagogici che da Lei derivano. Si tende ad abdicare se non del tutto privare dell’antico legame, sostituito con tutti quei artifizi di cui, e non solo l’edilizia, si accompagna non più nel Sentiero della Vita, ma al contrario, nell’interesse fagocitato dal fattore economico in cui e per cui la Natura interpretata, o peggio, corrisposta alla totale mancanza di salvaguardia nell’interesse dello Stato.




È preferito il ‘monolocale’, il ‘residence’ ben inserito all’interno della tutelata selva, e il ‘fuori pista’ per ogni salita e conseguente discesa a beneficio della Natura, logicamente il saper sfruttarne o deturparne la sua bellezza rientra in un contesto ‘edile’ di efficienza, oppure ed ancor meglio di ‘crescita’, se la crescita economica la possiamo o dobbiamo misurare secondo cotal ‘edile’ ed antica e non certo artigianale ‘alternativa’.


 Quindi la ‘critica’ il ‘dissenso’ la ‘tutela’, in certi luoghi o contesti socio-economici, non graditi, e se manifestati accolgono ugual sfavore di un non lontano impero zarista, il quale seppur contrastato nella propria antica visione di conquista per la medesima interpretazione d’una simmetrica convergenza, circa l’umana natura privata di qualsivoglia rispetto per il Diritto alla vita assommata al libero arbitrio della propria terra; ‘edificando’, di conseguenza, uguali gradi di intolleranza nella invariata propria ed altrui prospettiva bellica assommata ad ogni mancanza di tutela, fondando la legge del più forte circa ogni forma di impropria conquista adottata. 


Quindi parlare di ‘mafia’ significa soprattutto saperla rapportare nei termini che più gli si addicono nelle alterne e più moderne fasi storiche, in cui riesce a mimetizzarsi con l’ambiente circostante, assumendo prospettive sempre nuove di crescita e prospera efficienza in ogni ambiente ove posta la solida condizione mafiosa, la quale la possiamo e dobbiamo evidenziare anche nei gradi superiori della basso mano-valenza per come sempre si è contraddistinta ed appropriata del nome ‘mafia’; giacché come tale il ‘fenomeno mafioso’ è da evidenziare non solo dove sempre lo pensiamo ubicato, ma altresì considerare il ‘fenomeno’ in tutte quelle ‘prospettive’ socio-economiche ove tende, nei gradi di incontrastato potere, a consolidare il proprio principio, potremmo dire universalizzato, il quale come tale e per sua natura, prevarica le Ragioni e i Diritti vilipesi d’ognuno.




Quindi ‘mafia’ non solo e non più il ‘padrino’, il ‘ricercato’, i lunghi processi e gli inattesi risvolti, ma ‘mafia’ quale costante ‘stato sociale’ il quale tende, oltre che prevaricare, anche a consolidare il proprio apparente benessere scritto nella presunta legalità economica simmetrica e convergente alla - seppur contrastata - illegalità ‘mafiosa’; dacché i gradi della ‘mafia’ conseguenti alla propria evoluzione più o meno inviolata, molti e non del tutto ben dedotti e  specificati, evidenziati come misurati nella propria fallace ‘darwiniana’ natura di presunta ‘crescita’ nella più costante e veloce ‘dislessica decrescita’.

 

Soprattutto nei ‘gradi’ più elevati i quali ‘capaci’ congiuntamente di apportare quell’insano malessere cosiddetto ‘mafioso’, scritto non solo nel costante degrado della ‘natura’, ma anche e soprattutto la ‘natura sociale’ la quale come tale essendo da lei derivata, non può ‘cogitare’ circa il proprio stato o più naturale condizione di cui privata e a cui suo malgrado destinata; quindi incapace di comprendere i simmetrici ‘gradi’ a cui suo malgrado costretta, nel beneficio, almeno così vien detto e ripetuto, del più noto ‘pil’ economico, il quale congiuntamente fornisce il bene del quale il più basso mafioso gode, ovvero il legalizzato capitale accumulato e quindi riciclato da ogni insano e più duraturo pericolo di ingerenza interpretativa.

 

Quindi interpretare i gradi della ‘mafia’ Spa associata, consolidata nel potere politico da cui lo Stato con la conseguente capacità di ‘tutela’, o al contrario, di totale assenza scritta nella finalità del benessere della pace economica d’ognuno, ci conferisce l’‘equazione’ o la ‘summa’ del valore a cui il ‘fenomeno’ contrastato si misura in ogni argomento del giorno.




Ovvero, se come detto l’atteggiamento di aggressione verso l’inerme debba essere considerato un fenomeno non solo di degrado sociale ma altresì ‘criminale’,  simmetrico al mafioso, allora ogni argomento adottato circa la ‘pax’ con il grande zar debba risolversi come un grande fenomeno ‘mafioso’ con le sue varianti scritte nei più alti gradi del benessere economico di ogni Stato, il quale adottando la ‘pax’ mafiosa, in pratica disarma l’aggredito secondo uguali medesimi principi di mafia, instaurando un passivo Stato di apparente tolleranza, ed ove il ‘mafioso’ così legalizzato può adottare le leggi che più gli si addicono, circa le finalità a cui aspira al di fuori di ogni sana Legge in cui, in verità e per il vero, ogni Stato di Diritto fondato e consolidato.  

 

Quindi saper ben intendere e riconoscere ogni livello in cui la ‘mafia’ consolidata, la quale ‘mafia’ non più e non solo il fenomeno con cui celebrata la strage che fu e per sempre rinnovata nell’ambito sociale di ogni giorno in cui legalizzata e dedotta l’unanime ‘pax’, e il cui ‘messaggino’ o ‘pizzino’ assumono toni di storico degrado di epica ‘biblica’ consistenza, conferendo margine incontrastato ad ugual paura in cui si misura ogni guerra fra lo Stato di Diritto e l’insana duratura dittatura.  

 

(Giuliano)      












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