CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

giovedì 22 febbraio 2024

IL CONTROLLO LETALE









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& il capro espiatorio 








Lunedì 18 dicembre 2023 la notizia della reintroduzione dei primi 5 lupi grigi nel Parco Nazionale delle Rocky Mountains in Colorado viene rimbalzata dalle testate giornalistiche internazionali, a segnare l’inizio di un ambizioso programma approvato dalla volontà popolare di quello stato che si è democraticamente espressa a favore del ritorno dei lupi in quella regione dove erano stati sterminati e da circa 80 anni non si sentivano più ululare. Per contro, il giorno dopo, la Commissione europea presenta la proposta di abbassare il livello di protezione del lupo in tutti gli Stati membri. ‘Proposed change in the international status of the wolves’ (europa.eu).

 

Non essendo stata presentata alcuna prova valida scientificamente della necessità di degradare lo status europeo di protezione del lupo, lo stesso giorno, dal sito dell’EEB (European Environmental Bureau) si legge che quasi 300 ONG hanno firmato una lettera congiunta chiedendo al presidente della Commissione Europea di sostenere le attuali protezioni dei lupi in tutta Europa. ‘Almost 300 NGOs sign joint letter for EU wolf protection (eeb.org)’




La Commissione Europea si era recentemente impegnata a “decidere su una proposta per modificare, ove opportuno, lo status di protezione del lupo all’interno dell’UE, per aggiornare il quadro giuridico e per introdurre, ove necessario, ulteriore flessibilità” entro la fine del 2023. Le ONG di tutta Europa ora temono che tali cambiamenti vengano attuati in modo poco trasparente, sulla base di prove limitate e selettive e senza alcuna base scientifica.

 

‘Il consenso è inequivocabile e la nostra visione collettiva non potrebbe essere più chiara: qualsiasi cambiamento allo status del lupo in Europa deve essere basato su fatti scientifici. A meno che non vi siano nuove e sostanziali prove scientifiche raccolte dai servizi della Commissione europea, riteniamo che la scienza e l’opinione pubblica siano chiare: la modifica dello status di protezione del lupo – sia ai sensi del diritto dell’UE che della Convenzione di Berna – non è giustificata’.

 

Scrive l’EEB.




Ora, ripercorrendo le tappe, sappiamo che la conservazione del lupo in Europa è disciplinata essenzialmente dalla Convenzione di Berna e dalla Direttiva Habitat dell’UE. Che la Convenzione di Berna sulla conservazione della fauna selvatica e degli habitat naturali europei è entrata in vigore nel 1982. Che la Convenzione di Berna mira a conservare la flora e la fauna selvatiche e i loro habitat naturali, in particolare quelle specie e habitat la cui conservazione richiede la cooperazione di diversi Stati’, dando particolare enfasi alle ‘specie in pericolo e vulnerabili’, compresi i lupi.

 

Il lupo è elencato come specie particolarmente protetta nell’Appendice II della Convenzione. Tuttavia, nove parti contraenti dell’Unione europea hanno presentato riserve sul suo status giuridico nei loro Paesi. Sono infatti possibili delle deroghe ai sensi dell’articolo 16 al fine di prevenire danni gravi (in particolare alle colture, al bestiame, alle foreste, alla pesca, all’acqua e ad altri tipi di proprietà) e nell’interesse della sanità pubblica e della sicurezza pubblica.




In altre parole, le norme esistenti sulle deroghe consentono di bilanciare i diversi interessi con gli obiettivi di conservazione previsti dalla direttiva. La direttiva autorizza quindi gli Stati membri ad adottare misure in deroga a determinate disposizioni al fine di affrontare specifiche sfide che eventualmente si presentano in relazione alla convivenza uomo – lupo. In questo contesto, gli Stati membri hanno a disposizione i mezzi adeguati per affrontare i conflitti e le circostanze locali, in linea con il principio di sussidiarietà.

 

Gli Stati membri fanno un uso diverso delle deroghe. Alcuni di essi non hanno mai o quasi mai utilizzato le deroghe per eliminare i lupi (ad esempio Portogallo e Italia), alcuni ricorrono alle deroghe in modo molto limitato (ad esempio la Germania), mentre altri si avvalgono delle deroghe frequentemente o sistematicamente (ad esempio Francia e Svezia).

 

‘Considerando il panorama giuridico frammentato e la natura transfrontaliera della maggior parte delle popolazioni di lupi, la cooperazione delle popolazioni transnazionali è diventata un paradigma fondamentale per la conservazione dei grandi carnivori sia ai sensi della Convenzione di Berna che della Direttiva Habitat’ (Linnell et al. 2008).




D’altro canto, il lupo continua a godere anche di un forte sostegno pubblico, come dimostra la raccolta dati lanciata dalla Commissione Europea nel 2023. Anche se lo scopo non era quello di raccogliere opinioni a favore o contro la tutela del lupo nell’UE, ma di ottenere dati rilevanti da inserire in un’analisi completa della situazione del lupo, oltre il 70% degli intervistati ha espresso il proprio sostegno al mantenimento dello status di protezione del lupo, rispetto al 29% a favore della riduzione del suo status di protezione. Un sondaggio d’opinione condotto da Savanta per conto dell’Eurogroup for Animals in sei paesi dell’UE nel 2020 ha inoltre rilevato che la maggioranza del pubblico ritiene che “i lupi abbiano il diritto di esistere in natura; appartengono al nostro ambiente naturale e dovrebbero essere rigorosamente protetti”.

 

Un altro sondaggio più recente tra i residenti nelle comunità rurali condotto sempre da Savanta per conto della stessa organizzazione in 10 paesi dell’UE ha rilevato che “un significativo 68% degli intervistati sostiene il mantenimento di uno status di protezione rigorosa dei grandi carnivori”.




Il 24 novembre 2022 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione non legislativa sulla protezione dell’allevamento e dei grandi carnivori in Europa. La risoluzione riflette i diversi punti di vista delle parti interessate sul conflitto tra lupi. Essa accoglie con favore e sostiene la proposta svizzera del 2022 di declassare lo status di protezione dei lupi ai sensi della Convenzione di Berna, sottolineando che lo stato di conservazione del lupo a livello paneuropeo giustifica un abbassamento del suo status di protezione. Chiede alla Commissione di effettuare ulteriori studi e analisi, nonché una valutazione dell’efficacia delle misure di mitigazione dei danni testate o implementate nell’ambito di LIFE e di altri meccanismi di finanziamento dell’UE. Infine, la risoluzione chiede alla Commissione di sviluppare una procedura di valutazione per garantire lo stato di protezione delle popolazioni in determinate regioni non appena sarà stato modificato lo stato di conservazione desiderato delle specie.

 

Nella sua risposta alla risoluzione del Parlamento europeo, la Commissione Europea ha dichiarato, tra l’altro, che nel corso del 2023 effettuerà un’analisi approfondita di tutti i dati scientifici e tecnici disponibili e di tutte le altre circostanze rilevanti a portata di mano, al fine di valutare se siano necessarie ulteriori misure, anche per adeguare lo stato di protezione delle specie di interesse comunitario alla base del progresso tecnico e scientifico.

 

Di seguito e in breve ecco cosa risulta da tale relazione, che dovrebbe costituire quella “analisi approfondita” che la Commissione si era impegnata a realizzare: (The situation of the wolf (canis lupus) in the European union : an in-depth analysis).




Innanzitutto si afferma la necessità di ottenere dati scientifici tramite il monitoraggio delle popolazioni di lupo presenti in tutto il territorio europeo. I vantaggi derivanti dall’utilizzo degli stessi metodi di monitoraggio del lupo in tutta l’Unione Europea sono stati sottolineati più volte, ma, si dice, non è semplice perché il monitoraggio del lupo non dipende solo da aspetti ecologici (la dimensione della popolazione di lupi, le caratteristiche del paesaggio, la disponibilità di neve d’inverno, ecc.) ma anche da aspetti operativi e sociali, come la disponibilità di risorse economiche e scientifiche, la disponibilità di volontari o operatori per svolgere il lavoro sul campo, e la capacità delle istituzioni di coordinare il lavoro. Quindi i risultati sono discontinui e frammentati.

 

Ci sono, poi, le valutazioni dello stato di conservazione ai sensi dell’articolo 17 della Direttiva Habitat, secondo cui ogni Stato membro è tenuto a riferire ogni sei anni alla Commissione europea sullo stato di conservazione degli habitat naturali e delle specie elencate negli allegati presenti nel proprio Paese. L’Agenzia europea per l’ambiente poi riunisce i dati ed effettua una valutazione dello stato di conservazione per ognuna delle 9 regioni biogeografiche dell’UE.




A livello biogeografico dell’UE, il report “Articolo 17” più recente, relativo al periodo 2013-2018 conclude che il lupo è presente in sette regioni biogeografiche dell’Unione europea (Pannonia, Regione Continentale, Alpina, Atlantica, Mediterranea, del Mar Nero e Boreale). Tuttavia, lo stato di conservazione è positivo solo nella regione alpina. Negli altri sei, il lupo ha uno stato di conservazione ancora sfavorevole e inadeguato, il che significa che, anche se la specie non sarà più minacciata nel prossimo futuro, saranno necessari ulteriori sforzi affinché raggiunga uno stato di conservazione soddisfacente in tutte le regioni. Nella valutazione precedente (2007-2012), il lupo si trovava in uno stato di conservazione positivo in due delle sette regioni biogeografiche, quella alpina e quella atlantica.

 

Nell’analisi, poi, compare la questione sull’utilità del controllo letale sui lupi per ridurre i danni al bestiame e sull’opportunità di un eventuale abbattimento mirato, o non mirato.




 Nel documento si legge tra le altre cose: “Il controllo letale è l’aspetto più controverso della gestione del lupo tra il grande pubblico e anche tra i professionisti della conservazione (Lute et al. 2018). Il controllo letale è spesso finalizzato a mitigare i conflitti sociali conferendo potere alle parti colpite (Woodroffe e Redpath 2015), e i benefici possono essere principalmente sociali o psicologici se con esso si riesce a placare gli allevatori di bestiame (Linnell e Cretois 2018). Quando il controllo letale è finalizzato a ridurre le predazioni dei lupi, nella migliore delle ipotesi risolve i conflitti solo temporaneamente, a meno che la popolazione di lupi non venga sterminata o ridotta gravemente su vaste aree (Bradley et al. 2015; Linnell e Cretois 2018). Laddove vengono uccisi i lupi, i loro territori vengono solitamente e rapidamente occupati da altri lupi e sarà necessario continuare a uccidere i lupi anno dopo anno. In Scandinavia, ad esempio, i territori dei lupi uccisi sono stati rioccupati in meno di un anno, quando la densità della popolazione di lupi era elevata. La rioccupazione è stata più rapida dopo l’abbattimento legale degli individui rispetto ai territori in cui gli individui sono scomparsi per ragioni sconosciute.

 

I risultati degli studi che valutano l’effetto di tali provvedimenti letali sui danni al bestiame sono talvolta contraddittori, e le argomentazioni fornite dai settori pro-lupo e anti-lupo sono profondamente parziali, il che aggiunge una complessità sociale a un processo che è già molto complesso da un punto di vista ecologico. In sintesi, la ricerca sull’abbattimento mirato dei lupi condotta in Europa è inconcludente e l’abbattimento non mirato (cioè la caccia) non sembra ridurre le predazioni dei lupi sul bestiame a meno che non venga effettuato con tale intensità da ridurre drasticamente la densità dei lupi su vaste aree. Tuttavia, questo tipo di caccia potrebbe non essere compatibile con la Direttiva Habitat ed è socialmente rifiutato da gran parte del pubblico in Europa”.

 


 


IL RACCONTO DELLO SCIAMANO 

 

 

L’accettazione  di  Ootek  nei  miei  confronti  ebbe  un  effetto  positivo  sull’atteggiamento  di  Mike.  Anche  se  Mike  continuava  a  nutrire  il  radicato  sospetto  che  non  fossi  del  tutto  a  posto  con  la  testa  e  che  potessi  rivelarmi  pericoloso  se  non  osservato  da  vicino,  si  è  rilassato  per  quanto  la  sua  natura  taciturna  glielo  permetteva  e  ha  cercato  di  essere  collaborativo.  Questo è stato un grande  vantaggio  per  me,  perché  posso contare  il  suo  aiuto  come  interprete  tra  me  e  Ootek.

 

Ootek  aveva  molto  da  insegnare  alla  mia  conoscenza  delle  abitudini  alimentari  dei  lupi.  Dopo  aver  confermato  quanto  avevo  già  scoperto  sul  ruolo  dei  topi  nella  loro  dieta,  mi  disse  che  anche  i  lupi  mangiavano  moltissimi  scoiattoli  di  terra  e  talvolta  sembravano  addirittura  preferirli  ai  caribù. Questi  scoiattoli  di  terra  sono  abbondanti  in  gran  parte  dell’Artico,  sebbene  Wolf  House  Bay  si  trovi  appena  a  sud  del  loro  ambiente naturale.  Sono  parenti  stretti  del  citello  comune  delle  pianure  occidentali,  ma  a  differenza  del citello  hanno  uno  scarso  senso  di  autoconservazione. Di  conseguenza  diventano  facili  prede  di  lupi  e  volpi. 

 


In  estate,  quando  sono  ben  nutriti  e  grassi,  possono  pesare  fino  a  un  chilo,  tanto  che  un  lupo  può  spesso  ucciderne  un  numero  sufficiente  per  preparare  un  buon  pasto  con  solo  una  frazione  del  dispendio  energetico  richiesto  dalla  caccia  al  caribù.

 

Avevo  pensato  che  i  pesci  difficilmente  potessero  entrare  nella  dieta  dei  lupi,  ma  Ootek  mi    assicurò  che  mi  sbagliavo.  Mi  raccontò  di  aver  osservato  più  volte  i  lupi  mentre  pescavano  il  carangide  o  il  luccio.  In  primavera,  al  momento  della  deposizione  delle  uova,  questi  grossi  pesci,  che  a  volte  pesano  anche  quaranta  libbre,  invadono  l’intricata  rete  di  stretti  canali  nelle  paludi  paludose  lungo  le  rive  del  lago.

 

Quando  un  lupo  decide  di  inseguirli,  salta  in  uno  dei  canali  più  grandi  e  guada  controcorrente,  schizzando  violentemente  mentre  procede,  e  spingendo  il  luccio  davanti  a  sé  in  canali  progressivamente  più  stretti  e  meno  profondi.  Alla  fine  il  pesce  si  rende  conto  del  pericolo  e  si  volta  per  correre  verso  il  mare  aperto;  ma  il  lupo  si  mette  sulla  sua  strada  e  basta  un  rapido  colpo  di  quelle  grandi  mascelle  per  spezzare  la  schiena  anche  al  luccio  più  grande. 




Ootek  mi  ha  detto  che  una  volta  ha  visto  un  lupo  catturare  sette  grossi  lucci  in  meno  di  un’ora. I  lupi  catturavano  anche  i  polloni  mentre  questi  pesci  pigri  stavano  risalendo  i  corsi  d’acqua  della  tundra,  mi ha raccontato;  ma  la  tecnica  del  lupo  in  questo  caso  consisteva  nell’accovacciarsi  su  una  roccia  in  una  sezione  poco  profonda  del  ruscello  e  afferrare  le  ventose  mentre  passavano,  un  metodo  piuttosto  simile  a  quello  impiegato  dagli  orsi  quando  catturano  il  salmone.

 

Un’altra  fonte  di  cibo,  anche  se  minore,  era  costituita  dalle  scorpene  artiche:  piccoli  pesci  che  si  annidano  sotto  le  rocce  nelle  acque  basse.  I  lupi  li  catturavano  guadando  lungo  la  riva  e  rivoltando  le  rocce  con  le  zampe  o  con  il  naso,  afferrando  questi pesci  esposti  prima  che  potessero  scappare.

 

Più  tardi,  durante  l’estate,  potei  confermare  il  resoconto  di  Ootek  sulla  pesca  delle  scorpene  osservando  lo  zio  Albert  dedicarvi  parte  del  pomeriggio. Sfortunatamente  non  ho  mai  visto  i  lupi  catturare  lucci;  ma,  avendo  sentito  da  Ootek  come  lo  facevano,  l’ho  provato  io  stesso  con  notevole  successo,  imitando  quanto  riportato azioni  dei  lupi  sotto  tutti  gli  aspetti,  tranne  che  usai  una  corta lancia,  al  posto  dei  denti,  con  cui  somministrare  il  colpo  di  grazia.




Queste  informazioni supplementari  sul  lupo  erano  affascinanti,  ma  è  stato  quando  siamo  arrivati  a  discutere  del  ruolo  svolto  dai  caribù  nella  vita  del  lupo  che  Ootek  mi  ha  davvero  aperto  gli  occhi.

 

Il  lupo  e  il  caribù  erano  così  strettamente  legati,  mi  disse,  che  erano  quasi  un’unica  entità.  Mi  spiegò  cosa  intendeva  raccontandomi  una  storia  che  somigliava  un  po’  all’Antico  Testamento;  ma  che,  così  mi  assicurò  Mike,  faceva  parte  del  folklore  semireligioso  degli  eschimesi  dell’entroterra  che,  ahimè  per  le  loro  anime  immortali,  erano  ancora  felicemente  pagani.

 

Ecco,  parafrasato,  il  racconto  di  Ootek.

 

“In  principio  c’erano  una  Donna  e  un  Uomo,  e  nient’altro,  camminava,  nuotava  o  volava  nel  mondo  finché  un  giorno  la  Donna  scavò  una  grande  buca  nel  terreno  e  cominciò  a  pescarvi.  Uno  dopo  l’altro  tirò  fuori  tutti  gli  animali  e  l’ultimo  che  tirò  fuori  dalla  buca  fu  il  caribù.  Poi  Kaila,  che  è  il  dio  del  cielo,  disse  alla  donna  che  il  caribù  era  il  dono  più  grande  di  tutti,  perché  il  caribù  sarebbe  stato  il  sostentamento  dell’uomo.




La  Donna  liberò  il  caribù  e  gli  ordinò  di  uscire  sulla  terra  e  di  moltiplicarsi,  e  il  caribù  fece  come  aveva  detto  la  Donna;  e  col  tempo  la  terra  si  riempì  di  caribù,  così  i  figli  della  Donna  cacciarono  bene,  furono  nutriti  e  vestiti  e  avevano  buone  tende  di  pelle  in  cui  vivere,  tutte  provenienti  dai  caribù.

 

I  figli  della  Donna  cacciavano  solo  i  caribù  grandi  e  grassi,  perché  non  avevano  voglia  di  uccidere  i  deboli,  i  piccoli  e  i  malati,  poiché  questi  non  erano  buoni  da  mangiare,  né la  loro  pelle  era  molto  buona.  E,  dopo  qualche  tempo,  avvenne  che  i  malati  e  i  deboli  arrivarono  a  superare  in  numero  i  grassi  e  i  forti,  e  quando  i  figli  videro  ciò  rimasero  sgomenti  e  si  lamentarono  con  la  Donna.

 

Allora  la  Donna  fece  una  magia,  parlò  a  Kaila  e  disse:  ‘Il  tuo  lavoro  non  va  bene,  perché  i  caribù  si  indeboliscono  e  si  ammalano,  e  se  li  mangiamo  anche  noi  dobbiamo  diventare  deboli  e  ammalarci’.




Kaila  l’ascoltò  e mi  rispose:  ‘Il  mio  lavoro  è  buono.  Lo  dirò  ad  Amorak  [lo  spirito  del  lupo],  e  lui  lo  dirà  ai  suoi  figli,  e  loro  mangeranno  i  malati,  i  deboli  e  i  piccoli  caribù,  così  che  la  terra  sarà  lasciata  ai  grassi  e  ai  buoni’.

 

E  questo  è  quello  che  è  successo,  ed  è  per  questo  che  il  caribù  e  il  lupo  sono  una  cosa  sola;  perché  il  caribù  nutre  il  lupo,  ma  è  il  lupo  che  mantiene  forte  il  caribù”.

 

Rimasi  leggermente  sbalordito  da  questa  storia,  perché  non  ero  preparato  a  ricevere una lezione  da questo  eschimese  illetterato  e  privo  di  istruzione  che  mi  teneva  una  conferenza,  anche  sotto  forma  di  parabola,  illustrando  la  teoria  della  sopravvivenza  del  più  adatto  attraverso  l’azione  della  selezione  naturale.  In  ogni  caso, ero  scettico  riguardo  alla  felice  relazione  che  Ootek  postulava  esistesse  tra  caribù  e  lupo. 




Anche  se  le  mie  recenti  esperienze  mi  avevano  già  disilluso  della  verità  di  molte  credenze  scientificamente  provate  sui  lupi,  non  potevo  credere  che  l’onnipotente  e  intelligente  lupo  limitasse  la  sua  predazione  sulle  mandrie  di  caribù  all’abbattimento  dei  malati  e  degli  animali  semi-infermi  quando  avrebbe  potuto,  presumibilmente,  scegliere  gli  individui  più  grassi  e  succulenti.  Inoltre,  avevo  quelle  che  pensavo  fossero  ottime  argomentazioni  con  cui  demolire  la  tesi  di  Ootek.

 

‘Chiedigli  allora’, 

 

…dissi  a  Mike, 

 

‘come  mai  ci  sono  così  tanti  scheletri  di  caribù  grandi  ed  evidentemente  sani  sparsi  per  la  capanna  e  in  tutta  la  tundra  per  miglia  a  nord  di  qui’.

 

‘Non  c’è  bisogno  di  chiederglielo’, 

 

…rispose  Mike  con  sfacciato  candore. 




‘Sono  stato  io  a  uccidere  quei  cervi,  ho  quattordici  cani  da  sfamare  e  per  questo  ci  vogliono  forse  due,  tre  caribù  alla  settimana.  Anch’io  devo  nutrirmi.  E  poi,  ho  dovuto  uccidere  un  sacco  di  cervi  ovunque  in  tutto  il  paese  delle  trappole.  Metto  quattro,  cinque  trappole  attorno  a  ciascun  cervo  in  questo  modo  e  prendo  molte  volpi  quando  vengono  a  nutrirsi.  È  inutile  che  io  spari  ai  caribù  magri. Quello  che  devo  avere  sono  quelli  grossi  e  grassi’.

 

Ero  sconcertato. 

 

‘Quanti  pensi  di  ucciderne  in  un  anno?’ 

 

Gli ho  chiesto.

 

Mike  sorrise  orgoglioso. 

 

‘Ho  una  mira  dannatamente  buona. Ucciderne  forse  due,  trecento,  forse  di  più’.

 

Quando  mi  sono  parzialmente  ripreso  da  ciò,  gli    chiesi  se  questa  fosse  la  stessa  usanza  per  i  cacciatori di pellicce.

 

‘Ogni  cacciatore di pellicce  fa’  lo  stesso se non peggio!’, 

 

…mi rispose. 




‘Gli  indiani,  gli  uomini  bianchi,  fino  al  sud,  dove  vanno  i  caribù  in  inverno,  devono  ucciderne  un  sacco,  altrimenti  non  riescono  a  trarne il giusto guadagno.  Naturalmente  non  sono  sempre  fortunati  ad  avere  abbastanza  caribù;  poi  devono  dare  da  mangiare  ai  cani  dei  pesci.  Ma  i  cani  non  possono  nutrirsi  bene  con  i  pesci:  si  indeboliscono  e  si  ammalano  e  non  riescono  a  trasportare  carichi.  Il  caribù  è  migliore’.

 

Sapevo,  dopo  aver  studiato  i  documenti  di  Ottawa,  che  c’erano  milleottocento  cacciatori  di  pellicce  in  quelle  parti  del  Saskatchewan,  del  Manitoba  e  del  Keewatin  meridionale  che  costituivano  l’area  invernale  della  mandria  di  caribù  di  Keewatin.  Sapevo  anche  che  molti  di  questi  cacciatori  di  pellicce  erano  stati  intervistati  da  Ottawa,  tramite  l’agenzia  delle  società  commerciali  di  pellicce,  per  ottenere  informazioni  che  potessero  aiutare  a  spiegare  il  rapido  declino  delle  dimensioni  delle mandrie  di  caribù.  Avevo  letto  i  risultati  di  questo  sondaggio. 

 

I  cacciatori  di  pellicce  e  i  commercianti  negano  a  un  cacciatore di  uccidere  più  di  uno  o  due  caribù  all’anno;  e  fino all’ultimo cacciatore residente o non,  avevano  insistito  sul  fatto  che  i  lupi  massacravano  i  cervi  a  migliaia.




Sebbene  la  matematica  non  sia  mai  stata  il  mio  punto  di  forza,  ho  provato  a  calcolare  alcuni  totali  partendo  dalle  informazioni  a  disposizione.  Essendo  un  tipo  prudente  per  natura,  ho  dimezzato  il  numero  dei  cacciatori  di  pellicce,  e  poi  ho  dimezzato  le  uccisioni  annuali  di  caribù  di  Mike,  prima  di  moltiplicare  i  due.  Non  importa  quante  volte  ho  moltiplicato,  ho  continuato  a  ottenere  la  cifra  fantastica  di  112.000  animali  uccisi  ogni  anno  dai  cacciatori  di  pellicce  in  questa  zona.

 

Mi  resi  conto  che  non  era  una  cifra  che  potevo  usare  nei  miei  rapporti,  a  meno  che  non  desiderassi  essere  inviato  alle  Isole  Galopagos  per  condurre  uno  studio  decennale  sulle  zecche  delle  tartarughe.

 

In  ogni  caso,  ciò  che  Mike  e  Ootek  mi  avevano  detto  erano  in  gran  parte  prove  per  sentito  dire,  e  non  era  questo  ciò  che  ero  incaricato  di  raccogliere.  Con  decisione  misi  da  parte  queste  rivelazioni  inquietanti  e  tornai  ad  apprendere  la  verità  nel  modo  più  duro. 

(Ferley Mowat) 



LA COMMISSIONE

 

 

E ora veniamo alla raccolta dati commissionata attraverso il Comunicato Stampa della Commissione del 4 settembre 2023 circa la situazione delle popolazioni di lupi in Europa e il loro impatto.




Ecco un riepilogo dei risultati: il 4 settembre 2023 la Commissione “ha invitato le comunità locali, gli scienziati e tutte le parti interessate a presentare dati aggiornati sulla popolazione di lupi dell’UE e sul loro impatto”. Questa raccolta mirata di dati è stata avviata nel quadro dell’analisi approfondita sulla situazione del lupo nell’UE che la Commissione si era impegnata a svolgere in risposta alla risoluzione del Parlamento europeo del 24 novembre 2022.

 

In totale, oltre 19.000 email sono state inviate all’indirizzo email indicato dalla Commissione entro la scadenza del 22 settembre 2023. Le email non correlate all’argomento, o inviate dopo la scadenza o considerate ripetitive sono state rimosse, lasciando poco meno di 18.500 email da analizzare.

 

Sono state inviate e-mail da 24 Stati membri, 23 dei quali hanno una popolazione di lupi, la stragrande maggioranza di coloro che hanno inviato un contributo alla raccolta dati mirata (oltre il 98%) voleva esprimere un’opinione sull’argomento, piuttosto che fornire dati sulle popolazioni di lupi e sul loro impatto. La maggioranza (71%) si è espressa a favore del mantenimento dell’attuale status di protezione del lupo, mentre meno di un terzo (28%) ha chiesto di ridurne lo status. Il resto (meno dell’1%) ha formulato altri commenti sull’esercizio di raccolta dati o sul lupo in Europa.




Il comunicato stampa della Commissione invitava le comunità locali, gli scienziati e tutte le parti interessate a presentare dati aggiornati sulla popolazione di lupi e sui loro impatti. La pagina web della Commissione sui grandi carnivori specificava inoltre che questi “dati devono basarsi su metodologie di monitoraggio nazionali concordate o su altre procedure/metodologie ufficiali” e che tali “dati saranno trasferiti anche alle autorità competenti”.

 

Ma, come indicato sopra, mentre la maggior parte dei messaggi di posta elettronica inviati esprimeva un parere sulla questione, solo una piccola percentuale di messaggi di posta elettronica (meno del 2%) forniva dati sulla popolazione di lupi e sul loro impatto. I messaggi di posta elettronica contenenti dati attendibili sono stati comunque analizzati in dettaglio e confrontati con i dati ufficiali sulla popolazione di lupi e sull’impatto sul bestiame forniti alla Commissione dalle autorità competenti degli Stati membri (o identificati attraverso altre fonti di informazione in cui i dati ufficiali non erano disponibili) e successivamente utilizzati per il Rapporto di Approfondimento.




Nel report di raccolta dati si può leggere un riepilogo delle e-mail ricevute per ogni Stato membro e, più specificamente, di quelle che forniscono dati sulle popolazioni di lupi e sull’impatto sul bestiame. A noi interessano particolarmente i dati relativi all’Italia: in totale dall’Italia sono state inviate 1101 email, oltre il 90% era favorevole al mantenimento dello status di protezione del lupo. 13 e-mail hanno fornito dati sulle popolazioni di lupi e/o sui danni al bestiame. Quattro di queste presentavano i dati del Primo Monitoraggio Nazionale del Lupo 2020-2021 (ISPRA) che è la stessa fonte di informazioni utilizzata per il Rapporto di Approfondimento.

 

Le amministrazioni regionali di Lombardia e Trento hanno fornito dati aggiornati e documentati sui danni e risarcimenti nelle rispettive regioni. Sebbene i dati siano più aggiornati (2022) rispetto a quelli del rapporto ISPRA, è difficile integrare i dati con il resto dei dati delle altre 20 regioni, dato che queste regioni hanno territori limitati.




 L’Amministrazione forestale della Regione di Bolzano ha fornito una stima della popolazione di lupi nella sua regione. Il rapporto di accompagnamento, tuttavia, affermava anche che non esiste una documentazione tecnico-scientifica dettagliata disponibile sulle dinamiche demografiche in quella regione. Questi dati non sono quindi stati comprovati.

 

Un comitato agricolo regionale ha fornito dati sulle popolazioni di lupi nella sua regione che sono superiori a quelli ufficiali, ma si basano principalmente su avvistamenti e trappole fotografiche che possono portare a significativi doppi conteggi. I dati non sono in linea con le metodologie di monitoraggio concordate.

 

Un’associazione di cacciatori ha fornito stime sulla popolazione di lupi e sui danni al bestiame per la fascia appenninica. Essi ritengono che i dati più recenti dell’ISPRA non siano completi a causa del monitoraggio che, dicono, è stato effettuato solo in alcune regioni mentre in altre sono state effettuate stime.




Nonostante queste preoccupazioni siano state rilevate, i dati forniti non sono stati comprovati e sono troppo su scala locale per essere confrontabili con le cifre ufficiali.

 

Una cooperativa regionale e un’associazione regionale di agricoltori hanno entrambe fornito una stima del numero di lupi nella loro provincia, ma non hanno fornito prove concrete. Non è quindi possibile sapere se i numeri si basino su una metodologia di monitoraggio concordata. In entrambi i casi i dati relativi ai danni da lupo coincidono o si discostano solo leggermente da quelli forniti dalla Regione.

 

Un’altra cooperativa regionale ha fornito dati sul numero di lupi e sui danni nella sua regione per il 2018 e il 2019: questi dati sono molto locali e non aggiornati.




Una email di un privato considera sottostimati i dati relativi alla popolazione di lupo in Toscana del 2016. L’ultimo rapporto di monitoraggio dell’ISPRA fornisce dati più aggiornati che non si basano più su stime di esperti.

 

In conclusione mi pare che la “analisi approfondita” ordinata dalla Commissione Europea non fornisca dati o basi scientifiche attendibili e sufficienti per poter procedere con la proposta avanzata il 20 dicembre scorso dalla Commissione Europea stessa. Mi sembra che le azioni e le iniziative che partono da soggetti politici non siano mai attinenti alla realtà oggettiva, bensì dipendano da motivazioni ben lontane da ciò per cui determinati apparati sono nati.




La protezione dell’ambiente in cui viviamo non può prescindere dalla salvaguardia delle specie che rappresentano preziosi anelli di una catena trofica sana e che troppo spesso sono messe a rischio da decisioni sconsiderate. Mi auguro che la proposta della Commissione cada nel vuoto, poiché non ha supporti né validazioni accettabili. In fondo penso al patrimonio che noi esseri umani abbiamo ereditato dalla Storia, ai resti di antiche civiltà, a opere d’arte preziose che mai vorremmo andassero perdute…

 

Ecco, perché allora non consideriamo i lupi, gli orsi e tutti gli animali a rischio di estinzione allo stesso modo?

 

Perché non c’è l’unanime desiderio di cercare di preservare una tale ricchezza che neppure ci appartiene ma che siamo tenuti a proteggere persino contro…noi stessi? 

(Italian Wild Wolf)


(E IL CAPITOLO COMPLETO) 









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