CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

lunedì 7 maggio 2012

SUL SENTIERO DELLA STORIA (che mai venga cancellata dagli scaffali della memoria)















Foto del blog:

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....Il sentiero si fa scosceso.
Gli yak e i jhaboo che seguivano il letto del fiume ora si trascinano pesantemente
tra i pellegrini.
Spesso mi fermo contro un masso, ansimante, temendo il primo attacco di nausea....
davanti si estende un lungo anfiteatro di montagne le cui rocce sono nere sullo sfon-
do di uno spesso tappetto di neve.
Ogni colore sembra strizzato via dal paesaggio.




























Solo il cielo a tratti splende azzurro sul flusso di creste che scorre nella valle.
In quest'aria ghiacciata, le persone sono nascoste sotto strati di vestiti e occhiali
protettivi, e fra i tibetani che si muovono velocemente dondolando rosari, bastoni
e thermos di tè al burro, è difficile distinguere gli indiani dai tedeschi, dagli austriaci,
persino da un paio di russi.
I massi diventano luoghi brulicanti di venerazione.
Camminiamo in un labirinto spezzato di granito: rocce grandi come casette, grigio
chiaro, rosa conchiglia.


























Qui Milarepa sconfisse il suo rivale bon appoggiando un terzo masso gigantesco sul
secondo sistemato dallo stregone, e lasciò questo pilastro in bilico con la sua impron-
ta nella roccia.
Per i pellegrini ogni pietra parla.
Si sparpagliano e si siedono con familiarità tra di esse.
Si infilano in una stretta apertura tra due massi per mettere alla prova la loro virtù,
e strisciano sotto a un altro.
Le rocce divengono il giudizio della montagna.




















Un affioramento chiamato il 'Luogo dei peccati bianchi e neri' forma una rudimentale
galleria, e i pellegrini devono attraversare quest'inferno simbolico prima di tornare
lungo un altro passaggio a uno stato più elevato.
In queste fenditure la pietra viva percepisce la purezza dei corpi che vi passano at-
traverso, e le pareti possono contrarsi all'improvviso intrappolando il reo.
Tre pellegrini seduti insieme amabilmente ricordano un'epoca in cui le rocce gemelle
di fronte a loro venivano al giudizio. Parlano con Iswor in tamang zoppicante, ma non
possono entrare nel passaggio di roccia. Sembra così stretto da essere intransitabile,
ed è bloccato dal ghiaccio. Anche la persona più esile rischia di rimanervi intrappola-
ta.
....La roccia sa tutto...


























Ma il sentiero ci porta di nuovo in alto, e la valle scavata nella montagna si richiude
senza addolcirsi intorno al nostro strano ed eterogeneo rivolo di bestie ed esseri
umani che sfila verso il passo, simile a limatura di ferro.
Attraversiamo sprazzi di sole.
Ogni volta che il cielo si rannuvola, l'aria intorno a noi gela.
La crosta di neve, disseminata di impronte di zoccoli di yak, è dura sotto i piedi anche
in giugno.
Si è alzato un vento forte.
Davanti a noi, in lontananza si allunga per i pendii finché i pellegrini non diventano neve
e granito.
Saliamo immersi in un limbo monocromatico.


















Centinaia di tumuli e di incisioni nella roccia sono sparsi lungo il tracciato e si affollano
all'orizzonte. Le sciarpe scarlatte delle donne guizzano tra i massi per poi scomparire
di nuovo.
Sono a un'ora scarsa dalla cima.
....Carovane di yak impassibili, alcuni con la testa e la coda bionda, marciano alle mie
spalle percuotendo le rocce con gli zoccoli fessi, e gli indù che li cavalcano si aggrappa-
no alle selle imbottite.
....C'è un altro uomo che cammina dietro di me: un pellegrino con moglie, figlio e bestia.
Gli ultimi secoli non l'hanno sfiorato.
Vive in un'epoca tutta sua.
Ha uno sguardo fisso, luminoso e intenso......
(Colin Thubron, Verso la montagna sacra)












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