CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

domenica 7 giugno 2015

L'ORRORE































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L'orrore (2)













Proseguo per il sentiero ad ogni ponte e ponticello Vela rallenta il passo ha paura dell’abisso, forse del rumore scrosciante delle acque, certo è proprio un ‘diavolo’ di animale. Lei e l’abisso con l’impeto delle acque mi appaiono un tutt’uno. Sembra conoscerne la forza primordiale, quella che dal ghiaccio emette impeti di acque della potenza del fuoco. Hanno scavato, formato, costruito. L’orrendo frastuono mi affascina, la forza che emana l’apparente tranquillità della neve e  ghiaccio evocano il principio della vita che mi attira in maniera istintiva, come se in quei frangenti si perdesse la capacità del flusso del pensiero il quale migra attraverso elementi esterni. Quell’ordine preciso di cristalli di neve che pian piano si frantumano ed esplodono per nuovi Universi, scompongono in fasi di transizione e celebrano la forma di ciò che loro chiamano Dio.
Un principio troppo grande di quanto pensano scorgere.
Un mare troppo agitato per essere navigato.
Un pensiero troppo vasto per essere percepito.
Un Universo immenso per essere immaginato.
Questa spirale che si scompone e ricompone appartiene (come tutta la natura) al suo moto (dell’Universo).

Noi e loro….

…Loro cosa vedono?...






(Il simbolismo e le metafore dell'immaginario lupesco non sono vasti, ma sono potenti. Sono radicati nel fondamento dell'anima. La tradizione del lupo eroe guerriero è vecchia quanto la storia. Le leggende di Romolo e Remo e di altri bambini allevati da lupi fanno emergere un'altra immagine antica, quella della lupa benevola. La morte di uomini scambiati per lupi mannari e bruciati vivi nel Medioevo rappresenta un ennesimo evento negativo legato al lupo. Altrettanto vecchie, sebbene non così diffuse al di fuori dell'Europa, sono le immagini sessuali associate ai lupi: in latino la 'lupa' è la meretrice e la femmina del lupo, in inglese il fischio di ammirazione emesso al passaggio di una donna si chiama 'fischio del lupo', e poi c'è il già citato idioma francese, 'elle a vu le loup', per connotare la perdita della verginità. Sui muri di una catacomba romana, la giovane Susanna insidiata da due anziani è dipinta come una pecora assediata da due lupi. Ho già detto del lupo in quanto simbolo del crepuscolo. Altri scrittori suggeriscono, trovandomi d'accordo, che il lupo fosse un simbolo che rifletteva due caratteristiche umane della guerra: impulsi istintivi e comportamento razionale. Nel corso della storia, l'uomo ha esternato la sua natura bestiale, trovando un capro espiatorio sul quale potesse accumulare i peccati e la cui morte sacrificale ne costituirebbe l'espiazione. Ha attribuito al lupo i suoi peccati di brama, lussuria e inganno e lo ha condannato a morte in letteratura, nel folklore e nella vita reale. Il conflitto nodale tra la natura benigna e quella maligna dell'uomo è palesato nelle immagini gemelle del lupo in qualità di killer famelico e madre che nutre e cresce i figli. La prima era il lupo mannaro, la seconda la madre di bambini che fondavano nazioni. Oggi, come gran parte dei popoli nella storia, noi stiamo dalla parte delle madri-lupi surrogate, anche se lo consideriamo un fenomeno folcloristico. Ma non abbiamo più notizie dei lupi mannari, che rappresentavano una dura realtà nel Medioevo. La loro presenza fisica non era messa in dubbio, e nella sfera simbolica costituivano tutto ciò che di indegno esisteva nell'uomo, soprattutto ferocia e lussuria. - B. Lopez, Lupi - )





E noi cosa scorgiamo?


 Assaporiamo l’infinita sfumatura della vita e quando si annuncia mi ammutolisce con impeto e delicatezza, dai tanti colori, dai troppi profumi, poi, dopo avermi accarezzato e asciugato le lacrime, torna, come un Dio o Dèi verso quadri che mi appartengono da secoli, millenni; …da sempre. 
La rincorro ancora.
Pazzo, con la barba incolta, con l’occhio lucido, con l’impeto del folle, con il cammino che diventa corsa, con il sorriso dopo il pianto, riso di chi ogni volta vede svelato un mistero nuovo.
Poi mi fermo e contemplo senza parole il lento e preciso alternarsi nella sorte apparentemente infinita dell’Universo.
In questa ‘anima’ l’‘umano’ mi riduce brandelli.
Mi guarda con lo sguardo pietoso, ride di me e della nostra follia.
L’‘umano’ mi fa tesoro delle sue calunnie, dei suoi insulti, delle sue risate.
L’‘umano’ palesa la ricchezza, la superiorità, il controllo.
Se io appartengo alla natura, l’umano ‘cristianizzato’ vuole ed esige il controllo, il destino, la potenza, la volontà, il sacrificio. Crede di farlo, è il suo compito, la distruzione gli appartiene. Mi rincorre per questi e altri sentieri, impone la disciplina, il principio, mi vuole assoggettato ai limiti di una visione divenuta potenza, divenuta falso miracolo alla corte di un Secondo Dio.



  
(Ritenni di non dover passare sotto silenzio il fatto che nel periodo della lite di GROSSOLANO, cioè precisamente l'8 maggio 1105, si scoprirono delle preziose reliquie nella chiesa di S.Maria alla Porta; perciò in quel giorno i canonici della cattedrale con tutto il clero indicono solenni festeggiamenti nella chiesa suddetta. A testimonianza di ciò rimane questa lettera: "I cardinali ordinari della santa Chiesa di Milano, il primicerio con tutti i sacerdoti e tutto il clero di Milano, tutto il popolo e ogni ordine di laici a tutti i sacerdoti, chierici e laici di ogni ordine della diocesi della Chiesa di Milano augurano la pace, la salvezza da Dio e una piena partecipazione di gioia. Poiché è naturale e giusto che quando il capo esulta esultino assieme a lui anche gli altri membri, non vogliamo che rimaniate estranei all'immensa letizia che la pietà divina ci concesse senza che la meritassimo e la sperassimo. Vogliamo perciò che sia noto a voi tutti che abbiamo or ora trovato, per volontà e dono di Dio, inestimabili tesori e incomparabili perle, più brillanti del sole e più fragranti di ogni aroma e cioè: parte del sudario del Signore e della sua Sindone, un frammento di pietra dove sedettero gli angeli che annunciarono la resurrezione del Signor Nostro Gesù Cristo, un pezzo di legno che sicuramente appartenne alla croce salvatrice del nostro Salvatore, un lembo della veste della S. Maria, alcune ossa del SS. Casto e Polimio, nella Chiesa che si chiama di S. Maria alla Porta. Perciò non solo in quei giorni, ma anche nei giorni seguenti, ci fu un continuo e straordinario concorso di gente di entrambi i sessi che gloriava e magnificava Dio perché si era degnato in questo tempo di rivelarci per sua bontà tali TESORI e speriamo che essi daranno protezione e salvezza non solo alla nostra chiesa, ma anche a tutta la diocesi, per misericordia di Dio. Si fece anche una processione generale in onore di Dio e del nostro Salvatore tanto grande, solenne e mirabile quale mai prima avevamo visto o ricordiamo sia stata fatta….)




 Mi rincorre con lettere e telefonini, porta in braccio i nuovi figli del domani che sanno di cemento, che sanno di barbarie; mentre con incredibile perfidia divora la vita e chi la celebra. Poi, dopo, imita, volendo sostituirsi a noi; il rito sacrificale comporta dopo il pasto, questo pregare.
Dovrebbe essere eccitante per questo ‘umano’ estendere i brividi dell’acciaio con saette di fuoco, fra mari di stelle. Così nascono tutte le visioni dell’orrore.
L’orrore oltre ai fiumi perenni delle guerre, dei volti sofferenti di milioni di fantasmi che si aggirano in deserti privi di vita, neanche più consapevoli di una possibile speranza. Hanno sacrificato anche quella all’altare del nuovo pavone.
L’orrore della ‘loro’ ricchezza ostentata senza limite.
L’orrore di quei volti pallidi su moderne carrozze, mentre con disprezzo mi volgono lo sguardo, non per un ‘Tempio’, ma per ‘finirla’ ancora una volta, martoriandola con nuovi sport estivi.
L’orrore dei profili, mentre il disprezzo è la moneta per i fasti del nuovo accento ritrovato.
L’orrore di quelle risate, mentre bruciano e divorano.
L’orrore del loro linguaggio, dei loro giornali, dei loro pensieri, del loro cibo, delle loro impronte indelebili.
L’orrore dei ‘servi’ che ripiegano nell’inganno della vita che riserva loro ad ogni carovana di ‘razze evolute’, i credi di una nuova liturgia per confondere la realtà nelle grotte di pensieri senza riflessi di ombre.
L’orrore di quei sorrisi, di quelle pose, di quelle attese, nei sentieri che ho reso sacri per celebrare la vita.
L’orrore della ‘volontà di potenza’che si cela nella previsione di eventi: braccano l’aria che respirano, l’acqua che muove e torna a precipizio nel grande mare del principio.
Debbo riprendermi e nascondere questi pensieri e cercare di mantenermi integro verso l’orrore. 

La quarta opera dell’Anticristo è quella per la quale edifica e costruisce insieme, nella messa, tutta la religione e la santità del popolo, dopo aver fatto un unico tessuto di varie cerimonie, ebraiche, pagane e....
















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