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Il Tempo
bussa, scalcia, annuncia la frattura fra il definito e
l’indefinito.
Fra il creato
e l’increato.
Fra l’inizio e
la fine.
Fra la creazione
e l’infinito.
Al Capitano quei minuti paiono secoli.
Come una lenta evoluzione che viene a
rinnegare il suo principio.
Al Capitano si ghiaccia il sangue,
un procedere a ritroso nell’Universo .
Una antica simmetria, una pace lontana,
una perfezione immutata posta fra il principio e la fine.
Lo sguardo e
l’occhio appaiono gelidi,
indefiniti,
morti…
Quella vista lo
riconduce nell’abisso
di un
interrogativo.
Il Capitano muto appare,
silenzioso, come l’origine di ogni cosa.
Il marinaio
sale in cima all’albero maestro.
Sembra fuggire
più che osservare.
Il mozzo è
sceso nella stiva.
Al buio di quella caverna le ombre appaiono lo specchio
di una vita già vissuta.
Di una dimensione mal sopportata.
Di una oscurità non accettata.
Di una tortura mai raccontata.
Il mozzo ricorda l’antica piazza,
il vecchio rogo.
La sua è un’anima antica.
La sua è una tribolazione mai confessata.
La sua è una religione mai del tutto svelata.
Non vista, non
celebrata e non ancora
annunciata.
Gli uomini di quella costa, di quella terra, di quella
fortezza,
di quella Chiesa,
appaiono sicuri e decisi.
Da lontano sembrano urlare qualcosa,
sembrano
voler dire qualcosa.
Il filosofo fa gli
onori di casa,
la sua saggezza sembra disorientarli,
intimidirli.
- Benvenuti! ….in questa umile
nave,
in questa
umile terra,
in questo
grande mare,
…… in questa antica discendenza.
I padroni del mare e della terra,
i conquistatori della natura,
i dominatori del mondo,
gli sfruttatori della potenza ….
……..salgono lenti le scalette del veliero.
Il marinaio
stende il ripido tappeto di una scaletta
fra l’onda e
la terra ferma.
Fra la
libertà e la civiltà.
Fra il regno
ed il nulla.
Fra il
pensiero e l’azione.
Fra
l’istinto e la coscienza.
Fra ….Dio e
l’inferno del suo regno mai creato.
Ma severamente
difeso.
In questa unione di elementi, il marinaio,
dopo il doveroso compito, scompare,
come se mai fosse apparso.
Il suo è un vento lieve ….
È una brezza antica quanto una giornata di Primavera.
Quando ricorda, la brezza ondeggia lieve.
Quando pensa, il mare si agita.
Quando piange, la bufera incalza ….ed il vento urla.
Quando guarda, lo specchio del suo pensiero
si desta per un ordine, per
una creazione.
Ognuno in
questa nave vive di ricordi e creazioni.
Come miliardi
di vite vissute, e poi tornate a contemplare
i cimiteri
delle loro esistenze.
…….Che ora di nuovo
appaiono.
Appaiono muti
salir le scale.
Stesso tempo,
stesso remare.
Stessa
impassibile sicurezza e fierezza.
Alla fine dell’ultimo scalino, dell’ultima tavola di legno
unita alla corda …., appare il Capitano.
Muto, solo, il
volto un mare di tranquillità.
Gli occhi, oceano di vita.
La barba silenziosa testimonianza
di una antica geologia, di
una antica frattura.
Il lento
divenire, stratigrafie di terreno che non lasciano
vedere il
primo fondale di pelle. La prima crosta.
Il ghiaccio
sembra aver ceduto il passo ad un barlume di colore.
Il filosofo gli è vicino.
L’uomo diviene due.
La perfezione del numero compone la segreta geometria in questo
sconosciuto Universo.
Sconosciuto per gli increduli ospiti.
Gli ospiti,
ora, danno il benvenuto ai nuovi padroni della terra.
…..E forse dell’intero
Universo.
In questi
opposti …gli ‘ospiti’, gli antichi Signori,
gli antichi
Padroni,
non possono e debbono spiegare.
Il sogno antico, la prima coscienza.
Il Sé originario.
Debbono
accettare le nuove combinazioni di elementi,
di evoluzioni,
di
situazioni,
di padroni
che a forza governano una piccola regione
della ‘barba’ del Capitano, che non curante,
accende
la sua prima pipa della giornata.
Il filosofo fa gli onori di casa, la sua saggezza
sembra disorientarli, intimidirli.
-
Benvenuti in questa umile nave, in questa umile terra,
in questa antica discendenza.
I forestieri
salgono lenti le scalette calate dal marinaio.
……Poi anche lui scompare.
Forse ….anche
lui, prigioniero dei suoi ricordi.
Ognuno in
quella nave sembra vivere di essi.
Come miliardi
di vite vissute, e poi ….tornate
a contemplare
i cimiteri delle loro esistenze.
Che ora di
nuovo appaiono.
Appaiono muti
salir le scale….
Stesso tempo, stesso remare.
Uguale persecuzione, medesima volontà.
Stessa impassibile fierezza e sicurezza, …ostentata,
dimostrata,
sbandierata.
Il volto dell’ignoranza che governa il mondo,
il volto dell’arroganza che detta la via,
il volto della potenza che cerca il dominio.
Il dominio, l’antica ragione, il cimitero
della coscienza, dell’intelligenza.
La morte di ogni elemento che naviga libero nella
spirale di ogni
creazione.
Il Dio della Bibbia
combatte contro il suo Creatore.
Il Creatore tace, osserva, medita…
Naviga per altri porti, per altre Chiese, per altri mari…
per altre mute verità.
Alla fine dell’ultimo scalino e dell’ultima onda,
del cuore del Capitano,
della coscienza del marinaio, del
pensiero del mozzo, della verità del filosofo,
………. appare ….. il dominio vestito,
appare
l’inganno mascherato,
appare
una nuova terra che pretende
la sua
stratificazione geologica.
Il nero
catrame appare, la fredda calce,
in questo
profondo Oceano di perfezioni geometriche.
Di vita
che muta osserva se stessa.
Di forma
incantata che studia le proporzioni.
Di
numeri, che piano prendono consistenza
nelle
simmetrie di un Universo divenuto Terra,
che
osserva la tirannia del falso.
- Buongiorno a voi! ufficioso
tuona il primo che poggia l’eleganza della figura divenuta divisa sulla Nave.
- Siamo i
custodi del Mare e della Terra
che state solcando, o forse causa i venti,
‘casualmente navigando’.
- Siamo i
custodi dei confini,
quelle rette e diagonali che formano le
nostre
e vostre mappe.
- Siamo i
custodi del Tempo:
Tempo di navigare, pensare,
pregare e …pagare.
- Siamo
custodi dell’oro e dell’argento,
che questa disciplina impone per i nostri
forzieri.
- Siamo i
signori della guerra, perché da noi
la pace è obbligo, la ricchezza un dovere
ed il razzismo un privilegio,
che i reietti si concedono come un lusso
troppo caro da lasciare in balia delle onde,
del vento, o forse anche della giustizia.
- Siamo custodi del pensiero, lo costringiamo
in monasteri, lo sacrifichiamo in antichi
altari,
lo inganniamo e immortaliamo in splendidi
affreschi.
Pieghiamo le croci fino a farne degli
uncini.
La regola ed il lavoro governano la nostra
vita,
e formano i nostri istinti.
La tradizione è il patto antico,
perché noi interpretiamo la segreta
disciplina.
-
Siamo i custodi dei confini.
- Siamo i fari del porto che vedete in
lontananza.
- Siamo i doganieri della nostra Terra.
- Potete chiamarci con il nostro nome
in ogni luogo ne abbiamo Uno.
- Primi colonizzatori delle Terre che
vedete e di
quelle…. che non vedete….
- Primi guerrieri, primi padroni.
- Vi porgiamo i saluti e gli stendardi
della nostra terra.
-
Vi porgiamo il benvenuto e le usanze
dei nostri avi.
- Vi porgiamo il saluto del nostro Re e
padrone.
- La nostra ricchezza è il commercio, per ogni
dove
e con chi che sia.
- Per ogni Terra, per ogni mare.
- I nostri forzieri sono la sicurezza di ogni
viandante,
di ogni navigante,
di ogni capitale.
- La nostra
disciplina votata alla ‘regola’
è patto e garanzia,
fedeltà per ognuno che ripone in noi la sua
ricchezza.
Il corpo abbisogna della sua serenità in
terra.
Noi custodiamo tale principio.
L’anima può così aspirare al Paradiso dei
Santi.
Al Paradiso dei Beati, tanto in terra, quanto
poi….
in cielo….
Per questo riconosciamo tassi di interesse
sicuri
e discrezione assoluta,
per ogni nuvola del creato,
per ogni montagna del Paradiso,
e per ogni mare da solcare per raggiungerlo.
- Questo è il motto inciso sulle mura del
grande castello del nostro Re: La ricchezza ai pochi,
la compassione a tutti,
le sofferenze ai molti.
- I vetici, padroni di tutti i tesori,
noi siamo la loro parola ed il giusto
benvenuto.
- Quale il nome del vostro vascello
…Comandante?
Il Filosofo
tacita il Comandante, ed avvicinandosi al Soldato
risponde in
vece dell’interrogato.
- Molti nomi ha, e potrebbe avere
questo vascello….,
ora quello che qui conviene è Esilio al porto
del
vostro vessillo… e come ad ogni nobile e
Filosofo della retta e saggia parola conviene fedele alla sua disciplina leggo
una lettera di benvenuto cui il Comandante destina la rotta a voi poco
gradita….
Lettera
de l Capitano
Così navigo nei mari per questo approdai
anche in Terra di esiliati: confini varcati e privilegi ben arroccati nei
forzieri della ricchezza, conservata custodita e troppo spesso celata e falsata
come il bilancio scritto nella dignità della ugual vita. Sempre falsato nella
contraddizione che contraddistingue la moralità che giammai orna e conia la
moneta di nessuna Eresia. Non compone nessuna nobile Poesia con cui condividere
il sentimento della comune rotta per potersi creder ricco al porto della vita.
‘Nobili gentil-uomini’ questa non può dirsi
ricchezza con la quale la materia sazia la pretesa di condividere la stessa
via, e poi pensare di salvare l’anima all’ombra della cattedrale antica
nell’eterno pellegrinaggio dell’Ortodossia quale esempio nell’ago di una
bussola che indica la rotta destino
della nave…. al faro della vita. Specchio del libero arbitrio a lungo conteso,
ed al sermone di una bibbia che recita ugual strofa interpretata ad uso di una
strana parola rotta della Memoria. Rimembro la Parola con cui indicate le
coordinate della Storia: rette e parallele nella comune via al porto della
vita. In verità le croci della falsa memoria ad un chiodo fissate la cima.
Io Pagano e fors’anche Apostata nel comune
oltraggio subito alla stiva di una Parola comune cammino della Memoria, nel
navigare al vento del vostro Dio pregato, posso dire l’umiliazione Parabola e
rotta condivisa con gli altri umiliati… giù nella stiva. In quanto Evoluzione
gradita per chi condivide il comune razzismo nella bufera scritto: Eterno
Teschio della vita. Ma con tutta l’onestà nel timone bilancio della vita, posso
dire di non aver arrecato offesa o oltraggio al Teschio di nessuna vita. Io,
quale Eretico, conosco l’antica e nuova via, l’antica e nuova disciplina che
giammai fa rima con la vostra strana e diligente diplomazia. Conosco la rotta
di ogni Filosofia e di ogni retta Disciplina, giusta navigazione al porto
dell’evoluzione della vita, e mi pare una strana rima la vostra falsa ed intollerante
via, la strana navigazione al porto di ogni Terra (così ben) in vista. Di ogni
costa conquistata con ugual croce ed antica filosofia al seggio (ed al
servizio) di una strana democrazia (da tutti osannata e condivisa alla banca
della vita).
Al regno sovrano della vostra ricca via…
Ed oggi voglio aggiungere un asterisco a
quella Memoria, l’onda che navigai nel mare in odor di Eterna Eresia, non certo
per salvare la povera anima mia, ma per dire con il privilegio della Rima, che
la rotta non è smarrita. Giammai smarrita nel privilegio di codesta vita.
Perché questa, sempre ciclica nella Gnosi antica, giammai eterna come l’anima
che si aggira nell’eterna ricerca della Terra nominata vera vita al mare della
Dottrina. E ricordare che se pur navigando avvertimmo il Vento di un diverso
elemento. Se pur pregando ugual intento avvertiamo un antico pregiudizio nemico
del comune Dio. Perché, se pur cercando, quali Esploratori (Trovatori della
antica Memoria per sempre perduta) armati al porto di un nobile coraggio la
moneta di Dio, ed ornati con l’araldo, invisibile motto antico quale comune
destino, dimora terrena ed eterna certezza di
Eresia nel condividere una povertà troppo antica per essere dalla
materia appena capita, troviamo moneta
giammai coniata al porto della Sua Parola.
Giacché contraria alla volgare ricchezza rubata al
principio della Vita così mal nutrita allo Spirito dell’araldo della frontiera
cui confinate la comune rotta, certezza nell’oceano della vita. Giacché lo
stesso mare con cui condividere, non solo i porti, ma le rotte Storia della
via, e....
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