Precedenti capitoli di:
Due cani lungo la strada (3/1)
Prosegue con i...:
ciarlatani... (5)
& Giuliana 'Facciatonda' (6)
Alla morte di don Chisciotte ciò che ricordiamo di
lui, oltre penna e pennello esposti alle vicissitudini del Tempo, evoluto se
pur immobile, osservato nell’orbita da chi mirabilmente lo ha (ri)creato dipinto
e ben ritratto, l’apparente ‘pazzia’ nella
dolente nota biografica accomunare l’Eresia alla Verità negata allo stesso,
lento scorrere ai capricci del vento così come ogni Elemento ed ogni Straniero scagliarsi
al mulino della inesorabile sua ed altrui evoluzione: minuti ore secoli numerati
e transitati, ère immuni alla Verità così come la Ragione ed ogni Eretico
rincorrere la propria Visione… immune al Tempo con solo negli occhi l’orrore
del presente!
Fedele alla
solitaria Dottrina negata derisa e perseguitata, combattuta fra Monopodio ed il triste Tempo numerato,
e l’‘esule’ vittima d’ogni visibile invisibile reato da cui deriso e
perseguitato; giacché chi afferra il senso nonché sottile ‘quadro’ della
metafora qual dettaglio della dovuta congiunzione intuirà anche, che i favori
del Secolo ogni Secolo conservato e dipinto maggiormente incline a Monopodio accompagnato da tutti i
personaggi che lo omaggiano e proteggono, in Primo Piano o sullo sfondo
comporre l’eterno panorama della Storia a voi narrata e felicemente vissuta…
Dividere,
per l’appunto, Infinito e Tempo…
Nella
prospettiva con cui deriso descritto e ritratto…
La postura, si prenda dovuta nota nella differenza, che
intercorre fra la postura detta e l’impostura,
si compone nel mirabile ritratto che si conviene al gentiluomo virtuoso: lo
sguardo è fermo, rivolto a noi, o meglio a voi, al vostro felice Tempo così
mirabilmente transitato ciarlato vilipeso non meno che perseguitato, Rembrandt non distante negli anni dalle
tristi vicissitudini del Cervantes,
ci tramanda un mirabile dettaglio: il
gentiluomo Six si sta sistemando il guanto con cui si predispone alla
‘vista’ dello spettatore, del resto chi lo osserva appartiene a ben vedere al
Tempo transitato per ogni museo o Tomo ben rilegato.
Il Gentiluomo, invece, Infinito nel dettaglio della
celata prospettiva raffigurare mirabile metafora la qual unisce Arte Poesia e
Filosofia, Pittogramma di una velata eretica Dottrina nella postura per l’appunto, in cui il guanto
degna maschera (ai nostri odierni intendimenti anche ‘mascherina) d’una più
ordinata odierna impostura… di cui
il Tempo transitato ne ammira la solitaria sottigliezza immune da qualsivoglia patologica
corrotta Natura…
Il
gentiluomo nell’ipotesi comune della Storia sembra che si stia sistemando il
guanto sinistro sulla mano, preparandosi, per così dire, ad assumere la sua
figura pubblica.
Me il
pittore si è preoccupato di evidenziare con grande cura il pollice infilato nel
guanto aderente, al punto di delineare l’estremità superiore dell’unghia sotto
la morbida pelle di camoscio. È quindi altrettanto plausibile immaginare che la
mano nuda, la destra, sia invece per sfilare il guanto. Ciò non significa,
ovviamente, che dobbiamo invertire la direzione del movimento di Six – da un
uscire ad un entrare, dal commiato al benvenuto -, quanto piuttosto la volontà
di Rembrandt quando intende cogliere
il soggetto proprio sull’ambiguo limite fra la casa ed il mondo esterno, tra
pubblico e privato, per indurci altresì a pensare oltre che osservare nel
dettaglio le due mani, ornate e protette da guanti (o da ‘mascherina’), nella
più reale o irreale relazione e connessione in cui e per cui ritratto il
gentiluomo condiviso e diviso tra relazioni pubbliche e private: una per il
mondo e una per gli amici (degli amici) e per se stesso…
Il
dettaglio del guanto (oppure l’odierna mascherina) serve unitamente a
preservare l’osservato nel pubblico Tempo transitato, che pur osservando se
medesimo non riesce a cogliere il sottile dettaglio del guanto calzato oppure
al contrario sfilato, così come l’intero abito con cui la mascherina conferisce
ulteriore odierno dettaglio del degrado sia se calzata, oppure, per l’intrepido
futuro che attende per ogni pubblica relazione…, sfilata, nel costante rischio
d’un contagio con cui l’impostura peggio d’ogni virus inganna e falsa ogni
prospettiva ed inganna la vista…
Divisa e
condivisa fra pubblico e privato
Tra una
casa e la scena d’un teatro…
Tra
pubblico e privato non sufficiente un guanto, una mascherina, a preservarci
dagli inganni accompagnati dai soprusi di Monopodio
(e con lui chi al meglio lo nobilita e legalizza, fors’anche istituzionalizza),
giacché da sangue ‘coronato’ e non ancor del tutto ‘guasto’ e ‘ulcerato’, dai
remoti tempi in cui ogni falso sovrano o signore esige superiore pretesa nella
‘differenza’ posta e nell’apparenza vestita nonché adornata con ‘nobile’
ricchezza, quantunque sempre privata del dovuto Spirito da cui l’uomo; mai
potrà nascere o evolvere Esemplare Novella nella ‘voce del sangue’ con cui
scritta la Storia del nostro quanto altrui destino.
Tra
pubblico e privato, per chi calza il guanto o cammina per la stessa ugual
medesima strada scalzo, corre ed inciampa il Tempo preservato al tatto così
come al contagioso respiro, d’una appestata realtà evoluta al panorama d’una
Storia sempre corrotta…
Unita e
divisa tra pubbliche e private risate di sdegno i Poeti di corte umiliarono Cervantes
non reputandolo degno, il ritratto di se medesimo e di come il mondo cinto e
calzato con ugual costume (e guanto) guasta l’intera Reale Compagnia non
sopportandone l’altezzosa Rima ridotta al cortile d’una Osteria.
Il ‘quadro’
della Storia non meno della Rima al colore del pennello che l’accompagna ornata
da Monopodio e chi al meglio, pur calzando guanto e mascherina, lo asserve e
mantiene nel fasto della pubblica economia che nulla priva della ricchezza
ottenuta pur il guanto e la maschera d’un penoso corrotto bilancio falsarne la
Memoria, come Monopodio e l’eterna sua dottrina insegna…
Tra
pubbliche calunnie il pastore incolpa il Lupo del danno mai arrecato alla
pecunia del Monopodio di Stato, se pur il nobile paese assetato di gloria e
colmo di arroganza e falsa dottrina divenuta morale di vita… umilmente ed
umiliato calzo il guanto come la mascherina in ciò che divide Eretico e
ciarlatano… astenendomi di inchinarmi, o ancor peggio, baciare le mani del
Monopodio da cui ciò che Stato… e mai sarà…
(il curatore del blog)
…Noi ci
siamo riformati allontanandoci da loro, non contro di loro…; poiché facendo
astrazione da quegli oltraggi e quello scambio di espressioni ingiuriose, che
unicamente indicano la differenza fra le nostre tendenze e non nella nostra
causa, esistono un unico nome e appellativo comune fra noi, un’unica fede e un
necessario nucleo di principi comuni agli uni e agli altri; e perciò io non mi
faccio scrupolo di conversare o vivere con loro, di entrare nelle loro chiese
in difetto delle nostre, e di pregare insieme a loro, o per loro: non sono mai
riuscito a percepire un qualche nesso logico con quei molti testi che vietano
ai figli di Israele di contaminarsi con i templi dei pagani, essendo noi tutti
cristiani, e non divisi da detestabili empietà, tali da poter profanare le
nostre preghiere o il luogo in cui le diciamo; e nemmeno a comprendere perché
mai una coscienza risoluta non possa adorare il suo Creatore ovunque,
specialmente in luoghi dedicati al suo servizio; in cui, se le loro devozioni
l’offendono, le mie possono piacergli, se le loro profanano il luogo, le mie
possono santificarlo; l’acqua benedetta e il crocifisso (pericolosi per la
gente comune) non ingannano il mio giudizio, ne fan menomamente torto alla mia
devozione: io sono, lo confesso, naturalmente incline a quello che lo zelo
fuorviato definisce superstizione; riconosco indubbiamente austera in genere la
mia conversazione, pieno di severità il mio comportamento, non esente talvolta
da qualche asperità; pure nella preghiera mi piace usare rispetto con le
ginocchia, col cappello e con le mani…, insomma con tutte quelle manifestazioni
esteriori e percepibili ai sensi…
…E quindi
come vi furono molti riformatori, allo stesso modo molte riforme; tutti i paesi
procedendo ciascuno col proprio metodo particolare, a seconda di come li
dispone il loro interesse nazionale, insieme al loro temperamento e al clima;
alcuni irosamente e con estremo rigore, altri con calma, attenendosi ad una via
di mezzo, non con strappi violenti, ma separando senza sforzo la comunità, e
lasciando un’onesta possibilità di riconciliazione; cosa questa che, sebbene
desiderata dagli spiriti pacati disposti a concepirla effettuabile per opera
della rivoluzione del tempo e della misericordia di Dio, pure a quel giudizio
che vorrà considerare le attuali incompatibilità fra i due estremi, come questi
dissentano nella condizione, nelle tendenze e nelle opinioni, potrà
prospettarsi altrettanto probabile quanto lo è un’opinione fra i poli del
Cielo…
…Ma per
differenziarmi con maggior precisione, e portarmi in un cerchio più ristretto:
non vi è alcuna Chiesa di cui ciascun punto tanto si armonizzi con la mia
coscienza, i cui articoli, costituzioni ed usi sembrino così consoni alla
ragione, e come formati per la mia speciale devozione, quanto questa dalla
quale io traggo il mio credo, la Chiesa anglicana alla cui fede ho giurato
obbedienza…
…Io non
condanno tutte le cose del Concilio di Trento, e nemmeno approvo tutte quelle
del Sinodo di Dort. In breve, là dove la Sacra Scrittura tace, la Chiesa è il
mio testo; dove quella parla, questa è solo il mio commento; quando vi è
l’unito silenzio di entrambe, non prendo da Roma o da Ginevra le leggi della
mia religione, ma mi valgo piuttosto dei dettami della mia stessa religione.
È un
ingiusta calunnia da parte dei nostri avversari, e un grossolano errore in noi,
far risalire a Enrico ottavo la natività della nostra religione; poiché,
sebbene sconfessasse il Papa, egli non rifiutò la fede di Roma, e non effettuò
più di quanto i suoi stessi predecessori desiderarono e tentarono nei tempi
passati, e per cui si ritenne si sarebbe adoperato lo Stato di Venezia ai
nostri giorni.
Ed è
ugualmente manifestazione poco caritatevole da parte nostra associarci a quelle
volgarità plebee e a quegli obbrobriosi insulti contro il vescovo di Roma, cui
come principe temporale dobbiamo un linguaggio castigato: confesso che c’è
causa di risentimento fra noi; grazie alle sue sentenze io me ne sto
scomunicato; Eretico è l’espressione
migliore di cui dispone per me; tuttavia nessun orecchio può testimoniare che
io lo abbia mai ricambiato chiamandolo anticristo, uomo del peccato, o
meretrice di Babilonia. È metodo della carità sopportare senza reagire: quelle
usuali satire e invettive del pulpito possono magari avere un buon effetto sul
volgo, le cui orecchie sono più aperte alla retorica che alla logica; pure in
nessun modo confermano la fede dei credenti più saggi, i quali sanno che una
buona causa non ha bisogno di essere protetta per mezzo della passione, ma può
sostenersi con una disputa contenuta.
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