CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

lunedì 24 febbraio 2025

UN SOCIAL-DEMOCRATICO DEL NORD AMERICA (14)









Con precedenti... (13/1) 











Prosegue con le Memorie...






Quanto il pensiero di Czolgosz sulle questioni sociali si sia evoluto durante gli incontri al vetriolo della Sila è una questione aperta. Molti degli uomini alimentati dalla birra che inveivano e fomentavano i suoi raduni erano più interessati ad attaccare le attuali istituzioni americane che la teoria politica. Eppure tra le ideologie abbracciate dai radicali sociali più incalliti di Cleveland ce n’era una che avrebbe esercitato un fascino speciale su uomini come Czolgosz: l’anarchia.

 

Durante il Medioevo, l’anarchismo fu elevato allo status di movimento religioso da numerosi gruppi con nomi edificanti come i Fratelli e le Sorelle del Libero Spirito. E sebbene affermasse che si trattasse di una satira, Edmund Burke scrisse della tirannia del governo nel 1756 quando pubblicò A Vindication of Natural Society, in cui sosteneva che tutte le forme di governo sono in una certa misura oppressive.




Nel 1895, l’anno prima delle elezioni, i rappresentanti di circa trecento aziende si riunirono in una sala conferenze di Cincinnati con il problema della sovrapproduzione ben presente nella mente. Ridurre la produzione, credevano, non solo sarebbe stato difficile, ma anche disastroso. Un numero enorme di lavoratori avrebbe dovuto essere licenziato e pochi volevano e potevano sopportare gli scioperi di massa e le violente proteste che sembravano inevitabili. Se ridurre la produzione era impensabile e non c’erano nuovi consumatori americani, rimaneva un’alternativa: trovare nuovi clienti all’estero. Formando quella che sarebbe diventata la National Association of Manufacturers, i dirigenti conclusero che le aziende statunitensi erano ‘cresciute o stavano crescendo troppo rispetto al mercato interno’ e che ‘l’espansione del commercio estero è l’unica promessa di sollievo’.



 

Negli anni successivi, i capitani dell’industria americana erano ossessionati dalla necessità di trovare mercati esteri. Le pagine economiche erano piene di esortazioni sulle vaste possibilità che esistevano oltre le coste americane. Parlando nel gennaio 1896 alla National Convention of American Manufacturers di Chicago, Ulysses D. Eddy, presidente della Flint, Eddy & Co., si lamentò del fatto che sei mesi di produzione nella maggior parte delle fabbriche ora fornivano dodici mesi di consumo.

 

‘Questa condizione non può continuare’,

 

…disse Eddy.

 

 ‘Stiamo iniziando a riconoscere che i 1.400.000.000 di persone che vivono fuori dai nostri confini rappresentano un vasto commercio e che un miliardo di loro vive in paesi non manifatturieri’. Il senatore Albert Beveridge, un patriota che si batteva il petto come ce n’erano a quei tempi, scrisse nell’aprile 1897 con il suo caratteristico stile: ‘Il destino detta la politica mondiale a noi, e solo a noi… fieri americani; ed il commercio del mondo deve essere nostro’.




McKinley non si discostava d’un passo da questi uomini. Non estraneo all’importanza del commercio dopo tutto il suo lavoro sulle tariffe, aveva osservato il ‘problema del surplus’ per anni con un crescente senso di allarme. Parlando molto prima della sua campagna presidenziale, aveva detto che l’industria ‘non può essere tenuta in movimento senza mercati’, aggiungendo che i mercati esteri sono essenziali ‘per i nostri prodotti in surplus’. 

 

Un argomento di grande importanza per il nostro paese, e di crescente apprezzamento da parte della gente, è il completamento della grande ‘premessa commerciale’ tra l’Atlantico e il Pacifico, nota come Canale del Nicaragua. La sua utilità e il suo valore per il commercio americano sono universalmente riconosciuti. La Commissione nominata in data 24 luglio scorso ‘per continuare le indagini e gli esami autorizzati dall’atto approvato il 2 marzo 1895’, in merito al ‘percorso appropriato, alla fattibilità e al costo di costruzione del Canale del Nicaragua, con l’obiettivo di elaborare piani completi per l’intero lavoro di costruzione di tale canale’, è ora impiegata nell’impresa.




In futuro coglierò l’occasione per trasmettere al Congresso il rapporto di questa Commissione, avanzando allo stesso tempo ulteriori suggerimenti che potrebbero allora sembrare opportuni.

 

In base alle disposizioni dell’atto del Congresso approvato il 3 marzo 1897, per la promozione di un accordo internazionale in materia di bimetallismo, ho nominato il 14 aprile 1897, l’Onorevole Edward O. Wolcott del Colorado, l’Onorevole Adlai E. Stevenson dell’Illinois e l’Onorevole Charles J. Paine del Massachusetts, come inviati speciali per rappresentare gli Stati Uniti. Sono stati diligenti nei loro sforzi per garantire il consenso e la cooperazione dei paesi europei nella risoluzione internazionale della questione, ma fino a questo momento non sono stati in grado di garantire un accordo contemplato dalla loro missione.

 

La gratificante azione della nostra grande sorella Repubblica di Francia nell’unirsi a questo paese nel tentativo di realizzare un accordo tra le principali nazioni commerciali d’Europa, mediante il quale verrà garantito un valore fisso e relativo tra oro e argento, fornisce la garanzia che non siamo soli tra le nazioni più grandi del mondo nel realizzare il carattere internazionale del problema e nel desiderio di raggiungere una soluzione saggia e pratica.




Il governo britannico ha pubblicato un riassunto dei passi intrapresi congiuntamente dall’ambasciatore francese a Londra e dagli inviati speciali degli Stati Uniti, con i quali il nostro ambasciatore a Londra ha attivamente collaborato nella presentazione di questo argomento al governo di Sua Maestà. Questo sarà presentato al Congresso.

 

I nostri inviati speciali non hanno ancora redatto il loro rapporto finale, poiché sono in corso e in fase di contemplazione ulteriori negoziati tra i rappresentanti di questo Governo e i Governi di altri Paesi. Ritengono che i dubbi sollevati in alcuni ambienti in merito alla posizione di mantenimento della stabilità della parità tra i metalli e questioni affini possano ancora essere risolti da ulteriori negoziati.




La cosa più desiderabile da ogni punto di vista di interesse nazionale e patriottismo è lo sforzo di estendere il nostro commercio estero. A tal fine la nostra marina mercantile dovrebbe essere migliorata e ampliata. Dovremmo fare la nostra parte nel commercio di trasporto del mondo. Se non lo facciamo ora saremmo in ritardo con la Storia e non solo in ragione dell’economia. L’inferiorità della nostra marina mercantile è giustamente umiliante per l’orgoglio nazionale. Il governo, con ogni mezzo costituzionale appropriato, dovrebbe contribuire a rendere le nostre navi agili e sufficientemente forti, e in qual tempo, familiari in ogni porto commerciale del mondo, aprendo così nuovi e preziosi mercati ai prodotti in eccedenza delle fattorie e delle fabbriche della nostra grande Nazione!

 

L’arbitrato internazionale non può essere omesso dall’elenco degli argomenti che richiedono la nostra considerazione. Gli eventi hanno solo contribuito a rafforzare le opinioni generali su questa questione espresse nel mio discorso inaugurale. Il miglior sentimento del mondo civile è quello di muoversi verso la risoluzione delle divergenze tra le nazioni senza ricorrere agli orrori della guerra. I trattati che incarnano questi principi umani a grandi linee, senza in alcun modo mettere a repentaglio i nostri interessi o il nostro onore, avranno il mio costante incoraggiamento. 

(Discorso sullo stato dell'Unione William McKinley 6 dicembre 1897 Al Senato e alla Camera dei Rappresentanti)




 Alla Casa Bianca, sembrava rimanere convinto del valore delle esportazioni come sempre. Il suo amico H.H. Kohlsaat credeva che la ‘più grande ambizione di McKinley fosse quella di creare nuovi mercati per i produttori e i manifatturieri americani’.

 

Quando McKinley fu eletto, le aziende americane avevano già stabilito piccoli ma promettenti punti d’appoggio in Cina. La Cina acquistò quasi la metà di tutte le esportazioni di cotone degli Stati Uniti e la domanda era in forte crescita, con un aumento del 121 percento tra il 1887 e il 1897. I filatori di cotone della Carolina del Sud furono spinti a scrivere ai loro deputati: ‘Si vede subito quanto sia importante per noi il commercio con la Cina. È tutto. La prosperità del settore delle filande di cotone della Carolina del Sud dipende, secondo noi, dal commercio con la Cina’.

 

La Standard Oil trovò in Cina un enorme mercato per il suo cherosene, proprio quando la domanda stava iniziando a ridursi in patria con la diffusione della lampadina elettrica. I consumatori cinesi si riversarono sul cherosene dal momento in cui la Standard lo introdusse nel 1879, abbandonando il loro combustibile per illuminazione a base vegetale che bruciava fiocamente e faceva fumo e costava il doppio. Nel 1882, a Shanghai una casa su sei bruciava cherosene americano, le strade venivano illuminate con esso e il funzionario cinese di più alto rango della città lo utilizzava nel suo ufficio.




Leon Czolgosz, intanto, indossò abiti presentabili e si fece strada lungo le strade familiari tra casa sua e il suo vecchio datore di lavoro, la Cleveland Rolling Mill Company, covando un amaro senso di sconfitta. Lo sciopero del 1893 lo aveva lasciato inattivo per sei mesi, nella vana speranza che i dirigenti della fabbrica cedessero alle richieste dei lavoratori. Eppure la Cleveland Rolling non aveva ancora mostrato alcun segno di resa. Era tempo di ingoiare il suo orgoglio e accettare un magro stipendio piuttosto che non guadagnare nulla.


[PROSEGUE CON IL CAPITOLO AL COMPLETO]






 

mercoledì 19 febbraio 2025

LA DOTTRINA (12)









Precedenti capitoli 


circa la Marcia 


del... (11/1) & (14/5)


& una Lettera









& il capitolo intero 


per ciò di cui non si vede...


 inerente al... 









Programma in uso 


compresa la dovuta 


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Il presidente eletto McKinley e un corteo di familiari e dignitari seguirono i giudici della Corte Suprema in tonaca nera lungo i corridoi di marmo che conducevano dalla galleria del Senato alla facciata est del Campidoglio poco dopo l’una del pomeriggio del 4 marzo 1897. Mentre la fila cupa si avvicinava alle porte, un caloroso applauso riempì il corridoio, trasformandosi in un ‘grande boato’ quando McKinley uscì alla luce brillante del sole per prestare giuramento.

 

Davanti a lui si erano radunate sulla piazza da trenta a quarantamila persone, alcune delle quali avevano aspettato per oltre tre ore. La folla era così densa che sembrava ondeggiare avanti e indietro all’unisono come ‘una grande distesa d’acqua’.  Alcuni dei più avventurosi trovarono punti di osservazione intrufolandosi sulle scale del Campidoglio, mettendosi in fila sul tetto e persino appollaiandosi sugli alberi spogli.

 

Camminando sui gradini di legno di un palco temporaneo, McKinley si diresse verso il podio, dove una brezza tesa tirava le bandierine. Suo fratello Abner correva in giro a dirigere gli operatori dei cinetoscopi, l’ultima invenzione di Edison, nel tentativo di catturare l’inaugurazione in immagini in movimento. Come sempre, McKinley era superbamente agghindato per l’occasione, anche se questa volta i suoi abiti erano stati scelti tenendo a mente il simbolismo: la sua redingote era fatta di lana pettinata nazionale, non importata, come si diceva ai giornali. Un calzolaio di Canton che era stato tamburino a Gettysburg gli aveva cucito le scarpe.




McKinley si sedette su una sedia di pelle rossa e si voltò per accertarsi che i membri del suo gruppo fossero comodi. La madre McKinley, agile e nervosa all’età di ottantasette anni, stringeva un mazzo di rose. Non impressionata dalla pompa e dalla cerimonia, rimase convinta che il suo prezioso figlio avrebbe fatto meglio a unirsi alla chiesa e diventare vescovo. Un passante dall’orecchio acuto sentì il fratello di McKinley, Abner, dire la mattina prima dell’inaugurazione:

 

‘Madre, questo impero che costruiremo è meglio di un vescovato’.

 

Il presidente Cleveland, che si curava la gotta, era seduto proprio alla destra di McKinley, con il piede avvolto in una morbida scarpa.

 

Con Ida attentamente sorvegliata dagli amici sul podio, McKinley ripeté il giuramento d’ufficio dopo il giudice capo Melville Fuller, lo invitò ad appoggiare la mano su una Bibbia fatta di carta dell’Ohio, rilegata in blu scuro con una ‘sottile linea dorata lungo il bordo esterno’.

 

Togliendosi il cilindro e la redingote, McKinley si voltò quindi verso la folla in attesa. Fissandosi gli occhiali al naso, una rara ammissione pubblica di un’imperfezione, infilò la mano nella tasca del cappotto e recuperò il testo arrotolato del suo discorso. Apparentemente ‘leggermente nervoso’, pensò un reporter del New York Times, fece cautamente riferimento ai suoi appunti mentre iniziava a parlare.  Gradualmente McKinley sembrò acquisire sicurezza e alzò la voce in modo che la maggior parte delle decine di migliaia di persone lì riunite potessero sentire parlare. Solo a metà strada, tuttavia, menzionò la questione che avrebbe dominato la sua presidenza. Il paese avrebbe ‘mirato a perseguire una politica estera ferma e dignitosa, che sarà giusta, imparziale, sempre attenta al nostro onore nazionale’.



                                                

‘Ma’,

 

…aggiunse,

 

‘Non vogliamo guerre di conquista; dobbiamo evitare la tentazione dell’aggressione territoriale. Non si dovrebbe mai entrare in guerra finché ogni agenzia di pace non abbia fallito; la pace è preferibile alla guerra in quasi ogni evenienza’.

 

Era audace per un presidente americano parlare di una ‘politica estera dignitosa’ con la faccia seria. La tradizione di isolazionismo che era iniziata con George Washington e il suo avvertimento contro gli intrighi stranieri manteneva una forte attrazione sulla psiche americana. Si arrivò a definire una strategia internazionale coerente con la Dottrina Monroe del 1823, che stabiliva che qualsiasi mossa degli europei per colonizzare le Americhe o interferire con i paesi confinanti sarebbe stata trattata come un atto di aggressione agli Stati Uniti.

 

Nel 1845, il giornalista John O’Sullivan diede un nome alla spinta incessante dell’America verso l’esterno: ‘Destino Manifesto’. L’idea che l’Onnipotente avesse ordinato all’America grandi cause motivò i leader delle carovane dirette a ovest. Dio, così procedeva il pensiero popolare, aveva scelto gli Stati Uniti per guidare il mondo fuori dall’oppressione delle monarchie europee e dall’arretratezza dei paesi ancora in via di sviluppo verso una nuova èra illuminata basata su valori come la libertà, una solida economia di mercato e gli insegnamenti della chiesa protestante.




In modo simmetrico, una dimostrazione di grandezza americana ne rafforzò un’altra. Charles Darwin ratificò tale pensiero nel 1871 nel suo libro L’Origine della specie.

 

‘A quanto pare c’è molta verità nella convinzione che il meraviglioso progresso degli Stati Uniti, così come il carattere del popolo, siano il risultato della selezione naturale; perché gli uomini più energici, irrequieti e coraggiosi provenienti da tutte le parti d’Europa sono emigrati durante gli ultimi dieci o dodici generazioni in questo grande paese, e qui hanno avuto il loro maggior successo’.

 

Ciò di cui avevano bisogno per realizzare le loro grandi ambizioni era un documento credibile e dettagliato

 

Il pastore congregazionalista Josiah Strong catturò l’atmosfera sociale in cui fondata la fede del futuro impero nel suo bestseller del 1885, Our Country: Its Possible Future and Its Present Crisis. Strong aveva viaggiato molto nell’Ovest americano come membro della Home Missionary Society e aveva sviluppato una teoria secondo cui dietro le grandi nazioni del mondo c’era una forza geografica. Ogni nuovo impero, notò, sembrava spostarsi sempre più a ovest.




Il culmine di quella marcia sarebbe avvenuta negli Stati Uniti. Le nazioni anglosassoni, sosteneva, possedevano un genio per la colonizzazione e la loro energia nativa e la fede in un Dio cristiano assicuravano il loro predominio. Come teoria scientifica, non era affatto a tenuta stagna. Strong, ad esempio, sottolineò il fatto che le dimensioni relativamente grandi degli americani, e non solo in altezza, indicavano che possedevano la ‘base fisica’ necessaria per raggiungere una civiltà superiore.

 

‘C’è spazio per un ragionevole dubbio che questa razza, a meno che non sia devitalizzata dall’alcool e dal tabacco, sia destinata a spodestare molte razze più deboli, ad assimilarne altre e a plasmare le restanti, fino a quando, in un senso molto vero e importante, avrà anglosassonizzato l’umanità?’

 

Per quanto abili fossero questi uomini nel far correre i cuori dei patrioti americani, operavano in gran parte nel regno della retorica e della teoria.

 

‘La teoria’ sarebbe arrivata cinque anni dopo da una fonte improbabile: l’ufficiale di marina Alfred Thayer Mahan.




...Mahan, per gran parte della sua carriera, non era stato certo l’orgoglio della marina americana. Sebbene fosse arrivato a comandare la sua nave, la sua abilità marinara era, nella migliore delle ipotesi, traballante. In effetti, preferiva di gran lunga la tranquillità di un buon libro ai doveri di comando di una nave da combattimento e si assicurava sempre di portare con sé molti volumi nei lunghi viaggi. 


Fedele alla sua natura, durante una missione in Perù, trovò il tempo di lasciare la nave e visitare una biblioteca locale. Lì prese una copia della Storia di Roma di Theodor Mommsen e, sfogliandone le pagine, fu colpito da una rivelazione. Il potere marittimo, non gli eserciti terrestri, era stato il fattore decisivo nell’ascesa di grandi imperi. L’argomento, concluse, sarebbe stato un ottimo motivo per una serie di lezioni che avrebbe tenuto al Naval War College*.

 

[& IL CAPITOLO... INTERO, ovvero, NELLA SUA REALE INTEREZZA]










lunedì 17 febbraio 2025

AI CESARI (DAGLI ESILIATI DEL BANCHETTO AZIENDALE)




 





LA LETTERA AL COMPLETO IN ATTESA 


DELLE DOVUTE NOTE A PIE' DI PAGINA


LO FECERO ANCHE I NAZISTI, ovvero, 


PRIMA NOTA STORICA  


& ODESSA (18/2/2025)






K era stupito di affrontare il colloquio col sindaco senza alcuna inquietudine. Cercò di spiegarselo con la constatazione che finora i rapporti con l’autorità comitale erano stati per lui molto semplici. E ciò dipendeva in parte dal fatto che evidentemente avevano adottato nei suoi confronti un ben determinato sistema che nella forma gli era molto favorevole, e in parte dall’ammirevole coordinazione dei servizi, che si indovinava particolarmente perfetta là dove in apparenza mancava.

 

Pensando a queste cose, K non era lontano dal trovare soddisfacente la sua situazione, sebbene, dopo simili ondate di benessere, si dicesse subito che lì appunto stava il pericolo. Le relazioni dirette con l’autorità non erano molto difficili, perché l’autorità, per ben organizzata che fosse, non aveva che da difendere in nome di signori lontani e invisibili cose altrettanto invisibili e lontane, mentre K lottava per qualcosa di molto vivo e vicino, per se stesso e, almeno nei primissimi tempi, di sua spontanea volontà poiché era lui l’attaccante; e non era solo a combattere per sé, altre forze lo assecondavano, che egli non conosceva ma alle quali le misure dell’autorità gli permettevano di credere.

 

Ma mostrandosi fin dal principio molto conciliante nelle cose secondarie - finora non si era trattato d’altro - l’autorità gli toglieva la possibilità di riportare piccole facili vittorie, e con tale possibilità anche la relativa soddisfazione, e la conseguente ben fondata sicurezza per altre lotte più importanti.

 

Invece lasciavano che K se ne andasse dove voleva - purché rimanesse nei limiti del villaggio - e in tal modo lo viziavano e lo indebolivano, escludevano qualsiasi conflitto e lo relegavano in un’esistenza torbida, strana, che era fuori dalla vita ufficiale, di cui era difficile farsi un’idea. In questo modo poteva ben accadere, se non stava costantemente in guardia, che un bel giorno, nonostante la cortesia dell’autorità e il totale adempimento di tutti i suoi doveri esageratamente lievi, egli, illuso dal favore che in apparenza gli si dimostrava, regolasse la sua vita privata con tanta imprudenza da fallire in pieno, così che l’autorità, con la solita dolcezza e cortesia, quasi a malincuore ma in nome di un ordine pubblico, a lui ignoto, fosse costretta a toglierlo di mezzo.

 

E che cos’era, in fondo, questa sua vita privata? Mai K aveva visto il suo servizio e la sua vita così strettamente intrecciati, tanto che a volte gli sembrava che vita e servizio si fossero scambiati le parti.

 

(F. Kafka; Il Castello)

 

 

Non si sarebbe permesso - e non sarà mai permesso - dato il dovuto margine di affermazione conferito dal ‘profitto’ in nome e per conto dello stato totalitario (avendo naufragato e affondato ogni Diritto) rettamente comprenderlo, celebrato e rinnovato, e ancor meglio condito, esposto al suffragio dell’ampio votato indiscusso consenso ad uso del progresso così consumato in difetto evolutivo, che al meglio lo qualifica per ogni piazza & osteria rinnovando l’abitudine di consumare ogni Natura ancor in vita, e divenuta prelibata morta e ancor più saporita di quando correva libera, per poi, a fine ‘pasto’, esser esposta  nonché celebrata, alla fiera della più nobile Kultura che la rimembra così come si èra soliti per ogni Castello; ed ove il povero K la rimpiange quando a Lei s’accompagnava…, e in suo grembo dormiva e non più delirava circa l’humano avvenire che l’attende d’una più nobile hora… 

 

La sua e nostra parabola ci insegna che la Storia giammai dobbiamo e/o possiamo definire conclusa, dacché ne deduciamo oltre il ‘grado’ d’appetito che accompagna ogni tavolata, anche il ‘menu’ che al meglio la contraddistingue, possa esser rimembrato dalle cantine sino ai piani più alti di medesimo ugual Castello...

 

Ove, seppur come l’èvo moderno coniato dall’antico ci mantiene, ovvero, segregati digiuni ed inchiodati, nonché un poco ammostati al buon legno che l’adorna con maggior pregio, per esser serviti nei tempi supplementari, freddi e/o cotti a vapore e ben conditi, così da accompagnare e ancor di più deliziare il delicato palato d’un più nobile Re accompagnato all’intera Corte che ne contraddistingue ed esalta lingua e appetito…

 

Lui che della cucina è vero intenditore e Sovrano!

 

Non men della discutibile seppur appetitosa economia dell’altra faccia della moneta - e/o della medaglia - dall’opposta parte della tovaglia che ne deriva, in motivo di ugual medesima ugual Storia e l’appetito che la conia e divora…

 

La candela che distanzia ed illumina sì sofferti volti esaltandone i consumati profili e accentuandone le confuse ombre in onore della Storia, conferisce alle tenebrose allegorie del potere nell’hora del pasto, il grado del consumato suo e nostro giudizio, nel rimembrarla sobria ed astemia, o al contrario, rinnovata nebbiosa e confusa; giacché non si riconosce la botte d’incerta provenienza data dall’ultima vendemmia, seppur imbottigliato come pregiato vino antico, fermentato & lavorato prima di servirlo, ci pare inutile dirlo, alla tavolata assetata d’ispirato giudizio…

 

Nonché importato d’oltre Oceano!

 

Ed ove anche dalla cantina donde egregiamente lavorato ne invitano il consumo dell’ultima sospirata cena…, servita prima del dovuto sacrificio che ne rinnova l’annata della ditta (ma hora dalla cucina ci informano divenuta nostro malgrado pregiata Compagnia…).       

 

Accompagnare ogni abusato dialogo (e/o infamante calunnia) che al meglio contraddistingue questa economia d’osteria da tutti condivisa in onore della Storia così consumata nonché celebrata; apportandone  merito al valore ottenuto al cambio fra sobrio Ideale e  Ragione (e Diritto di non confondere); contrapposti & scambiati (secondo i dati dell’Agenzia), o meglio che dico, adeguati ad un nuovo Artifizio Intellettivo; che molto spesso non visto, illuminando il visore di cotal dismessi ideali, li adombra…

 

Innestandosi ed opponendosi per una nuova presa di Coscienza, come uso & costume adottato ad ogni Castello arroccato su una più moderna torre e/o grattacielo, fino ai più vasti possedimenti di Marte, squalificandola e privandola del suo antico Principio, riqualificandolo in un nuovo e più aggiornato algoritmo anch’esso, e mai sia detto il contrario, ad uso & consumo del privato profitto…

 

Il quale, come al tempo del Feudo poco sopra nominato, controlla e confonde ogni poco-sopra-detta Coscienza manipolandola e seviziandola ancora; quindi rinnovandola; con conseguente e quantunque votato abuso di potere, conferito dal populismo dato dal nuovo ritmo aziendale ove un tempo, non troppo antico seppur dato per morto, si celebrava la Democrazia rivelata nonché rivelata al medesimo popolo in perenne stato di agonia.

 

Avendo perso, o parzialmente dismesso, l’antico o più moderno Stato di Ragione!

 

La si spiegava celebrava, ed in ultimo, quando il rogo fu avvinto dalle tenebre del ghiaccio (giacché la nuova mostruosa divinità ricrea la golemica terra comprensiva della più nota Gerusalemme liberata, che al meglio divora saziandola in sua memoria, così recita l’etichetta del pregiato e più artificioso Bacco & Dionisio servito in qualsiasi hora della giornata aspirare ad ogni pecunia ben recintata…), rinnovata al calore del tirannico focolare in attesa della più economica brace…

 

Signore* servito a tutte le hore il quale avendo esigenze feudali (*ad uso e disuso dell’eletto popolo tenuto ad un margine di grado al di sopra del gelo, o meglio surgelato… e non ancora ibernato in previsione del lungo viaggio…) tende a farne ampio uso e consumo (non meno di terre extra territoriali ove la legna ed ogni miniera con tanto di minatore viene ampiamente servita in ugual medesimo grado e spirito di comitiva…); in motivo e/o beneficio dello stesso popolare appetito da cui votato, e non ancora del tutto surgelato e rivenduto all’ipermercato della digiunata Storia, con cui in ultimo e con sommo rammarico, viene rimembrato per ogni fossa…

 

Affinché Ognuno, Nessuno escluso ovviamente essendo imbarcato in eterno periglioso e più modesto viaggio, ne rimanga digiuno e si cibi di uno o più pasti caldi di cui l’eretico, ogni eretico perseguitato, ne offre un assaggio, servito e cacciato al mirato passo d’un’oca saziare più nobile pasto del celebrato riverito feudatario…

 

Popolo il quale, pur reclamando il giusto ‘dogma’ dell’osannata riverita fede della nuova odorata divinità (di stato quantunque privata dell’ingombrante ausilio dello stesso), si consuma in una mensa e/o più povera mensilità, ove ogni dio e la sua fede non più adora e profuma d’incenso il ricordo di medesima dottrina esposta al lume d’una sobria candela, per il giusto dovere del ‘dogmatismo’ che così la sazia e sazierà ancora per ogni banchetto… ben servito…

 

La quale dottrina per sua antica natura, non muta il gelo in più proficuo caldo ove riscaldarla rinnovarla o cuocerla ancora (dal tempio ad una grotta e viceversa, dacché la storia rinnova la graticola della stessa per ogni grado di cottura); ma come ogni natura e la ricchezza della singola moneta conferita dal sacrifizio della pascolata pecunia (ovvero consumata da più singoli avversi ad ogni pluralità dell’antica agraria mensilità, la consumano e/o divorano in nome e per conto della ‘fede’ masticandola lentamente…), nel miracolo e disavventura di ugual vita: il caldo divenire per questo ed ogni dispensato miracolo, il più tenebroso gelo ove perire o naufragare ogni eretico Pensiero.   

 

Di questi e altri surgelatori - o roghi alla brace della Storia così ben cotta e servita - ne abbiamo un infinito eccesso di Memoria - seppur in perenne difetto -, ma altresì ben condita come riverita in prestigiosi ‘servizi’ e accompagnata da pregevoli forchette con cui condividerla…. se ancora in vita…

 

Rinnovata da più abili ‘consumatori’ a sangue freddo desiderosi di forchetta e spiedo, estendere e saziare il proprio e l’altrui e più nobile appetito, in varie portate di più vasti possedimenti terreni sino alla terra di Marte con l’immancabile e dovuta humana conquista per conto del progresso da sempre ed in cotal eccesso pretenderne colonica disavventura; consumati consumatori accompagnati da venditori deambulanti in ruolo di prestigiosi primi e secondi ministri - più o meno deliranti - indicare e rinnegare vasti campi seminati…

 

I quali a malapena si intravedono, talvolta sono chiamati ricoveri e/o isolati ospizi (molto dipende dal parziale e/o imparziale judicio dell’occhio Polinferno, ovvero, l’ultimo satellite che tutto vede ma nulla intende con dovere); mai siano soprannomati gulag e/o carceri a cielo aperto; pensioni e pensionati in attesa della tredicesima hora, quando il Finale Giudizio farà l’uncinato suo ingresso, e la Falce della morte - che lo accompagna - sarà accolta come magnifica appagata attesa per la Danza in compagnia del Boia, l’ultimo ministro incaricato della martellata Legge divina… privata - ovviamente - d’ogni suo principio alla fine di quest’hora terrena!

 

Pagando rata del giubilare Giubileo per l’imputato in attesa di terreno (sopra-detto) giudizio, si può salire nonché aspirare, al settimo cielo ove Dante cacciato e di nuovo perseguitato fino ai meandri della cenere ove un tempo dimorava una selva oscura; dalla cucina infatti ci dicono che neppure Beatrice che l’accompagnava in ‘erotica’ Rima mai baciata non ne rimane neppure la tunica…

 

Fu arsa allo spiedo della brace con Vista per lo diletto e l’ispirazione del popolo intero che finalmente la può ammirare completamente ignuda privata d’ogni terreno pudore, et hora gratificata al porno sito di X fedele paladino della pugnata fede d’Ognuno, Nessun cavaliere escluso dall’antica contesa, giacché in eterna lotta con ogni ‘golemico’ burattino di questo mondo terreno e/o ultraterreno esposto all’insidia del nuovo e più periglioso settimo cielo…

 

Talvolta ci dicono dalla stessa cucina protesa verso medesimo ed ancor più nebbioso cielo, rinnovata a suon di viola violino e/o violoncello, affinché il forno evapori nel nulla d’una nuvola; ai più fortunati alla tredicesima hora viene promesso anche del buon vino prossimo all’aceto, affinché non odano il gelo al momento dell’ultimo desiderato trapassato botto macchiare una pregiata numerata camicia a righe… senza colpa alcuna…    

 

 Seppur ci dicono sempre dalla cucina, che il popolo ne va ingordo celebrandola e rinnovandola con nuovi e più deliziosi condimenti, affinché il Feudo di provenienza non cada nella disgrazia della pratica del digiuno al quale difficilmente l’appetito si adegua.

 

 Per ogni Eretico fuggito (dalla tirannia), e come è sempre stato e sarà ancora, esiliato e ucciso e/o cotto a fuoco lento, oltre che dallo stesso suo popolo da Ognuno, Nessuno escluso da questo ed ogni Castello, difendere ancora il vero e più sano ‘benefico-beneficio’ coniato nella vera e più fiera Ragione della Verità avversa al tiranno.   

 

Circa il disuso della Memoria ora rivenduta e distribuita in gigabyte e l’antico e più corretto Ricordo (che la nomina), che al meglio - o al peggio - ne caratterizza il conio nel profilo per ogni ricchezza predata ma quantunque rinnovata, e illogicamente consumata di fretta la quale naviga iper-veloce e senza sosta, nel beneficio della carta moneta per il successivo scambio di valori ad esercizio della tirannia spacciata, e oltremodo rivenduta, per merito e/o difetto di medesima Storia interpretativa, ad uso e disuso del più forte, affinché la bestia possa ancora sopravvivere nell’epica disavventura e creare la sua ramificata famiglia pur essendo un gorilla della nuova dinastia. 

(Giuliano) 








sabato 8 febbraio 2025

LA MARCIA DEL PROGRESSO 'UMANO' (8)

 











PRECEDENTI CAPITOLI 


DAL PC 


Prosegue con 







l'aggiornamento 


completo (9)  


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Prosegue con intermezzo 


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La programmazione 


prosegue (11)








Mentre McKinley si preparava per la sua campagna del 1896 a Canton, a circa sessanta miglia di distanza, un giovane enigmatico di nome Leon Czolgosz era diventato un cliente abituale del bar Dryer, un saloon della classe operaia sulla Third Avenue e Tod a Cleveland. Alto un metro e settanta e poco più che ventenne, Czolgosz, che si faceva anche chiamare Fred Nieman, si puliva attentamente le scarpe prima di entrare e si sedeva al suo solito posto da solo nell’angolo. 

 

Ordinava un pasto e un drink al signor Dryer, o forse a sua moglie, ‘una donna grande, robusta e dall’aspetto rozzo’, e stendeva i quotidiani sul tavolo. Sfogliando avidamente le pagine, si interessò in modo particolare agli articoli sul movimento operaio mentre sorseggiava lentamente il suo drink, intento a ottenere il valore dei suoi soldi.

 

Agli occhi dei Dryer, Czolgosz era strano e difficile da comprendere. Sebbene fosse un cliente abituale, Czolgosz non voleva avere niente a che fare con gli altri clienti. Mentre loro ridevano e giocavano, lui rimaneva ostinatamente al suo posto, leggendo i suoi giornali o facendo un pisolino. Quando gli veniva chiesto di unirsi agli altri uomini per una mano o due di carte, si rifiutava. Solo una volta, per quanto si possa ricordare, portò un amico al bar. Nei giorni liberi, Czolgosz poteva passare l’intera giornata ‘pensando’ e dormendo. Nelle rare occasioni in cui accettava di condividere un pasto con i Dryer, mangiava poco e parlava a malapena.




Eppure il dolorosamente timido Czolgosz non suscitava molta simpatia. I Dryer notarono in lui un’amarezza nervosa. Scattava al minimo segno di presa in giro. Quando una volta il signor Dryer lo prese in giro perché era tirchio con i soldi e lo esortò a spendere più liberamente, Czolgosz abbaiò: ‘No, ho bisogno dei miei soldi’. Altre volte, mostrava scarsa preoccupazione per le persone che lo circondavano, persino per i suoi familiari. Una sera, appena fuori dal bar, un gruppo di teppisti aggredì suo fratello Jake, che stava tornando da un ballo, e lo minacciò con un coltello. Dryer urlò a Czolgosz: ‘Non esci ad aiutare tuo fratello? È nei guai’.

 

Ma Czolgosz si rifiutò di cedere. ‘No. Se si associa a quei polacchi, dovrà subirne le conseguenze’, rispose, e tornò a il suo articolo. Era fin troppo facile, scoprirono i Dryer, liquidare Czolgosz come “piuttosto stupido” e “noioso” Tuttavia, una simile valutazione era errata. Czolgosz era rimasto a scuola fino all’adolescenza, più a lungo di molti della sua classe sociale.

 

Era persino abbastanza ambizioso da frequentare per un certo periodo la Union Street School, un programma notturno a Cleveland. Il suo capo al lavoro non aveva altro che cose positive da dire sul suo rendimento, e aveva persino ottenuto delle promozioni. Sebbene non fosse destinato a diventare ricco, si guadagnava da vivere in modo dignitoso. C’era un’altra qualità che Czolgosz possedeva e che i Dryer non avevano notato: aveva sviluppato una mente curiosa e ciò che osservava del suo paese lo commuoveva molto.




Per ogni magnate che fumava sigari avvolti in banconote da cento dollari, per ogni donna della buona società che metteva un collare tempestato di diamanti al suo cane, per ogni playboy che trascorreva l’estate a navigare sullo yacht di papà, c’erano decine di migliaia di sarte, minatori di carbone e operai della catena di montaggio per i quali la vita era semplicemente una battaglia per l’esistenza. Eserciti di uomini, donne e bambini esausti (in molti casi intere famiglie) arrancavano attraverso i cancelli delle fabbriche sei e sette giorni alla settimana, svolgendo gli stessi compiti snervanti per 10, 12, 14 e persino 16 ore.

 

Gli stipendi giornalieri venivano contati in quarti e monetine da dieci centesimi. Un osservatore della vita nelle miniere di carbone della Pennsylvania descrisse le condizioni come ‘una di servitù assoluta. La vita non vale la pena di essere vissuta in tali circostanze’.

 

Una percentuale sorprendentemente alta di famiglie ha lottato in condizioni così spaventose. Verso la fine degli anni ’80 dell’Ottocento, una famiglia operaia di cinque persone aveva bisogno di un reddito annuo di circa 500 dollari per vivere in modo dignitoso.




I lavoratori qualificati delle fabbriche, come i soffiatori di vetro e i laminati di ferro, potevano facilmente raggiungere quella soglia, alcuni guadagnando più di $ 1.000 all’anno. I falegnami e i macchinisti non riuscivano a portare a casa uno stipendio del genere, ma riuscivano a sopravvivere quasi al punto di sussistenza. Per un sorprendente 40 percento della forza lavoro, tuttavia, coloro che lavoravano duramente nelle fabbriche senza competenze speciali, la vita era vissuta al di sotto della soglia di povertà, una lotta senza fine per arrivare a fine mese.

 

A un produttore di sigari di Cincinnati è stato chiesto come lui, sua moglie e i suoi tre figli vivessero con i suoi guadagni di $ 5 alla settimana. ‘Non vivo’, ha risposto.

 

 ‘Mangiamo carne una volta alla settimana, e il resto della settimana mangiamo pane secco e caffè nero’.

 

Come così tante persone fossero ridotte a questo stato miserabile non era certo un mistero. I grandi balzi nel progresso industriale erano in parte da biasimare.




Nuove invenzioni e tecniche di produzione hanno reso possibile produrre sempre di più con sempre meno lavoratori. Ad esempio, negli anni ’80 del XIX secolo, una persona era in grado di fare il lavoro che quattro uomini avevano realizzato qualche decennio prima. Nella lavorazione meccanica, un singolo ragazzo aveva sostituito dieci uomini qualificati. E in una miniera dell’Ohio, un direttore affermò che le macchine migliorate consentivano a 160 uomini di svolgere il lavoro di 500.

 

Nello stesso periodo, migliaia di immigrati che parlavano tedesco, italiano, polacco, cinese e altre lingue uscivano dalle stive delle navi nei porti americani ogni settimana. Nei trent’anni precedenti al 1900, il numero di lavoratori salariati negli Stati Uniti era più che raddoppiato, arrivando a diciotto milioni.

 

Per i dirigenti di fabbrica che affrontavano una forte concorrenza in mercati ampiamente non regolamentati, i lavoratori non rappresentavano altro che ingranaggi intercambiabili nel processo di produzione. Finché c’era una persona in attesa di un lavoro, i dirigenti concludevano che stavano pagando troppo la persona già impiegata.

 

I salari, non sorprendentemente, diminuirono costantemente. I guadagni degli immobili calarono dal 40 al 60 percento tra il 1873 e il 1877. I lavoratori tessili videro i loro redditi scendere del 45 percento tra il 1873 e il 1880. La cosa più scoraggiante era che poco o nulla i lavoratori e le lavoratrici potessero fare al riguardo. Tenersi testa al capo era una proposta rischiosa. ‘Posso assumere metà della classe operaia per far fuori l’altra metà’, si vantò una volta Jay Gould. Con una fortuna personale di 77 milioni di dollari al momento della sua morte, probabilmente aveva ragione.




Non protetti dal governo e ignorati dai loro datori di lavoro, i lavoratori erano soggetti a ogni genere di pericolo. L’aria piena di lanugine nelle fabbriche tessili del New England causava malattie polmonari. Si usavano sostanze chimiche tossiche con scarse misure di sicurezza. I padroni rinchiudevano spesso le sarte in stanze soffocanti, ignorando allegramente il terribile rischio di incendi.

 

Le obsolete attrezzature di sicurezza sui treni rendevano il lavoro sulle ferrovie uno dei lavori più pericolosi del paese, lasciando migliaia di uomini con arti schiacciati o piedi tagliati via dal materiale rotabile. In una fabbrica tessile, venivano imposte multe per essere in ritardo, mangiare al telaio, lavarsi le mani, sedersi e persino bere un sorso d’acqua.

 

La situazione più angosciante era quella dei bambini. Le famiglie alla disperata ricerca di denaro mandavano i loro piccoli a lavorare anziché insegnare loro a leggere e scrivere. Un rapporto del New Jersey del 1885 mostrava che dei 343.897 bambini in età scolare nello stato, 89.254 non ricevevano alcuna istruzione formale.

 

Nelle fabbriche tessili, i bambini erano apprezzati per le loro piccole dita perché sapevano aggiustare le bobine più facilmente degli adulti. Né i bambini ricevevano alcuna considerazione speciale nella durata della loro giornata lavorativa. Nelle fabbriche di Yorkville, New York, i bambini sotto i quattordici anni lavoravano undici ore al giorno. E nelle panetterie, bambini di appena nove anni iniziavano a lavorare alle 23:00 e aiutavano a preparare il pane fino alle 4:00 del mattino. 


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