CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

sabato 1 marzo 2025

PERCHE' QUEST' 'UOMO' (AGG.)

 









Prosegue con l'ultimo 


applauso (2) 


& l'intera Conversazione 






Originariamente l’intervento su cui recensito il libro della Fallaci, aveva un diverso accento; comunque finalizzato a sottolineare e ricalcare i toni su cui ‘costruito’ il violato Principio motivo dell’ispirazione a cui la nostra società, e chi al meglio l’interpreta, troppo spesso assoggettata, e di cui un Uomo, fedele al proprio Ideale percorre un Sentiero comune per chi tale Ideale difende fino all’estremo ultimo sacrificio.

 

Certo, per altri su cui la stessa Società costruita ed edificata con ben diversi ‘Principi’ ‘privati’ da qual si voglia ‘Ideali’, potremmo dire anche ‘purgati’: ‘Ideale e Sacrificio’ assumono un diverso aspetto, un intralcio su cui affidare gli apparenti ugual medesimi ‘Principi’ di ugual Costituzione la quale tutela o dovrebbe, custodire il Diritto e con essa il valore racchiuso nel Principio ‘umano’ su cui l’uomo, ovvero ogni libero cittadino, partecipa alla stessa da Essere libero; libero quindi di porre la sua ‘democratica’ scelta ogni qual volta ‘vota’ medesimo o diverso Principio, il quale a sua volta avvalora una determinata Costituzione in atto.

 

Quindi, il cittadino sia esso Russo, Americano, o Europeo, fino alle lontane terre della Mongolia, compie una determinata scelta la quale a sua volta avvalora e edifica un Principio e un simmetrico Ideale nel quale edifica il suo Essere ed appartenere ad una Società che lo stesso ritiene libera da qual si voglia tirannia, ed al meglio tutela i suoi Diritti sanciti da una Legge, per la sua ed altrui salvaguardia ogni volta viene attentata.

 

Nessun cittadino voterebbe e affiderebbe il proprio Libero Arbitrio ad una forma tirannica di Governo, al meno che non sia più un cittadino ma una macchina facente una funzione del tutto meccanica esulando dal Libero Pensiero, e la Libertà rinnegata da quando un Dio lo creò umano e non certo meccanizzato.

 

Pur avendo una certa diffidenza per amor di Natura con Cartesio, e ragionando con il cuore come un èvo antico, penso che nessuno mai ridurrebbe il suo Essere, il proprio Io, ad un meccanismo sincronizzato su cui lo Stato edifica un determinato Principio tutelandolo, per eccesso e/o difetto di Legge, da qual si voglia danno da un meccanismo del tutto meccanico a lui avverso.  

 

Sarebbe non più una Società civile ma un meccanismo che esula da ogni Principio umano, potremmo ben dire un Lego per bambini cresciuti, il quale compone un gioco economico vantaggioso e di cui la didattica edificazione aiuta il ‘bambino’ a crescere ma non certo comprendere la composizione ad incastro delle ‘singole’ parti, ritenendosi orgoglioso ogni qual volta la ‘costruzione’ assume un aspetto degno ed in qual medesimo tempo, didattico-pedagogico nell’abilità sempre più veloce del ‘gioco’, abilità di costruzione sempre più complessa e grande, esulando da altri fattori inerenti agli stessi Principi pedagogici con cui completare siffatta opera.

 

Di certo, se per l’intera infanzia si nobilita in suddetta arte ad incastro trascurando altre discipline di lui avremmo un ottimo operaio metalmeccanico, oppure, un altrettanto meccanico costruttore di opere le quali esulano da ogni fattore umano con cui costruito il suo ed altrui fattore umano.

 

Certo potremmo in Ragione di siffatta logica convivere in un Lego algoritmico su cui ogni cittadino, o bambino divenuto adulto suo malgrado, votato per un principio spacciato per democratico, vivere cogitare e soddisfare i propri bisogni primari in un Lego gigante di milioni di gigabyte di Memoria collettiva, ritenendosi del tutto felice e non aspirando ad altri indesiderati desideri umani essendo un Social derivato da un Lego sempre più libero e complesso! (Per ciò che possa comprendere circa libertà e socialità collettiva!)

 

Fin qui tutto bene!

 

Con lui parliamo e conversiamo, essendo noi stupidi e per di più democratici, investiti e votati per altri Ideali, talvolta desideriamo per medesimo grande giardino da ogni essere umano frequentato, anche una diversa Arte, una diversa presa di Coscienza per tutto ciò che ci circonda, e che, con ugual medesimo tempo evolutivo con o senza un Dio, ci ha edificato.

 

Fra il Lego e un bambino disadattato, stupido per suo ideale essendo diverso e non volendo più giocare con il Lego, ogni lettura scritto o diversa didattica natura che ricalca un Principio di Natura in disaccordo in questo piccolo Eden, e di cui si trastulla a tempo pieno e ben concentrato, la frattura apparirà evidente.

 

Ora essendomi dilungato in questo cattivo esempio in quanto ogni Stato fa del proprio cittadino un futuro burattino meccanizzato, ricordo ad il Papero Donaldo, e l’altro piccolo bambino che per il bene dell’umanità mai fosse nato e partorito su questa ed ogni Terra, che la ‘crescita’ e l’armonia non si costruiscono con una sola disciplina, sia essa economica di stampo capitalistico o ex comunista, unite da un reciproco antico patto d’’acciaio, in cui il bambino più o meno menomato del Pensiero si diletta e diletterà per un prossimo futuro piano quinquennale.

 

Ovvero, il povero bambino su questo Giardino, se ben ricordo nella sua difficile Infanzia, non ha mai conosciuto una civiltà democratica che contemplasse una diversa costruzione su cui edificare la didattica della propria vita. Vita martoriata dai lontani tempi in cui si baloccava da un campo di concentramento sino ad uno ospizio per bambini disadattati, e curati da una società del tutto meccanizzata e costruita con una logica da incastro da Lego iper-didattico.

 

Tutti questi bambini nati liberi, divennero burattini meccanizzati in decenni di false ‘costruzioni’ in cui si baloccavano per l’orgoglio del maestro o la maestra di medesima scuola. (la quale talvolta ci bacchetta e rimprovera nominandoci i valori della Storia e la Costituzione che, con nostro grande dolore, ne mortifica la Memoria!)

 

Ora vorrei rimembrare al Papero Donaldo, lui che pur conoscendo gli sviluppi di ugual principio economico dirottato da un Lego ad un futuro Algoritmo, che pur avendo trascurato questi medesimi Giardini e le letture di altri disadattati o più stupidi futuri cittadini, spendeva il suo tempo al gioco delle carte.

 

Con molti bambini giuocava a carte, infatti taluni maestri ci ricordano che il suo principio Logico con cui costruita la sua fortuna, la quale si appresta alla sfortuna collettiva, appartiene a questo ideale, partite sempre più perigliose con scommesse, puntate, e abilità nel gioco delle carte, chi più rischia ed alza la posta più detiene la possibilità di occupare il Giardino abusivamente, giacché spesso si fanno delle scommesse e poi ci si dedica ad altri giochi ancor più remunerativi e pericolosi.

 

Con questa abilità che esula da ogni buona lettura, o da un Lego costruito dall’inizio fino alla all’orario di chiusura del medesimo Giardino, con cui spendere e condividere la sofferta infanzia, si può arrivare a Governare una città intera la quale con questa stessa abilità d’un gioco più complesso, edifica una Società quasi per scommessa.

 

Noi che non abbiamo le carte né Lego né Algoritmo, e amanti di un buon Libro, di un buon Scritto, d’un Sogno antico in armonia con l’intera Natura, di questo Boss nutriamo un poco di paura, ci ruba la merendina, ci sfotte ed insulta, si allea con altri della banda vicina. Insomma ci esilia da un pubblico Giardino, ad un campo lontano e indeterminato privati del nostro gioco preferito raccomandato da Dio.  

 

Purtroppo al Papero Donaldo vorremo dire, assieme e con lui associato, che ci sembra un bambino cresciuto nostro malgrado, un bambino viziato più dedito ad un gioco pericoloso con cui costruire una civiltà che esula da ogni diverso Principio ed Ideale, che il suo gioco sempre più complesso ed in armonia con ogni sala giochi, può andare bene per una Fiera ambulante e di passaggio, per un Circo con cui la fiera si accompagna nei numeri più difficili fino alle propaggini del domatore d’oriente, ove se ben vedete, sporge la bestia qual uomo che èra, ben domata compiere il numero preferito, mentre l’acrobata lancia la donna cannone e l’intera corrazzata edificata con un Lego e la nuova app.; correre su di un invisibile filo per lo stupore d’ogni bambino.

 

L’intera bombarda assomiglia infatti, ad un Fiera da Circo del fine settimana, e una beata infanzia mai consumata, non meno d’una intera Storia mai narrata e vissuta secondo i canoni della democratica consapevolezza di appartenere ad un Giardino pubblico con cui contemplare e consumare l’intera esistenza, per tutti coloro che non hanno avuto il destino di viverla secondo questi canoni e/o principi pedagogici, raccomandiamo di assumerne ‘consapevole consapevolezza’ giacché la loro infanzia è stata ed è alquanto e troppo sofferta.

 

È la Storia del pubblico Giardino che la rimembra, e al Dio che la contraddistingue e tutela, nell’astenersi dalla merendina della mela, consumando altro e più nobile cibo di natura ancor viva, raccomandiamo un diverso eco: noi che abbiamo avuto la sfortuna di esseri trascurati da questa profezia a cielo aperto.

 

Perché Dio ci hai così trascurato? 


(Giuliano)



 




AL TIRANNO!

 













Ma è così difficile definire una fatica che ci appartiene. È poi si tratta di un libro così complesso, di un libro pieno di libri. Guarda, potrei dirti che è un romanzo Ideologico: molti fra coloro che l'hanno letto sostengono che È anzitutto un romanzo ideologico. Ed È vero, senza dubbio

È un romanzo Ideologico.

Potrei dirti che è un romanzo Verità: quasi tutti fra coloro che l'hanno letto lo definiscono un romanzo Verità. Ed È vero, senza dubbio

È anche un romanzo Verità.




Potrei dirti che è un romanzo sul Potere e l'anti Potere: alcuni  lo vedono come un romanzo sul Potere e l'anti Potere.

Ed è vero, è anche un romanzo sul Potere e l'anti Potere.

Altri lo vedono come un romanzo classico costruito come il romanzo inglese dell'Ottocento; altri come un romanzo moderno costruito con gli elementi della tragedia greca... Il fatto è che come ogni altra fatica, ogni altro lavoro, quando un libro è concluso vive di vita propria. E diventa ci che vi vedono gli altri. Non È più ci che l'autore voleva che fosse.




Domanda: E tu, cosa volevi che fosse?

Un libro sulla solitudine dell'individuo che rifiuta d'essere catalogato, schematizzato incasellato dalle mode dalle ideologie, dalle società, dal Potere.

Un libro sulla tragedia del poeta che non vuol essere e non è uomo massa, strumento di coloro che comandano, di coloro che promettono, di coloro che spaventano; siano essi a destra o a sinistra o al centro o all'estrema destra o all'estrema sinistra o all'estremo centro.

Un libro sull'eroe che si batte da solo per la libertà e per la verità, senza arrendersi mai, e per questo muore ucciso da tutti: dai padroni e dai servi, dai violenti e dagli indifferenti….*1





[*1 Consiglio e rinnovo la lettura di questo attualissimo capolavoro, dopo aver assistito nostro malgrado all’orgia del potere in Atto, e rappresentata a Scena aperta come la vera premessa di una Tragedia… 

Per poi esser devoluta al peggior male di questa ed ogni Terra…  

(di cui vittime e  carnefici per il beneficio della platea intera, affinché la Verità non venga ‘procacciata’ e ‘ristabilita’, ne tantomeno accordata al più debole e indifeso, in seno alla Memoria collettiva; la qual Memoria per sua benefica natura ne ravviva la miglior comprensione illuminando la nostra ed altrui Ragione, così da poterci incamminare su questo ed ogni Sentiero, armati di sana e duratura Esperienza, attraverso la consapevole Coscienza di non smarrirci in un futuro Labirinto ad uso e consumo della Tirannia… e tutti coloro che l’omaggiano e riveriscono a tempo pieno… e indeterminato…), 

Ed ove gli interpreti… 

…circondati da una vasta corte di primi & secondi Attori, con gli immancabili cortigiani del Tiranno, avversare di comune accordo il vero ed antico Re vittima d’una antica Tragedia, e di cui la congiura ne rinnova i libri di Storia; per poi divenire ispirazione ove raccogliere, e ancor meglio comprendere, la realtà della Farsa inscenata non ancora Commedia.  

La quale per sua difettevole dubbia natura, supera ogni immaginabile interpretazione e futura sceneggiatura ad uso dei media, d’un ciarlatano Primo Attore di teatro ambulante e l’impero su cui edificare un nuovo ed ancor più vantaggioso inganno. 

Che il legittimo Re sia accorto e saggio, di questi ed altri ciarlatani il mondo intero ne è colmo a tempo pieno, di questi ambulanti con i loro medicamenti ne abbiamo colme le Fiere d’ogni Paese…  

Consiglio vivamente, come poco sopra dico e dicevo ancora, la lettura di questo Saggio - più Poeta che tiranno - anche lui sacrificato in codesta Stagione afflitta e non solo dal morbo o dalla Peste (tele)comandata, di cui la Poesia divenuta un oltraggio ai gigabyte di Memoria accordata; contratta e contesa nel numero aggiornato dei morti ancora in vita, e la vita destinata ad una fine prematura, dimenticata ed abdicata all’odierno Veleno distillato e rivenduto nonché spacciato per antidoto; come il caso del Re e il prode Tiranno! 

Consiglio vivamente la lettura della Poesia se ancora siete in Vita percorsa su questo Sentiero deriso e calunniato, giacché in ogni Uomo perseguitato si nasconde ogni Stagione negata ed alla croce del Teschio condannata! Che il Golgata compia la sua triste sentenza e a Ponzio, il milite che transita ad ogni hora su questa Tragedia, ne ravviviamo l’antica Memoria derisa. 

Che abbia cura della sua eterna ed elegante divisa, senza quella si intravede ed intuisce il nulla della qualificata mostrina ornare e decorare la vera e duratura tirannia! 

Per il resto non abbia cura di comprenderne la vera sostanza, nello sforzo il pensiero potrebbe dirottare la Ragione al corto-circuito della ‘massa’ pari al valore disgiunto dell’Ideale per sempre avversato (in nome e per conto dello Stato celebroleso e per sempre servito con alto grado di sacrificio!). 

Consiglio vivamente la lettura del Tomo giacché l’inganno si paventa - maschera ed evolve - come ed al pari d’una antica peste di cui si nutre qual benefico ornamento dell’orrore. 

Lo puoi incontrare con l’eterno sorriso d’offesa subita ma quantunque arrecata divenuta smorfia di disprezzo qual motto del futuro progresso! 

Lo puoi incontrare ovunque vi sia un Uomo destinato alla Verità avversato dall’immancabile ‘citofono-telecomandato’, ad uso della calunnia  accompagnata all’oltraggio sponsorizzato dall’X uncinata del nuovo implacabile sovrano,… al bivio di ritorno o all’inizio del Viaggio. 

Lo puoi incontrare ovunque, con la casacca e la penna del Regime solo per poterti confessare, o peggio, sussurrare alla conchiglia atrofizzata di questa Deriva, di questo strato di Vita, di questa Stratigrafia rinata e risorta: 

“son io il nuovo Giuda lo sponsorizzo per ogni Sentiero di questa ed ogni Via nel beneficio della futura economia; tu un povero inutile Uomo senza patria e Diritto, abbiamo confuso anche quello per ogni cosa che conta ed evolve in nome e per conto nel Potere ingannare la Legge!”. 

Lo puoi vedere con una nuova maschera sul volto e la camicia d’un diverso ugual medesimo monocromatico monotono colore con su inciso l’antico motto, ciarlare stesse identiche dottrine confuse e condite d’inutili frammentate parole, abdicare la Vita e confondere anche la Morte! 

Lo puoi vedere barattare ogni Stagione che muore e al meglio dovrebbe Risorgere, con un’insolita Poesia d’Amore, abbracciare la Morte che risorge e promettere la Vita in nome e per conto del nuovo Regime di terrore. 

Zi zi zi… lo puoi vedere ed anche sentire se solo questa Stagione riesce a distinguerne le inutili parole avvelenare ogni Uomo e l’Infinita Stagione che muore…]   
   
     


Zi, zi, zi! Vive, vive, vive!


Un ruggito che non aveva nulla di umano. Infatti non ossessivo, spazzando qualsiasi altro suono, scandendo la grande menzogna.

Zi, zi, zi! Vive, vive, vive! Un ruggito che non aveva nulla di umano. Infatti non si alzava da esseri umani, creature con due braccia e due gambe e un pensiero proprio, si alzava da una bestia mostruosa e senza pensiero, la folla, la piovra che a mezzogiorno, incrostata di pugni chiusi, di volti distorti, di bocche contratte, aveva invaso la piazza della cattedrale ortodossa poi allungato i tentacoli nelle strade adiacenti intasandole, sommergendole con l'implacabilità della lava che nel suo straripare divora ogni ostacolo, assordandole con il suo zi, zi, zi.

Sottrarsene era illusione.




Alcuni tentavano, e si chiudevano nelle case, nei negozi, negli uffici, ovunque sembrasse di trovare un riparo, non udire almeno il ruggito, ma filtrando attraverso le porte, le finestre, i muri, esso gli giungeva ugualmente agli orecchi sicché dopo un poco finivano con l'arrendersi al suo sortilegio.

Col pretesto di guardare uscivano, andavano incontro a un tentacolo e ci cadevano dentro, diventavano anche loro un pugno chiuso, un volto distorto, una bocca contratta.

Zi, zi, zi!




E la piovra cresceva, si spandeva in sussulti, a ciascun sussulto altri mille, altri diecimila, altri centomila. Alle due del pomeriggio erano cinquecentomila, alle tre un milione, alle quattro un milione e mezzo, alle cinque non si contavano più. Non venivano soltanto dalla città, da Atene. Venivano anche da lontano, dalle campagne dell'Attica e dell'Epiro, dalle isole dell'Egeo dai villaggi del Peloponneso, della Macedonia, della Tessaglia: coi treni, coi battelli, con gli autobus, creature con due braccia e due gambe e un pensiero proprio prima che la piovra li inghiottisse, contadini e pescatori con l'abito della domenica, operai con la tuta, donne coi bambini, studenti.

Il popolo insomma.




Quel popolo che fino a ieri t'aveva scansato, lasciato solo come un cane scomodo, ignorandoti quando dicevi non lasciatevi intruppare dai dogmi, dalle uniformi, dalle dottrine, non lasciatevi turlupinare da chi vi comanda, da chi vi promette, da chi vi spaventa, da chi vuole sostituire un padrone con un nuovo padrone, non siate gregge per Dio, non riparatevi sotto l'ombrello delle colpe altrui, lottate, ragionate col vostro cervello, ricordate che ciascuno è qualcuno, un individuo prezioso, responsabile, artefice di se stesso, difendetelo il vostro io, nocciolo di ogni libertà, la libertà è un dovere, prima che un diritto è un dovere.

Ora ti ascoltavano, ora che eri morto.




Dirigendosi verso la piovra portavano il tuo ritratto, cartelli di minacce e di sfida, bandiere, ghirlande di alloro, corone a forma di A, di P, di Z, A per Alekos, P per Panagulis, Z per zi, zi, zi. Quintali di gardenie, garofani, rose. E faceva un caldo atroce quel mercoledì 5 maggio 1976, il puzzo dei petali cotti appestava, mi toglieva il respiro quanto la certezza che tutto ciò non sarebbe durato che un giorno, poi il ruggito si sarebbe spento, il dolore si sarebbe dissolto nell'indifferenza, la rabbia nell'ubbidienza, e le acque si sarebbero placate morbide molli obliose sul gorgo della tua nave affondata: il Potere avrebbe vinto ancora una volta.

L'eterno Potere che non muore mai, cade sempre per risorgere dalle sue ceneri, magari credi di averlo abbattuto con una rivoluzione o un macello che chiamano rivoluzione e invece rieccolo, intatto, diverso nel diverso nel colore e basta, qua nero, là rosso, o giallo o verde o viola, mentre il popolo accetta o subisce o si adegua.

Per questo sorridevi quel sorriso impercettibile, amaro e beffardo?




Impietrita dinanzi alla bara col coperchio di cristallo che esibiva la statua di marmo, il tuo corpo, gli occhi fissi al sorriso amaro e beffardo che ti increspava le labbra, aspettavo il momento in cui la piovra sarebbe irrotta nella cattedrale per rovesciarti addosso il suo amore tardivo, e un terrore mi svuotava insieme allo strazio.

I portali erano stati sprangati, puntellati con sbarre di ferro, ma colpi irosi li scuotevano selvaggiamente e da invisibili brecce i tentacoli si stavano già insinuando. Si avvinghiavano alle colonne delle arcate, gocciolavano dalle balaustre del gineceo, si aggrappavano alle grate dell'iconostasi;  intorno al catafalco s'era formato un cratere che di minuto in minuto diventava più angusto: per arginare la spinta che mi premeva ai fianchi, alla schiena, dovevo appoggiarmi al coperchio di cristallo. Questo era molto angoscioso perché temevo di romperlo, caderti sopra e sentire di nuovo il freddo che mi aveva morso le mani quando all'obitorio ci eravamo scambiati gli anelli, al tuo dito quello che avevi messo al mio dito e al mio dito quello che avevo messo al tuo dito, senza leggi ne contratti, un giorno di gioia, ormai tre anni fa, ma non esisteva altro appiglio lì dentro: anche il cordone che all'inizio separava dal catafalco era stato succhiato via dalle ondate dei mitomani, dei curiosi, degli avvoltoi smaniosi di sistemarsi in prima fila per mettersi in mostra, recitare un ruolo nella commedia.




I servi del Potere, anzitutto, i rappresentanti del perbenismo culturale e parlamentare, giunti facilmente al cratere perché la piovra si scosta sempre quando essi scendono dalle limousine, prego eccellenza s'accomodi. E guardali mentre se ne stanno compunti coi loro doppio petti grigi, le loro camicie immacolate, le loro unghie curate, la loro vomitevole rispettabilità.

Poi i bugiardi che raccontano di opporsi al Potere, i demagoghi, i mestieranti della politica lercia cioè i leader dei partiti con la poltroncina, giunti a gomitate non perché la piovra si rifiutasse di lasciarli passare ma perchè li voleva abbracciare.




…E guardali mentre esibiscono la loro aria afflitta, si accertano di sotto le ciglia che i fotografi siano pronti a scattare, si chinano a deporre sulla bara le loro leccate di Giuda, appannare il cristallo con sbavature di lumaca.

Poi coloro che chiamavi rivoluzionari del cazzo, futuri seguaci dei fanatici, degli assassini che sparano revolverate in nome del proletariato e della classe operaia aggiungendo abusi agli abusi, infamie alle infamie, potere essi stessi.

…E guardali mentre alzano il pugno, gli ipocriti, con le loro barbette di falsi sovversivi, la loro grinta borghese di burocrati a venire, padroni a venire.




Infine i preti, sintesi d'ogni potere presente e passato e futuro, di ogni prepotenza, di ogni dittatura. E guardali mentre si pavoneggiano nelle loro tonache oscure, coi loro simboli insensati, i loro turiboli d'incenso che annebbia gli occhi e la mente. In mezzo ad essi il Gran Sacerdote, il patriarca della chiesa ortodossa che ammantato di seta viola, grondante di ori e di collane, di croci preziose, zaffiri rubini smeraldi, salmodiava Peonia imì tu esù.

D'un tratto esplose un tonfo spaventoso, il portale di centro cedette e la piovra traboccò all'interno schiumando, rotolando i suoi getti di lava. Si levarono urla di paura, invocazioni di aiuto, e il cratere si strinse in un  gorgo che mi scaraventò sulla bara per seppellirmi con un peso assurdo, perdermi in un buio nel quale si distingueva appena la sagoma del tuo visino pallido, delle tue braccia incrociate sul petto, e il luccichio dell'anello. Sotto di me il catafalco oscillava, il coperchio di cristallo scricchiolava: ancora un po' e si sarebbe frantumato come temevo.

Indietro, animali, volete mangiarlo?

(Fallaci, un Uomo)