CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

sabato 15 dicembre 2018

RACCONTO D'INVERNO (25)










































Precedenti capitoli:

La natura della menzogna (24)

Prosegue in:

L'Uomo venuto dal freddo (26)  &

Il Primo Dio (27) &

Preposizioni Ermetiche (28)













E’ un racconto d’inverno
                       
Che il crepuscolo cieco di neve traghetta sui laghi/E i campi galleggianti, dal podere nella conca delle valli,/E scivola via senza vento tra i fiocchi avvolti da mani,/Col pallido fiato del bestiame nella vela furtiva…




E la fredda caduta di stelle,/E il sentore di fieno nella neve, e il lontano ammonimento/Del gufo dagli ovili, e il gelido chiuso affollato/Dal bianco gregge che fuma dal camino della casa fra i campi/Nelle valli viaggiate dal fiume dove il racconto fu narrato…




Un giorno che il mondo invecchiava/Su una stella di fede pura come il pane ammucchiato dal vento,/Come le fiamme e il nutrimento della neve, un uomo svolse/Il rotolo di fuoco che bruciava nella sua testa e nel suo cuore,/Solo e tormentato in una casa di campagna in un ovile…




Di campi. E allora ardendo/Nella sua isola dai bagliori di fuoco, circondata da ali di neve,/Fra i mucchi di letame candidi come lana e le galline appollaiate/Che dormono, tutte gelate, finché la fiamma del canto del gallo/Non rastrelli le aie ammantate, e gli uomini del mattino…




Escano con la vanga, inciampicando,/E il bestiame si muova, il gatto cerchi i topi con passo felpato,/Gli uccelli in caccia saltellino arruffati, le ragazze del latte/Gìrino in zoccoli leggère sopra il cielo caduto, e tutta quanta/La fattoria si svegli alle sue bianche faccende…




Egli s'inginocchiò, e pianse, e pregò,/Presso lo spiedo e il nero paiolo al chiarore del ceppo,/Presso la ciotola e il pane tagliato fra le ombre danzanti,/Nella casa imbacuccata, nel vivo della notte,/In punto d'amore, sgomento e abbandonato… 




S'inginocchiò sulle gelide pietre,/Pianse dalla vetta del dolore, pregò il cielo velato/Che la sua fame se ne andasse urlando su bianche ossa spogliate,/Oltre le statue delle scuderie e i porcili dal tetto di cielo/E lo stagno vitreo delle anatre e le accecanti stalle delle mucche…




Solitaria alla casa delle preghiere/E dei fuochi, dov'egli andrebbe in cerca di preda nella nuvola/Del suo amore cieco di neve e balzerebbe nelle candide tane./Il suo bisogno nudo lo sferzava urlante e prostemato,/Benché non s'udisse alcun suono per l'aria avvolta da mani…




Ma solo il vento che accordava/La fame degli uccelli nei campi del pane fatto d'acqua, agitati/Nel grano alto, il raccolto disciolto sulle lingue./E il suo bisogno innominato lo incatenò smarrito e bruciante,/Mentre freddo come neve avrebbe voluto viaggiare le valli…




Tra i fiumi sboccanti nel buio,/E affogare nei flutti del suo desiderio, e rannicchiarsi/Nel centro sempre bramoso della candida culla/Inumana e nel letto nuziale in eterno anelato/Dal credente perduto e dal reietto escluso dalla luce…




Sàlvalo, gridò allora,/Perdèndolo tutto nell'amore, e scaglia il suo desiderio/Nudo e solo nell'abisso della sposa,/Perché mai cresca nei campi del candido seme o germogli/Sotto la carne morente del tempo a cavalcioni…




Ascolta./I menestrelli cantano/Nei villaggi defunti./ L'usignuolo,/Polvere nel bosco sepolto, vola con ali sfarinate/Sillabando ai venti dei morti il suo racconto d'inverno./La voce della polvere dell'acqua narra dalla sorgente…




Disseccata. Il torrente aggrinzito/Balza con acque latranti e campane./La rugiada tintinna/Sopra le foglie triturate e sul dissolto scintillio della provincia/Della neve./Le bocche scolpite nella roccia sono corde sfiorate!/Dal vento. Il tempo canta dal morto intrico del bucaneve./Ascolta…




Una mano, o un suono,/Nel paese di tanto tempo fa, aprì la nera porta,/E là fuori, sul pane della terra, s'alzò un uccello-donna/E sfolgorò come una sposa in fiamme./Come un'alba spuntò/E il suo petto aveva piume di porpora e di neve…




Guarda./E sul morto prato/Cespuglioso di neve danzano i ballerini, lascivi al chiaro di luna/Come polvere di colombi./Esultanti, i solenni cavalli, morti/Centauri, girano scalpitando nei bianchi recinti inzuppati/Delle fattorie degli uccelli./ La quercia morta va in cerca d'amore…




Le membra scolpite nella roccia/Sussultano, come a trombe./Danza la calligrafia d'antichissime foglie./I segni dell'età sopra le pietre s'intessono in un bioccolo./La voce d'arpa della polvere dell'acqua pizzica le sue corde in un ovile/Di campi./Per amore, risorge l'uccello-donna d'un tempo./Guarda…




E le ali selvagge si levarono/Sopra il suo capo avvolto, e la voce di soffice piuma/Volò attraverso la casa come un inno di lode,/E tutti gli elementi della lenta caduta gioirono che un uomo/S'inginocchiasse solitario nella conca delle valli…




Nel manto e nella calma,/Presso lo spiedo e il nero paiolo, al chiarore del ceppo./E il cielo degli uccelli nella voce piumata lo sedusse ad alzarsi,/Ed egli corse come vento dietro il volo di fiamma, oltre i ciechi granai,/Oltre le stalle delle mucche della fattoria senza vento…





Nei poli dell'anno, mentre i merli/Simili a preti morivano sulle siepi ammantate, e sulla tunica/Delle contee cavalcando i colli lontani s'appressavano,/Sotto alberi dall'unica foglia uno spauracchio di neve/Corse attraverso le macchie con corna di cervo, mucchio di stracci…





E di preghiere, giù per le collinette/Alte fino al ginocchio, e a voce alta sui laghi intirizziti,/Tutta la notte sperduto e a lungo seguendo le tracce della femmina-Uccello, attraverso i tempi e le terre e le tribù dei lenti fiocchi./Ascolta e guarda dove ella veleggia sul mare d'oche spiumate:





Il cielo, l'uccello, la sposa,/La nube, il desiderio, le stelle seminate, la gioia/Oltre i campi del seme e della carne morente del tempo a cavalcioni,/Il paradiso, il cielo, la tomba, l'acquasantiera ardente./Nel paese d'allora, si spalancò la porta della sua morte…




E l'uccello discese./Su un colle bianco come pane sulla fattoria nella conca/Sui laghi e i campi galleggianti e le valli viaggiate dal fiume/Dov'egli implorava di giungere al male estremo e alla casa/Delle preghiere e dei fuochi, il racconto ebbe fine... 




La danza smuore sul bianco!/Che più non rinverdisce e, morto menestrello,/Il canto s'interrompe nei villaggi dei sogni calzati di neve/Che un tempo scolpivano forme d'uccelli nel pane alto/E sui laghi invetriati pattinavano profili di pesci…





Volanti. Il rito è amputato/Dell'usignolo e del cavallo, centauro morto./Le sorgenti disseccano./I segni dell'età sulle pietre dormono nell'attesa delle trombe/Dell'alba./L'esultanza è abbattuta. il tempo seppellisce la stagione/Primaverile che scampanò e balzò con il fossile e la rugiada rinata…





Poiché ella giacque/In un coro di ali, come dormisse o fosse morta,/E le ali s'aprirono e l'uomo con inni fu congiunto,/E tra le cosce della sposa risucchiante,/Uccello dai seni di donna e dalla testa di cielo…





Fu condotto/A bruciare nel letto nuziale dell'amore,/Nel gorgo del centro voglioso, negli ovili/Del paradiso, nel bocciuolo rotante del mondo./Ed ella sorse con lui, fiorita in neve disciolta…

(T. Dylan; Fotografie di G. Lazzari)













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