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Il Primo Dio (27) &
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E’ un racconto
d’inverno
Che il
crepuscolo cieco di neve traghetta sui laghi/E i campi galleggianti, dal podere
nella conca delle valli,/E scivola via senza vento tra i fiocchi avvolti da
mani,/Col pallido fiato del bestiame nella vela furtiva…
E la
fredda caduta di stelle,/E il sentore di fieno nella neve, e il lontano
ammonimento/Del gufo dagli ovili, e il gelido chiuso affollato/Dal bianco
gregge che fuma dal camino della casa fra i campi/Nelle valli viaggiate dal
fiume dove il racconto fu narrato…
Un
giorno che il mondo invecchiava/Su una stella di fede pura come il pane
ammucchiato dal vento,/Come le fiamme e il nutrimento della neve, un uomo
svolse/Il rotolo di fuoco che bruciava nella sua testa e nel suo cuore,/Solo e
tormentato in una casa di campagna in un ovile…
Di
campi. E allora ardendo/Nella sua isola dai bagliori di fuoco, circondata da
ali di neve,/Fra i mucchi di letame candidi come lana e le galline appollaiate/Che
dormono, tutte gelate, finché la fiamma del canto del gallo/Non rastrelli le
aie ammantate, e gli uomini del mattino…
Escano
con la vanga, inciampicando,/E il bestiame si muova, il gatto cerchi i topi con
passo felpato,/Gli uccelli in caccia saltellino arruffati, le ragazze del latte/Gìrino
in zoccoli leggère sopra il cielo caduto, e tutta quanta/La fattoria si svegli
alle sue bianche faccende…
Egli
s'inginocchiò, e pianse, e pregò,/Presso lo spiedo e il nero paiolo al chiarore
del ceppo,/Presso la ciotola e il pane tagliato fra le ombre danzanti,/Nella
casa imbacuccata, nel vivo della notte,/In punto d'amore, sgomento e
abbandonato…
S'inginocchiò
sulle gelide pietre,/Pianse dalla vetta del dolore, pregò il cielo velato/Che
la sua fame se ne andasse urlando su bianche ossa spogliate,/Oltre le statue delle
scuderie e i porcili dal tetto di cielo/E lo stagno vitreo delle anatre e le
accecanti stalle delle mucche…
Solitaria
alla casa delle preghiere/E dei fuochi, dov'egli andrebbe in cerca di preda
nella nuvola/Del suo amore cieco di neve e balzerebbe nelle candide tane./Il
suo bisogno nudo lo sferzava urlante e prostemato,/Benché non s'udisse alcun
suono per l'aria avvolta da mani…
Ma solo
il vento che accordava/La fame degli uccelli nei campi del pane fatto d'acqua,
agitati/Nel grano alto, il raccolto disciolto sulle lingue./E il suo bisogno
innominato lo incatenò smarrito e bruciante,/Mentre freddo come neve avrebbe
voluto viaggiare le valli…
Tra i
fiumi sboccanti nel buio,/E affogare nei flutti del suo desiderio, e
rannicchiarsi/Nel centro sempre bramoso della candida culla/Inumana e nel letto
nuziale in eterno anelato/Dal credente perduto e dal reietto escluso dalla luce…
Sàlvalo,
gridò allora,/Perdèndolo tutto nell'amore, e scaglia il suo desiderio/Nudo e
solo nell'abisso della sposa,/Perché mai cresca nei campi del candido seme o
germogli/Sotto la carne morente del tempo a cavalcioni…
Ascolta./I
menestrelli cantano/Nei villaggi defunti./ L'usignuolo,/Polvere nel bosco
sepolto, vola con ali sfarinate/Sillabando ai venti dei morti il suo racconto
d'inverno./La voce della polvere dell'acqua narra dalla sorgente…
Disseccata.
Il torrente aggrinzito/Balza con acque latranti e campane./La rugiada tintinna/Sopra
le foglie triturate e sul dissolto scintillio della provincia/Della neve./Le
bocche scolpite nella roccia sono corde sfiorate!/Dal vento. Il tempo canta dal
morto intrico del bucaneve./Ascolta…
Una
mano, o un suono,/Nel paese di tanto tempo fa, aprì la nera porta,/E là fuori,
sul pane della terra, s'alzò un uccello-donna/E sfolgorò come una sposa in
fiamme./Come un'alba spuntò/E il suo petto aveva piume di porpora e di neve…
Guarda./E
sul morto prato/Cespuglioso di neve danzano i ballerini, lascivi al chiaro di
luna/Come polvere di colombi./Esultanti, i solenni cavalli, morti/Centauri,
girano scalpitando nei bianchi recinti inzuppati/Delle fattorie degli uccelli./
La quercia morta va in cerca d'amore…
Le
membra scolpite nella roccia/Sussultano, come a trombe./Danza la calligrafia
d'antichissime foglie./I segni dell'età sopra le pietre s'intessono in un bioccolo./La
voce d'arpa della polvere dell'acqua pizzica le sue corde in un ovile/Di campi./Per amore, risorge l'uccello-donna d'un tempo./Guarda…
E le ali
selvagge si levarono/Sopra il suo capo avvolto, e la voce di soffice piuma/Volò attraverso la casa come un inno di lode,/E tutti gli elementi della lenta caduta gioirono che un uomo/S'inginocchiasse
solitario nella conca delle valli…
Nel
manto e nella calma,/Presso lo spiedo e il nero paiolo, al chiarore del ceppo./E
il cielo degli uccelli nella voce piumata lo sedusse ad alzarsi,/Ed egli corse
come vento dietro il volo di fiamma, oltre i ciechi granai,/Oltre le stalle
delle mucche della fattoria senza vento…
Nei poli dell'anno, mentre i merli/Simili a preti morivano sulle siepi ammantate, e sulla tunica/Delle contee cavalcando i colli lontani s'appressavano,/Sotto alberi dall'unica foglia uno spauracchio di neve/Corse attraverso le macchie con corna di cervo, mucchio di stracci…
E di
preghiere, giù per le collinette/Alte fino al ginocchio, e a voce alta sui
laghi intirizziti,/Tutta la notte sperduto e a lungo seguendo le tracce della femmina-Uccello, attraverso i tempi e le terre e le tribù dei lenti fiocchi./Ascolta
e guarda dove ella veleggia sul mare d'oche spiumate:
Il
cielo, l'uccello, la sposa,/La nube, il desiderio, le stelle seminate, la gioia/Oltre
i campi del seme e della carne morente del tempo a cavalcioni,/Il paradiso, il
cielo, la tomba, l'acquasantiera ardente./Nel paese d'allora, si spalancò la
porta della sua morte…
E
l'uccello discese./Su un colle bianco come pane sulla fattoria nella conca/Sui laghi e i campi galleggianti e le valli viaggiate dal fiume/Dov'egli
implorava di giungere al male estremo e alla casa/Delle preghiere e dei fuochi,
il racconto ebbe fine...
La danza
smuore sul bianco!/Che più non rinverdisce e, morto menestrello,/Il canto s'interrompe nei villaggi dei sogni calzati di neve/Che un tempo
scolpivano forme d'uccelli nel pane alto/E sui laghi invetriati pattinavano
profili di pesci…
Volanti.
Il rito è amputato/Dell'usignolo e del cavallo, centauro morto./Le sorgenti disseccano./I segni
dell'età sulle pietre dormono nell'attesa delle trombe/Dell'alba./L'esultanza è abbattuta. il tempo seppellisce la stagione/Primaverile
che scampanò e balzò con il fossile e la rugiada rinata…
Poiché
ella giacque/In un coro di ali, come dormisse o fosse morta,/E le ali
s'aprirono e l'uomo con inni fu congiunto,/E tra le cosce della sposa
risucchiante,/Uccello dai seni di donna e dalla testa di cielo…
Fu
condotto/A bruciare nel letto nuziale dell'amore,/Nel gorgo del centro
voglioso, negli ovili/Del paradiso, nel bocciuolo rotante del mondo./Ed ella
sorse con lui, fiorita in neve disciolta…
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