CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

sabato 20 aprile 2019

ACHAB...: OVVERO L'ANIMA DELL'AMMIRAGLIO (1)





















































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L'uomo della Natura  &

Finché c'è Leonardo...

Prosegue in:

Achab: l'anima dell'ammiraglio (2)













....Se aveste seguito il capitano Achab in cabina…




...dopo la burrasca, la notte che seguì quella selvaggia ratifica del suo progetto da parte della ciurma, l’avreste veduto avvicinarsi all’armadio nello specchio di poppa, tirarne fuori un grosso rotolo spiegazzato di carte marine ingiallite, e aprirsele davanti sul tavolo avvitato.

E poi l’avreste veduto sedersi a studiare tutto assorto le varie linee e ombreggiature che vi scorgeva, e tracciare con matita lenta e sicura altre linee su spazi che prima erano vuoti. Ogni tanto ricorreva a mucchi di vecchi giornali di bordo che aveva accanto, dove erano annotate le stagioni e i posti in cui, nel corso dei viaggi di varie altre navi, erano stati catturati o visti dei capodogli.




Mentre lavorava così, la pesante lampada di peltro sospesa con catene sulla sua testa oscillava continuamente al muoversi della nave, e di continuo sulla fronte segnata di rughe gli passavano sprazzi di luce e righe d’ombra, tanto che quasi pareva che una matita invisibile, mentre Achab segnava linee e rotte sulle carte gualcite, gli andasse tracciando anch’essa linee e rotte sulla carta profondamente incisa della fronte.

Ma non fu quella l’unica notte in cui, nella solitudine della cabina, Achab si mettesse a meditare sulle sue carte. Le tirava fuori quasi ogni notte. Quasi ogni notte qualche segno di matita veniva cancellato, e altri sostituiti. In realtà, con le carte di tutti e quattro gli oceani davanti, Achab andava tracciando un percorso per un dedalo di correnti e di gorghi, mirando a rendere più sicuro il successo di quell’idea che gli ossessionava l’anima.

Ora, a chiunque non conosca bene le abitudini dei cetacei, cercare in quel modo un’unica bestia solitaria negli oceani senza fondo del nostro pianeta potrebbe sembrare un compito assurdo e disperato. Ma non così pareva ad Achab, che conosceva le leggi di tutte le maree e le correnti, e calcolando da lì le derive del cibo dei capodogli, e tenendo poi presenti le stagioni regolari e accertate in cui li si poteva cacciare in determinate latitudini, poteva calcolare con un grado di probabilità che era quasi certezza il tempo più adatto per trovarsi in questa o quella zona di caccia alla ricerca della sua preda.




In realtà l’afflusso periodico dei capodogli in determinate acque è un fatto così assodato, da far pensare a molti cacciatori che se si potesse studiare e osservare da vicino l’animale nei suoi viaggi, e confrontare accuratamente i giornali delle singole crociere dell'intera flotta baleniera, si troverebbe che le migrazioni del capodoglio corrispondono per invariabilità a quelle dei banchi di aringhe, o ai voli delle rondini.

Su queste supposizioni sono stati fatti tentativi per tracciare elaborate carte migratorie del capodoglio. Inoltre, nel passare da una zona di pascolo a un’altra, i capodogli, guidati da qualche istinto infallibile, o diciamo piuttosto da qualche segreto avvertimento divino, nuotano per lo più, come dicono i marinai, in vene, viaggiando lungo una data linea oceanica con tale esattezza inflessibile, che nessuna nave in base a nessuna carta ha mai percorso la propria rotta con la decima parte di quella precisione meravigliosa.

In questi casi la direzione seguita da ogni singola balena è dritta come la parallela di un geometra, e la balena avanza in uno spazio strettamente limitato dalla sua stessa scia, dritta e inalterabile; però la vena arbitraria in cui si dice che in questi casi la bestia nuoti abbraccia di solito alcune miglia in larghezza (più o meno, perché si pensa che la vena possa espandersi o restringersi), ma comunque non supera mai la portata di vista dalle teste d'albero della baleniera che scivola circospetta lungo quella magica zona.




Il risultato è che in determinate stagioni, entro quella larghezza e lungo quella vena, si possono cercare con gran fiducia delle balene migranti. E quindi, non solo Achab poteva sperare di incontrare la preda in periodi determinati con sicurezza e in campi di pascolo diversi e ben conosciuti, ma nell’attraversare le più ampie distese d’acqua tra quei campi poteva regolare ad arte la sua corsa in modo da avere, anche lungo il tragitto, una qualche probabilità d’incontrarla.

C'era, a prima vista, un fatto che pareva intralciare il suo disegno folle ma metodico. Ma in realtà forse non lo disturbava. Sebbene i capodogli che hanno istinti gregari abbiano stagioni regolari per determinate zone, tuttavia non si può dire in genere che le mandrie che quest’anno hanno battuto, diciamo, questa latitudine e longitudine, risultino poi le stesse che vi si sono trovate nella stagione precedente; e anche qui, del resto, ci sono esempi specifici e indubbi nei quali si è verificato il contrario. In linea di massima la stessa osservazione, se solo ne limitiamo la portata, vale per quei capodogli maturi e anziani che vivono solitari, da eremiti. Di modo che, se putacaso Moby Dick era stato visto qualche anno prima, ad esempio in quella zona detta delle Seychelles nell’Oceano Indiano, o nella Baia del Vulcano lungo la costa del Giappone, da ciò non seguiva che il Pequod, se si fosse trovato in uno di quei punti al momento giusto, avrebbe dovuto incontrarcelo immancabilmente.




E lo stesso per qualunque delle altre zone di pascolo dove, a volte, Moby Dick si era fatto vivo. Tutte queste parevano soltanto le sue tappe occasionali e le sue locande marine, per così dire, non i posti dove risiedeva a lungo. E se finora si è detto delle probabilità che aveva Achab di attuare il suo piano, si è soltanto alluso a tutte quelle speranze di successo marginali e fuori programma che poteva avere prima di arrivare a un posto e un tempo determinati, nei quali tutte le possibilità sarebbero divenute probabilità, e ogni possibilità, come Achab sperava con tutto il cuore, quasi una certezza.

Quel tempo e quel luogo particolari erano riassunti in un'unica definizione tecnica: ‘la stagione all'Equatore’....














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