Precedenti capitoli:
L'Eretico fuggito (2/1)
Prosegue in...
Un pazzo... (4) &
Da una migrazione all'altra (5)
Con i dati del nostro elaboratore... (6)
In nome del doblone...
(1) Ora non mi si
chieda chi è quell’uomo nascosto nel folto del bosco.
Ora non mi si domandi,
ad ogni ora del giorno e della notte, io che son solo un umile albergatore, chi
è quell’uomo che abbiamo scorto nascosto nel folto bosco.
Non mi si domandi, miei
cari viandanti, chi è quel libro mal rilegato con la copertina a brandelli, ed
ogni parola fuggita ad ogni retta comprensione celata e nascosta come fosse la
prima verità udita. Oppure una pazzia, nascosta nella grande grammatica ricca e
composta di questa nostra umile storia.
Non mi si chieda, ricca
signora, ora che nel suo letto riposa, incantata fra l’alba ed un tramonto di
una cornice sacra come il libro che tengo quale prestigioso ornamento su ogni
scrittoio, a chi per il vero appartiene quel grido.
(2) Io gentil signora
la lascio in compagnia del sacro libro forse per ricordarle che il suo Dio è
anche il mio, forse per rassicurarla da ogni diverso principio o parola
nascosta o rima segreta, che all’improvviso assale come una prima paura… e
diviene nube improvvisa.
Ad una corda appesa e
vicino ad una fossa profonda, ed in compagnia di una valanga improvvisa come
fosse il grido di un lupo che precipita ogni viandante curioso in un letto di
fiume, dove un giorno qualcuno narrò, di averlo visto bere ‘rimato’ nel dialogo
segreto con uno strano poeta.
Gentil donzella, qui
son secoli che dimorano i fantasmi, e poi se all’alba di ogni mattina qualcuno
illumina la sua fede assopita, il fiume lei vedrà rallentare il grande ed
immane fragore, e l’ululato del lupo le sembrerà più cupo, più risoluto.
Io che son approdato da
una riva fin su questa cima, l’ho visto parecchie volte, ma mai l’ho braccato e
cacciato da questa vallata… e da questa poesia a lei così umilmente narrata.
(3) Signor curato, lei
che è il più preoccupato, le posso dar mia eterna certezza che giù nel villaggio,
là dove dimora una Chiesa, spesso si son riuniti non certo per una preghiera,
ma bensì per organizzare… uno strano torneo della morte, e nel grande
trambusto, mi perdoni la ‘discreta eresia’, io da qui, dalla mia biblioteca,
non seppi distinguere… da chi morto già era.
Forse, caro professore,
lei custode e padrone di ogni mente, lei che ben sa distinguere fra la vita e
la morte, la mia Eresia potrà apparirle una immonda pazzia.
Io che dopo fui
chiamato fin sulla cima da un Dio assorto e distratto, come una pietra del
grande Creato e mi persi per quella vetta mentre cercavo le ossa di tanti
frammenti di libri strappati e forse anche divorati. Ecco perché la mia strana
visione mi fa riflettere sul concetto di vita, certo non so se da quelle ossa
potrà rinascere nuova vita, come è solito lei dire della morta materia.
(4) Caro poeta, forse è
vero, lì dimorano per far compagnia ad un lupo affamato ed una strana ombra: a
tutti loro fu concessa non certo la cima, ma il piacere dell’eterna strofa
nominata vita. Come tanti alberi muti e dritti, senza il dono della parola,
senza la cortesia della rima, solo una pagina di una grande strofa nascosta… e
giammai vista all’alba d’una mattina.
(5) Caro pittore, lei
che dimora nel mio albergo con la speranza di catturare il vento, e ad ogni
stagione si stupisce dell’eterna mia giovinezza, per soldo le offro il mio bel volto, caro
pittore non si è mai accorto che ciò che rapisce le sue incantate ore, le ruba
anche colore e poi guida il pennello… ma è solo il contorno di un diverso
quadro, una pagina non vista di un altro e diverso… Creato.
Non posso continuare su
questo impervio sentiero, perché…, cari signori, vi dicevo, in compagnia del
vostro Bacco o Dioniso preferito qui ora servito: io solo posso raccogliere
quelle ceneri come fossero tanti frammenti, a loro rimane una bella preghiera
ed il becchino poi li cala in una fossa profonda con sopra una lapide per
ricordare quanto sia dura la caccia antica…, contro un lupo e la Prima Rima…
della vita.
Proprio lì… in quella
grande Chiesa.
(6) Gentil donzella,
non mi si domandi se l’uomo che lei ha visto è divenuto lupo, è una leggenda
che si racconta ad ogni pupo. Forse la storia è un po’ diversa da come viene
narrata. Io non so chi sia il vero lupo, né se nascosto sotto a quella cima vi
è un pazzo dentro una grotta.
(7) Di pazzi ne abbiamo
contati tanti, mi ricordo, cara signora, che tempo fa’, anche il generale volle
godere di questo bel posto, forse solo per dimenticare la pazzia nominata vita.
Per il vero, spesso lo vedevo sul grande terrazzo, quello che confina con la
biblioteca, mentre cercava con lo sguardo la sua nuova preghiera. Di lui so,
che vinse ogni guerra, fu come un profeta di chiesa, e spesso lo vedevo, povero
vecchio, seduto dietro una finestra, come udisse una voce o il canto della
terra.
Si narra che quando il
curato della vallata e l’intero borgo, chiese la forza della sua sciabola non
meno dell’affilata baionetta, lui abbia risposto con un sorriso… canticchiando
uno strano motivo.
Era la voce di
un’antico antenato, negro per giunta, a lui aveva donato il sorriso e il suo
campo (acquisito…), l’intera ricchezza d’una guerra. Il prete con grande
disappunto mi prese in disparte, e come l’uomo che recita la sua confessione,
mi disse che il generale era ubriaco e pazzo… nel suo strano dire…, nella sua
strana visione.
(8) Caro professore, io
che son oste a tutte le ore, di pazzi ne ho visti con il sole fra i denti e gli
occhi assenti, recitare la loro rima e mangiare una povera minestra e poi
bestemmiare lo stesso Dio…, da lei pregato in Chiesa.
Pazzo non era quel
generale, anche se spesso vedeva degli strani movimenti in fila composta,
piantata fra gli alberi ordinare vendette e terrore fra servo e padrone.
Guardava quell’impervia via come fosse una guerra combattuta una lontana mattina,
gli occhi persi e bagnati come due ruscelli a fissare alberi e rami di un
pittore, come fossero tante anime di cui udiva la voce.
Piani segreti, poi
all’improvviso sguainava la sciabola quasi fosse un sorriso, e lo sentivo
gridare: ‘Alla carica… il nemico è lì… vicino al bosco, alla carica soldati’….,
con il bicchiere fra le mai!
Ma in realtà lo sapevo
scorgere gli operai della prima centrale elettrica, montavano una grossa
turbina come fosse la pala di un mulino, dove il prode si scagliava nel suo
strano delirio.
(9) Caro ingegnere, lei
che disegna e calcola la terra ed ogni lampada ora ammira di luce inondare la
grande vallata, lei che sconfisse il generale con un sorriso per poi con
disprezzo parlarne come fosse il padrone della Terra conquistata, di quel pazzo
si è nutrito nel disegno nascosto. E per suo ‘genio’ perderà ragione ed
esercito, perché il fuoco catturò un giorno e l’elemento divise in mezzo ad un
esperimento.
L’arma segreta, potente
più di quella povera baionetta, migliaia di uomini seppellirà per ciò che
diverrà nostro dolore…, di un generale e il suo inutile discorso.
La sua guerra segreta.
Caro ingegnere, anche
se non abbiamo diritto e onore alla parola cancellata dagli scaffali della
storia, è certo che la sua prosa seppellirà ogni visione: alberi e boschi
torrenti e strani animali, perché farà brillare fra le mani del futuro regnante il ‘nuovo sole’ del domani,
avremo uno strano tramonto senza più il suo vero contorno…, e un dittatore a
rubarci lo spirito dopo aver la vita per sempre sconfitto.
Con lei, signor
ingegnere, retto e astemio ad ogni furiosa parola, con lei… dicevo, non ho
condiviso il ‘discorso’… perché un pazzo sapevo di avere nel mio umile dialogo
albergato.
Pensi ingegnere, una
volta ebbi pure a pensione un negro e sua moglie, fui quasi cacciato dal
villaggio per questa mia Eresia, e mi ricordo di lei che si recò… giù nel borgo
per conferire la sua nuova disciplina con il Sindaco, vecchio ‘archivista’
della biblioteca.
(10) La loro
conversazione rimase segreta, si sa per certo che quell’uomo potente più di un
petroliere e la sua strana ‘compagna’, risposero che la manodopera per ogni
fatica fosse comandata ai neri, bestie da soma senza pietà per altra o diversa
predica. Questo lui ordinò, affinché i lavori della centrale e poi la futura
diga non colino dalla fatica di bianco vestita, e nei registri della grande
biblioteca si prenda nota dell’artefice della… Storia così equamente divisa e
concepita e il Sindaco immediatamente ordinò l’assemblea riunita.
Il Sindaco, diligente
archivista, conservò il suo nome negli annali del borgo, poi chiese udienza al
prete, e nella sacrestia ci fu una riunione segreta. Se solo il generale avesse
intuito che la sua guerra non era finita, non gli avrei offerto la mia dimora
segreta.
Cara signora, io sono
un umile oste, e se lei insiste sul pazzo intravisto nel bosco, cosa posso
dirle per contraddire la sorte che scrive la sua rima?
Posso dirle che il
generale, all’alba di una mattina, dopo una lunga chiacchierata vidi scomparire
proprio vicino alla cima di un impetuoso ruscello, parlava con uno specchio
d’acqua, poi all’improvviso si alzò una nebbia strana e lui dialogava come si
comanda ad un esercito invisibile la sua strategia: la battaglia che avrebbe
per sempre liberato l’uomo dall’inganno della schiavitù di stato.
(11) Certo, professore,
non possiamo narrarlo come retto nella mente, il grande eroe che combatte
ancora la sua guerra al ritmo di uno strano suono: un tamburo che spesso si ode
anche in pieno giorno, più forte delle campane di quella Chiesa che segna le
ore.
Di tanto in tanto nel
pieno della notte gli fa compagnia l’ululato di un lupo, e lui sembra uno
strano sciamano che ha rubato la bella divisa ad un soldato. La giovane coppia
di sposi, che così lo videro, come fosse un indiano travestito, mi ordinarono
subito da bere…, dopo le loro abituali preghiere, perché coloni e timorati di
Dio. Poi chiesero udienza al giudice, quello che dimora nella grande casa
proprio in fondo alla vallata.
Gli narrarono
l’incontro strano, di come un individuo parlava con il fiume e invocava gli
spiriti con uno vecchio tamburo, mai avrebbero pensato che un tempo fu nobile e
decorato soldato ora taciuto. Mai avrebbero intuito che in lui dimorava una
grande guerriero, un pazzo videro in fondo ad un sentiero.
Lo spirito di certo non
scorsero, recitarono a memoria solo una strana litania della storia, la
chiamano preghiera ora, e ogni cosa preserva dalla sfortuna di un demone
precipitato nella loro nuova avventura, coloni senza paura.
Loro son giovani e
padroni della terra, migrati un giorno come quel fiero soldato, arrivarono
all’alba di una mattina da una nave con una grande stiva, dalla loro sacra e
potente terra da una nobile dinastia così ben concepita. In mano una Bibbia con
dentro una promessa antica come facile ricchezza senza l’ingombro di una strana
eresia. La promessa di fondare il bene là dove regna una diversa certezza, la
certezza di governare la terra là dove regna ogni indigeno pagano ed anche
selvaggio… l’ordine è cosa divina, non è certo un rito strano ufficiato da un
pazzo nominato sciamano….
(12) Con il tempo hanno
conquistato rubato e confiscato la terra, questa la sola certezza del vecchio
soldato con una antica e nobile coscienza, come ogni Re che vuol obbedire alla
legge divina, come un sovrano fors’anche umile e povero soldato… che tiene il
potere stretto nella sua mano.
Certo signora, deve
essere Sacerdote e Sovrano, oltre che strano Sciamano.
Per chi conosce la
storia, il vecchio generale è solo custode e guerriero dell’invisibile potere
della Terra, per questo ha combattuto la sua strana e antica guerra contro la
gente… della stessa sua dinastia, forse per dimostrare che il valore non
risiede e alberga… in chi uccide un innocente.
(13) Caro ingegnere, è
quasi l’ora di cena, si è cambiato di abito per l’umile pasto in questo albergo
riparo da ogni bufera, vuol godersi a lume di candela il magnifico quadro della
vallata, dominato da una grande montagna che osserva ogni nostra preghiera.
Al tramonto tutto si
tinge di rosso, il ghiacciaio assume colori strani come un cielo antico che
dipinge la sua tela. A quell’ora della sera il ghiaccio sembra raccontare la
sua grande fatica: io che lo vidi tanto tempo fa’ ebbi l’impressione di
scorgere una lunga barba contorno di un vecchio affaticato, come fosse stato un
grande soldato ad ornarla con il suo miracolo.
Vallata benedetta da un
Dio… all’alba di una strana mattina.
(14) Certo professore,
ora che porto il suo posacenere per il rito del prezioso sigaro, lei vede altro
in quel volto invecchiato che appare privo della sua barba e stanco, con solo
un povero ruscello che scende dalla fronte come fosse sudore e una cascata come
una lacrima.
Ciò che illumina oggi
la vista è niente rispetto al principio di questo bel paradiso, forse sarà il
fumo fitto del suo respiro che trasuda sapere ad appannare la meraviglia su
quella grande cima.
Certo lei vede ben
altro, ricchezza e saggezza in ogni strato di Terra, ogni contorno ha la sua
storia, la geologia è come la psicologia di un paziente stanco ed avvolto nel
suo prezioso sudario. La scienza della Terra scorge invisibile ricchezza là
dove in noi alberga una diversa pretesa.
Io con una pietra,
professore, ora che non mi vede, perché assorto nella dotta conversazione di
corte, io… con le pietre…, le dicevo, ci conversavo fin dal mattino quando
decisi di conquistarne la cima, ne trovai una che valeva una fortuna. Un
fossile antico, mi spiegò il prete, della stessa forma del grande Universo, e
dopo essere sceso dalla sua vetta questo sasso mi narrò la lunga storia privato
della croce di antica memoria
Così per lui volli
costruire questo rifugio, questo albergo, per tutte le creature, perché la
pietra mi svelò una storia strana… una Terra per sempre perseguitata. Si
comanda per essa non un prete, ma un uomo che alberga nel mezzo della foresta
di questo Universo nascosto, così da poter udire ogni storia mai svelata dalla
sua scienza strana.
Udire spiriti e Démoni
e ogni elemento raccontare angosce e nuove sciagure, ed un saggio uomo
raccogliere il testamento così pianto su un Libro
Grande con l’eresia parabola antica
di ugual Dio morto su un Teschio, narrare il miracolo invisibile ad ogni uomo,
Dio Straniero a questa vita. Scritto e narrato nel miracolo di ogni momento per
chi sa vedere la vera luce del giorno, per questo la pietra scalata una mattina
fece di me una guida ed oste di una grande Eresia.
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