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Come la Vita di Gian Diluvio da Trappaldo fa ricordare il capolavoro celebre di
Rabelais, così la Girandola de pazzi fa
ricordare, sebbene un po’ più lontanamente, un altro celebre capolavoro: L’Elogio della pazzia di Erasmo.
Popolarissima l’una, come si è visto; ancora inedita l’altra; ma certo, se il
Croce avesse fatto in tempo a stamparla o l’avessero stampata postuma i Cocchi, un po’ di buona fortuna, se
non tutta la fortuna della Vita di Gian Diluvio,
essa avrebbe incontrato.
Vi si
svolge un motivo che trova eterna eco ed eterno consenso nell’animo umano, o perché
scusa le nostre debolezze e i nostri errori o perché ci conferma nell’amaro giudizio
che diamo delle debolezze e degli errori altrui: tutti sono pazzi quaggiù, tutto il mondo è retto dalla pazzia: verità
antica quanto l’uomo, ammessa con triste lamento dagli uni, con un sorriso spensierato
dagli altri, ripetuta da filosofi e da poeti, consacrata dal popolo nell’umile
profonda saggezza dei suoi proverbi.
La Girandola del Croce è composta di 76 ottave, scritte con la solita forma facile del Croce, con qualche giuoco di parola, facilissimo anch’esso da intendere, è un componimento, insomma, adatto al gusto del popolo, sebbene non di argomento popolare, e fatto pure per essere apprezzato dalle persone colte, tra le quali, come s’è visto dall’esempio dell’Aldrovandi e del Vecchi, e come si vede dalle parecchie dediche ad illustri personaggi premesse alle sue più serie e più accurate operette, il Croce aveva incontrato un discreto favore.
La Girandola dei pazzi è, infatti, uno degli scritti
dove il povero canterino bolognese, messa in un canto la lira con cui
intratteneva il popolino della piazza di Bologna o dei monti del Vergato, cerca
di levare il volo un po’ più in alto del consueto, gareggiando con gli altri
poeti della letteratura italiana.
Qui però, caso davvero non frequente in lui, le pretese letterarie non gli distruggono la spontaneità e naturalezza della forma; non gli soffocano l’inspirazione, sia pur modesta, sotto l’ingenua inopportuna bramosia di mostrarsi colto ed erudito.
Qui,
dunque, non le lunghe filastrocche di citazioni storiche e mitologiche che soverchiamente
appesantiscono altri scritti del genere e ci costringono a buttarli via, dopo
poche pagine, facendoci rimpiangere l’umile ma preziosa e simpatica freschezza
di Gian Diluvio, dello Sgarmigliato, di
Madonna Disdegnosa, della Rossa d’Alvergato. Al contrario, una forma sempre
sciolta e disinvolta, un pensiero sempre retto e nobilmente elevato; non di
rado versi di ottima tempra e intere ottave di una tessitura perfetta. Val
dunque la pena, poiché il Guerrini ne
ha pubblicate solo otto stanze, dove il Croce
parla di sé, del suo incostante carattere, del suo sfortunato amore per le
muse, delle sue pazzie, val la pena di pubblicarla tutta quanta, come uno dei
pochissimi scritti seri del Croce, i
quali si raccomandino a noi per un vero notevole valore letterario.
L’intero titolo del componimento, nell’autografo da cui lo riproduco, conservato all’Universitaria bolognese, è il seguente:
“La girandola de pazzi Nella quale si prova con ragione ch’ognuno tiene un ramo di pazzia, In ottava rima di Giulio Cesare dalla Croce”.
Una mano
posteriore, diversa, credo, e con diverso inchiostro, ha cancellato nel
principio, correggendo così: La girandola degli humoristi; poi ha cancellato di nuovo, rimettendo il titolo di
prima: La girandola de pazzi e
riscrivendo…
…Certo così proseguendo, medito & penso, mi trovo albergato nella bella Biblioteca ove si discute & favella con Strofe & Rime argute il Tempo attraversato talché Sogno & nel dolore sognerò ancora; & purtroppo come il Croce insegna & impera, anche lui più che ispirato nonché accompagnato nel diletto motivo della Strofa quale Stagione riflesso più chiaro della Natura non meno della Storia; à ben dire specchio della Natura, compresa & ovviamente dedotta l’humana sequenza tradotta & così apostrofata; la quale come l’odierna & superiore Grammatica della Vita tende a non commettere errori circa la solenne e più seria Poesia o Scrittura recitata senza Rima alcuna privata* della suddetta & ripetuta Natura intera…
[ * per privata – intendesi - proprietà privata, giacché ogni proprietà deve essere sottomessa & subordinata alla cieca ottica della Legge privata - sia essa intellettuale che artificialmente riprodotta nella sfera privata, &t vigilata costantemente dalla famosa ‘telecamera’ per il bene - tutto lo bene - che in essa si cela; altrimenti se ‘pubblica’ come un buona medicina, può & potrebbe compromettere & contravvenire circa l’economico avvenire d’ognuno, & porre - quindi - in serio repentaglio le altrui Strofe in più elevate Sfere recitate da eccelse menti ri-programmate; & mai siano dette ispirate e/o rubate, solo nell’immediato ugual Tempo tradotte e corrisposte; affinché ben meglio si comprendano le dinamiche delle Stagioni dell’odierno vivere! Quindi ripetiamo: ‘privato’ - colui e coloro - i quali godono dei dovuti frutti maturati & costantemente connessi alle più alte & nobili Sfere poste corrisposte alle dovute casse… scusate caste, affinché ne possano godere in colonica appartenenza il prezioso succo imbottigliato. Gli altri se mal albergati: in tende capanni boschi e/o saltuari rifugi e/o ripari si debbono immediatamente adeguare al piano regolatore quinquennale del globale impero & godere delle preziose perline fosforescenti eternamente connesse; le quali; oltre a curare e prevenire ogni improprio male, possono essere anche sorseggiate ad intervalli in piccole dosi di più elevato Spirituale intento, vengono vendute a poche once d’oro per barile - o cassa - del comune e retto non men che equilibrata Girandola impropriamente detta nonché inquisita… Speriamo, altresì, di esseri stati insufficientemente nebbiosi ed in qual tempo chiari circa il ‘privato’ pubblicamente celebrato; quindi sia di Ragion pubblica per la salute d’ognuno non men della Patria, indicare nonché pubblicamente denunciare siffatte Strofe sparse & sciolte & di doverle pubblicamente & privatamente calunniare per il giusto merito della ‘Universale-Universitate’; da chi cioè; non potendo poetare secondo l’antico diletto canone della Natura, giacché solo il Lavoro su cui scritta la Legge nobilita &t edifica l’homo; può ben tradurle nella Strofa d’ogni vigile (e/o vigilantes di…) Stato, ben impaginato & propriamente stampato, pubblicato catalogato recensito ammirato pregato &, in codice e sbarre nell’altrui promesse &t promosse pazzie debitamente curate & censurate qual merito dell’editoria ivi pubblicamente riunita; affinché in ciò si combatta lo virus spiritato donde si celano altro oscuro demoniaco intento &t inganno sposato &t collo fuoco abbruscato (scusate gli errori mi son lasciato trasportare dall’ispirazione del Tribunale remoti eccessi & eccelsi Supremi Tempi di ricchezza…), lo quale allora come hora (l’ ‘h’ per favore! Non insistisca…) indica &t punisce il pubblico bestemmiatore all’Indice di gradimento offerto; & al quale sarà concessa l’eterna promessa della Ruota terrena & non più antica preghiera; cioè di essere più o meno curato con l’impronta della nostra umiltà e più corretta Dottrina incaricata di seguirne l’horma (di nuovo l’h…) Affinché ciò rimembri il ruolo pneumatico dell’Equilibrio dato nella convergenza meccanica del detto citato Universo (pre)fabbricato, & in comode rate compiersi suddetta innominata Girandola Pregasi il cancellerie di appuntare ciò detto &t archiviare e procedere all’esecuzione nonché rimozione di siffatta vena notificata, nella quale sarà posta la nota secolare pena della dovuta Cura…]
…Eppure quante ne imperano il mondo ne è colmo, talché ogni umile bibliotecario può raccoglierne anche non volendo la stonata Rima…
Insomma quanti errori che a contarli rendono l’antica Stagione transitata un pagina
mal scritta, con virgole accenti punteggiature apostrofi e parentesi, mal posti,
incomprensibili per l’odierno favellare cantare e ciarlare; quante inutili
stravaganze punteggiate & accompagnate da deliranti deliri, quante rime
stonate, quanti amori sconnessi, quanti eroi persi, quanti miti ripetuti
all’infinito, quante foglie appassite & ingiallite nella fiera Alba del
nuovo avvenire. Quanti intrighi e tradimenti, amori ritrovati non men che
cantati & persi; quanto difficile apostrofare e parlare, quanti animali
entrare ed uscire dalle proprie tane, appollaiati in cima ad un Rigo, ad una
Strofa, guardare & commentare & non solo misero asterisco, quante
inutili ritratti & incisioni, li si dovrebbe tutti indistintamente cacciare…
Acciò detto rendono il nostro continuo appetito ben fermo all’Osteria
donde più nutrito dialogo arrostito!
Cari Signori noi moderni agitati cogitatori piegati al culto dell’avvenire senza domani comporre seria grammatica non men del pentagramma ove aggrappare giusta strofa, più lieta novella. Il progresso lo misuriamo da codesto passo ben calibrato, &d ogni Natura ‘privata’ della giostra, a buon dire può dirsi incompiuta nell’Opera.
Ci ispiriamo anche noi alla Formica non men dell’Ape sua amica, quando
non decidiamo di metterle in accordo o intonato disaccordo. Ci ispiriamo al
Cantico del volatile e lo scomponiamo per ogni Alchemico laboratorio e futuro
alveare, & se nello scomporlo un diverso Dio fugge non datene la colpa al
nostro amore per tutte le Creature di siffatto Paradiso ben allevato non men
che coltivato.
Pensate e favellate, se solo permettiamo & concediamo detto privilegio,
quale inutile povera idiozia nel ricavare ispirazione da siffatto strano
rumoreggiare; ogni strofa assisa al pentagramma alberato, per noi un irato
sconnesso pensiero; il vero Pensare cagione del futuro così apostrofato è dato
dalla matematica e ricavato dell’Universo da noi ben controllato e posto nel
Sentiero dell’ingiusto…, scusate più giusto Progresso; quindi Pensare significa
innanzitutto ottima & veloce connessione ove navigare meditare favellare a
ruota libera e senza alcun senso che non sia un Frammento disgiunto dall’intera
Rima rimossa dell’èvo a noi incompreso*; se
compiuto nesso fosse rimembrato & posto debba ad essere rimesso alla duplice doppia pubblica intenzione, giacché si commette e
commetterebbe grave doppio torto alla privata &t singola Ragione, ed in ciò
detto abbiamo fatto giusto retto distinguo nella Genetica celebrata,
rimembrando la Patria Nostra con dedica al Salieri per sempre omaggiato! [ * incompreso: ovvero ancora non del tutto, secondo la
Legge di Hian*, imprigionato e/o incatenato…].
( * Hian noto giurista & filosofo orientale incaricato del suddetto piano quinquennale, ammalatosi al completamento dell’opera mentre favellava e poetava con la sfera intiera…, di lui si narra che la febbre del successo lo abbia colto all’ultimo respiro, quando, cioè, finalmente il mondo havea raccolto…)
Quale idiozia dobbiamo sentire ed udire quando vien solo minimante pensato (in disaccordo con Hian) circa un volatile appollaiato su di un rigo su una strofa della morta natura, può a noi insegnare il diletto della vita intera?
Quale sciocchezza, quale assurdità, quale pazzia, può essere tanto immonda di
apostrofare una tale antropologica scienza!
Quindi la Girandola del Croce è solo un buona strofa da cucina & laboratorio della
scienza ove apprendere in qual Giostra l’eterno motivo della storia debba
compiersi la circolarità dal cuore alla vena posta; dobbiamo organizzarci al
fine di renderla ancora più popolata & respirata giacché il commercio lo
vero recto Spirito in corporea sano, la vera e sola meteora discesa dalla Luna
& al Parco conquistata del comune Tempo riscontrato.
Ha (l’h per favore) tal proposito, circa il Tempo detto, non si debbano immaginare loro signori orridi topi di biblioteca, che possa avere una evoluzione così com’era la Vita da codesti pregata e venerata, rimpiagandone rugiada & rima accompagnare il passo veloce della Natura così studiata, accompagnare ogni stagione della prosa dismessa; sappino (‘sappiano’ giusto intendimento ‘sappino’ ammonimento) fin da hora che tal inutile Secondo fino al prossimo secolo o millennio sarà da noi certificato e posto nell’orbita coniugata non certo con la matematica di un probabile Dio, ma altresì posta al nostro diletto & pubblico piacimento, in quanto di questo Dio un Tempo celebrato non men che pregato, piuttosto antiquato, ovvero uno Spirito non goduto e tradotto dalla materia con cui siamo soliti sezionare ogni cella frigorifera dell’alveare.
Insomma sia chiaro fin da hora (la nostra ora e si prega di rimuovere l’h detta, in quanto posta in difetto di grammatica), questo doppio difetto e non certo privilegio della Poesia deve essere curato, &d allora se taluno insiste in siffatta stonata pazzia, dobbiamo curarlo, ciò ci sembra chiaro. &d allora caro Poeta tu che rimembri le Rime quale foglie dell’appassito Tempo e le travasi impropriamente nelle moderne - nostre ed altrui - damigiane, ti habbiamo già avvertito (ai posto di nuovo l’h, in difetto di grammatica, si più attento per favore!), ti abbiamo di già albergato nell’inferno ulcerato di questo Indice, ti abbiamo mutilato della casa non meno della retta strofa, ti abbiamo ammonito ad un ammenda per nessun peccato commesso giusto per farti comprendere i gradi del nostro avvenire scritto nel pubblico futuro.
Ciò detto, non sufficiente, in quanto ti ostini alla Verità, la Verità da noi celebrata alla corda o pena da cui il Tempo progredito, pensi che non habbiamo letto a sufficienza i manuali di siffatta logica applicata al progresso, pensi che siano trascorsi indivano quando in maniera immonda li ricacciamo dal cuscino dei nostri riposi per una più comoda ed aggiornata veduta del pubblico progresso del pollice posto al giusto (tele*)comando.
( * Tele:
telepatia nota malattia curata e posta al profetico indice affinché il Tempo
della Storia possa essere goduto a puntate; Telepatico: malato psichico
perfettamente curato e posto alle strofe dell’elettrica sequenza della sfera,
mai sia detta terra, bensì posta in più elevata invisibile carica, quando la fiera
truppa cavalerizzata hora motorizzata suonava la tromba dell’attacco; Telecinesi:
altra immonda malattia organica data & studiata da Hian ora ibernato entro
le Mura del glorioso Impero, sua fu la massima: ‘meglio un Gene libero che così
mutilato’, poi spirò compianto & hora
ibernato, taluni dicono murato entro & non oltre le mura di Stato..;
Telenovella: sequenza ritmica ben orchestrata ove dedurre la Poesia in Prosa,
maggiori le sequenze Genetiche poste, migliori i risultati per il miele della
Ragione…)
Ogni tanto compaiono dagli scaffali ben lucidati e puliti senza Strofa alcuna che non sia un occhio digitale ove controllare la ragione di siffatto peccato o eresia, immonde Rime; sappi, quindi, quanto dolore ci costa nel consegnarla alla corda della retta cura, nel veder apostrofare & costringere le rime alla lobotomica cucina del nostro comune appetito, ed elevarne la - temperata temprata temperatura - del fuoco prometeico sempre celebrato affinché mai sia permesso e concesso siffatto peccato.
Pregasi l’Alta Corte Riunita di procedere ai
passi vigilati della Storia…
Si prenda nota del Reo!
(il curatore non ancor curato)
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