CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

domenica 8 novembre 2020

...O VEDUTO TANTA GENTE (8)

 










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Regno degli sperduti (5/7)


Prosegue ancora...:


Dacché dicevamo di aver veduto tanta gente... o fiere bestie (9)








Hora essendo io da venti qua & la traportato, vidi una gran città piena di Ermaphroditi, vidi li Arimaspi c’hanno un sol occhio; vidi li Arimphei giusti sopra tutti i mortali, liquali stanno nelle selve & pasconsi di Bacche; ho veduto ancho un paese dove le femine sette figli ad un tratto sogliono partorire, ne questo di rado accade, ma sovente volte…

 

Ho veduto e vedo ancora alcuni popoli liquali usano di combatter co gli occhi chiusi & altri che maledicono & biastemiano il sole, quando si lieva & quando tramonta, ne per nome alcuno fra loro si chiamano & altri popoli non lontano scorsi, liquali hanno dui estati, dui verni & quatro solstitij; hanno le mogli communi, & communi sono anchora le facultà fra di loro…

 

Vidi in questo mio travaglioso viaggio li Agriophagi che si pascono di carne de Lion, & di Panthere, & li vagabondi Arthabati & li Astomi perciò detti cosi, perche sono senza bocca & di corpo molto pelosi vivendo sol di odore per lo naso ricevuto; hò scorso per gran fortuna li Ethiopi hesperij senza legge, & senza alcuno instituto viventi…




 Vidi anche tante fiere genti da Nessuno accompagnato & da tutti deriso e calunniato; senza casa alcuna promettere al regnante di turno la piu leggiadra Bianca dimora del Paese incoronata e cinta di gloria Tempio del comune  futuro reclamato; misero povero puntino solo scalzo & digiuno nella giusta grammatica bandita dalla lussuosa leggiadra esagerata tavolata alla Corte dell’injiustizia; ò combattuto per la casa d’ognuno cacciato per codesto motivo dalla propria…  

 

Vidi tutti festeggiare  e brindare in ogni luogo della Terra mentre poche sfere prima reclamare lo’mal partito d’un Ulisse tornato dallo promesso esilio; ogni Omero dal proprio Olimpo ne canta le gesta, mentre i proci raccomandati non pugnarono lo re assiso al trono da ognun bramato, mercanteggiano congiuntamente il sorriso pattuito suggellando celata meditata... avvelenata vendetta…

 

Il pugnale promettono al Cesare assiso non conferendo quanto stabilito!




 Posi ogni giusto Re al proprio trono &  casa bianca come la tunica del celato Filosofo che cosi incoronò Diritto & Giustizia; bianca nel colmo della vendetta pattuita dalla prima all’ultima taverna; contro chi la sua perse e non certo per scommessa, ma rubata dall'ingordigia dell’italica truffa al soldo della breve calunnia!

 

Vidi i Proci danzare & reclamare vittoria, rubare & confondere ogni Verità terrena, & la Natura tremare di paura per cotal bestemmia…; vidi anche l’intrigo del potere incaricato al soldo barattato del giurato patto, leggo dalla cronaca di questo èvo transitato della congiunta fedele promessa e di sera tramare vendetta…

 

Vidi mutare i sontuosi costumi di scena,  confondere & barattare oro per sterco nell’alchimia di siffatta eccelsa dotta dottrina & mai sia nominata politica; coniugare & comporre difficile articolato sonetto nella grammatica congiunta all’acclamato palcoscenico allestito, &d inchinarsi con il falso sorriso alla platea assisa & accarezzata con la mano unta dell’infamia spacciata e rivenduta come l’unguento della cura; mentre perseguitano & condannano senza appello alcuno, dai secoli della Ragione, innocenti Profeti & Re abdicati alla pazzia del potere nell’esercizio dell’inganno platealmente recitato….       




 Li vidi correre a rotta di collo rinnegare chi con la sera prima brindavano alla salute perBacco & Dionisio al castello d’oro festosamente adornato nella posa dell’arte rubata dall’alba alla sera al sofferto Spirito; in nome dei mercati del potere congiunto per il giusto tornaconto del  terreno Regno Unito coniato nella falsa moneta spacciata; & poi il giorno dopo - all’alba della disfatta - vendere l’intera Sceneggiata alla piazza reclamata & arringata dalla raccomandata falsa promessa, rinnovata nella farsa d’una antica comica da fiera ben numerata & conservata al pianale del muratore della biblioteca…

 

Li vidi e vedo ancora recitare non piu la commedia, ma comica pantomima, & in sontuosi costumi da burattini correre danzare come animali da fiera, inciampare sui lacci della farsa comandata… Recitare la prima e l’ultima battuta ripetuta come il merlo nella cucina dell’osteria riunita…

 

Li vedo braccare la Ragione quando libera azzanna come il lupo siffatta pecunia pascolata all’ovile dell’antica dottrina, avversa ad ogni Democratica Verità esiliata dalla propria terra; & la secolare Inquisizione incatenare la forza reclusa nella congiunta persecuzione, quale promessa di piu nobile Alta Corte recitare la congiunta solenne promessa di vera Jiustizia…




Povera misera patria!

 

Dio punirà siffatta meschina recita!  

 

Vendono i padri li figliuoli per haver del formento da mercatanti, ho scorso li Axoni, ho veduto presso delli Armenij le nevi rosse perche adunque tanto si maraviglia Tullio di quel philosopho, che disse la neve esser negra. Ho considerato attentamente le usanze delli Assirij nel propor li infermi nelle vie publiche, acciò che da passagieri ricevino consiglio…

 

Ho considerato li stravaganti costumi delli Abideni e delli popoli atrij, tanto nemici de furti delli asbiti delli adrimarchidi delli besalti & delli boristenidi da perpetuo freddo tormentati; ho veduto li horridi Battriani & li magnifici & splendidi Persiani. Ho ben considerato li corruttissimi costumi de Babilonici, li rozzi Boetij, i religiosi Bithini, li sani Bragmani, gli inhumani Berbici, li schifosi Budini, che de pidocchi si pascono…




 Son stato fra li Casiri & hebbi fatica à campare dalle lor mani, imperoche si pascano de corpi humani. Son stato fra que popoli detti Ophiophagi perche de serpenti si nodricano. Son stato fra li Choromandi huomini senza voce, ma di horribil stridore, di corpo peloso, et de denti canini: ho veduto femine partorir di cinque anni, ne vivere piu di otto…

 

Ho veduto li Cauci, popoli settentrionali, che habitano case simili alle navi & sono gran mangiadori de pesci; ho veduto li Chelenophagi di Carmania che viveno sol di carne di testugine; debbo tacere i Caspij, i cureti, i Calcidensi, e la Caldea adoratrice del fuoco, et allo'ncontro i Galleci che non adorano cosa veruna.

 

Ho veduto li sporchi Chij, dalli quali nacque il proverbio chilus omnia percacat. Ho veduto li seditiosi Cercirci, li fraudulenti Cercopi, et li Crestoni, presso de quali, ciascuno hà piu mogli, se fussero di tanta spesa à mariti quanto sono le femine Italiane pur troppo n'haverebbono di una.





 Hò veduto li Mitrati Cisti, li timidi, & effeminati Ciziceni & li severi Derbici, che ogni minimo delitto di dura morte puniscono; hò veduto li Essedoni, liquali cantano ne funerali de lor padri. Ho veduto li Esseni, astenenti di vino, di carne, & de feminili congressi, senza haver fra di loro alcuna cosa di proprio…

 

Hò veduto li Epizefirij presso de quali è pena capitale, per la salute del corpo à ber vino. Ho veduto li superstitiosi Ephesii & li Fanesii nell’oceano settentrionale, c’hanno gli orecchi si grandi che ne cuoprono tutto’l corpo. Ho veduto li depinti Geloni bevitori del sangue di cavallo mescolato col latte…

 

Ho conversato molti giorni con la Vita e la Morte, fra un Alba e un Tramonto con molte coraggiose fiere condiviso - oppure et ancor meglio - al Tramonto dell’Alba nel roverso a cui destinata la retta via da ogni Trovator transitata e braccata affinche la Veritate del castello mai sia cantata; e da ognun disdetta e accompagnata dal gozzo dell’idiota smorfia; ma tale pena si rallegra quando unito all’umile Generale in composta Rima rinnovare e mutare la lacrima in sorriso nella promessa di Dio; & con lui mi accompagno in questo Inno, &d a lui presto e rinnovo il fragile udito non udendo piu la sorda & muta sinfonia dell’appestata orchestrata cantilena; uniti dalla comune sventura cantiamo ancora, all’Arpa aggiungo l’amato sofferto cammino di siffato violino…


(Prosegue...)









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