CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

giovedì 6 settembre 2012

BIANCO & NERO (nella città del jazz)





































Ricordo perfettamente quando me l'infilai, quelle spesse lenti, quella
mattina di una domenica di novembre, tiepida, luminosa e perfetta-
mente adatta allo scopo, durante la quale camminai dalla stazione
sotto l'arcata uniforme dei platani, ancora non sfoltiti, se non lieve-
mente: si sarebbe riusciti a riconoscere, da soli, quale era stata la
sostanza del posto, se non si fosse avuta l'oppurtunità di aggirarlo
da dietro, cioè dal passato, e, più o meno, di capire?
Gli elementi funzionanti del passato - essenzialmente la piccola vec-
chia Battaglia di Concord, e Emerson e Hawthorne e Thoreau, e
il resto di quella storica animazione, il resto di quella compagnia
'trascendentale', immaginata in mutamento, fin nelle sue più lonta-
ne e labili ramificazioni - si sarebbero soffermati abbastanza, que-
gli elementi e quelle preziose entità, per una retrosensibilità, pur
sagace, non avesse portato con sé qualche segno che consentisse
anche a loro di riconoscerla; timide e oscure presenze spettrali,
quali, dal canto loro, esse dovevano, nel migliore dei casi, essere
divenute?
Oziose, peraltro, simili domande, nel momento in cui, in virtù del-
la splendida giornata, ogni cosa, a suo modo e a suo tempo, uscì
'allo scoperto' in modo esplicito: ogni corda risuonò come se, per
tutto l'oro del mondo, la città sconnessa del New England fosse
una lira accarezzata dalla mano di Apollo.
Apollo era lo spirito dell'antica pietà, e si guardava all'intorno, si
fermava, ricordava, muovendosi al suono della sua musica; e c'e-
rano scorci e ricordi che, naturalmente, lo trattenevano molto più
a lungo di altri.....





















Passò due giorni a raccogliere lo sporco e la polvere degli autobus
locali prima di esser buttato giù, dalla sporcizia delle ringhiere, il
viscidume umido dei gabinetti, la patina grigia dei telefoni, la mer-
da calpestata nei vicoli, dove s'accucciava dove altri s'erano ac-
cucciati, fondi di tè, macchie di birra dai tavoli, sudore di pianisti,
saliva dei tromboni, l'odore lasciato dalla gente sugli asciugamani,
l'aria della stazione ferroviaria che si appiccicava addosso, il sogno
della ruota che gli passava su una mano, le gambe che cominciava-
no a tremare dalla stanchezza di tanto camminare quando si sdraia-
va. Raccoglieva tutti i rumori e se ne riempiva come fosse succulen-
to veleno che gli entrava nell'orecchio come la lingua di una donna,
che si addensava e gli bloccava l'orecchio fino a che non ce n'entra-
va proprio più.
Un re grasso e gonfio.
Il falco con gli artigli serrati al salmone che avido si tuffa per l'ultima
volta. Le unghie piene di nicotina dalle cicche che aveva raccattato
accese, i calzoni gonfi di sudore rappreso, il naso che soffia via in
un giornale tutto lo sporco accumulato in un giorno.
Dai marciapiedi sprofondare nella musica della città di ...........
































La città del jazz è un luogo dove vive la gente.
Alcuni ne escono, molti altri vi entrano.
C'è chi si affretta all'entrata, chi invece si accosta con cautela a
una certa riluttanza.
Altri ancora dicono di averne paura ed esitano a esporsi a un
luogo che li fa sentire strani, questo strano luogo, dove i cittadi-
ni più illustri sono così belli, raffinati, così cool. Questi tipi temo-
no di sentirsi dei campagnoli sbarcati in città, o i turisti che girano
Chinatown in torpedone. Temono di essere giudicati ingenui o
conformisti.
L'esperienza accumulata nei viaggi da e per la città mi ha convin-
to che i suoi abitanti sono gente in gamba.
Ci sono quelli che lavorano per la città, cioè i musicisti; quelli che
lavorano sulla città (i critici); quelli che se la godono e basta (e
io sto con questi).
Tutti e tre i gruppi di cittadini sono presi da ciò che amano che
da ciò che non amano. Tutti dicono di conoscersi. Già la prima
volta che s'incontrano, si abbracciano con calore, come vecchi
compagni di università.....
(James, La scena americana; M. Ondaatje, Buddy Bolden's
Blues; D. Ellington, La musica è la mia signora)




Prosegue in:

http://dialoghiconpietroautier.myblog.it/archive/2012/09/06/bianco-e-nero.html

      http://paginedistoria.myblog.it/archive/2012/09/06/nella-citta-del-jazz.html










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