Prosegue in:
La nostra civiltà senza più miracoli (2)
Il netto distacco fra le civiltà
dell’antico mondo e la nostra talvolta appare non solo incolmabile ma anche,
psicologicamente parlando, a rischio di quella ‘eterna depressione’ cui
dovremmo fare i conti con il Terzo Millennio che avanza. Ecco il motivo di
questa lettera aperta a mio fratello… psicologo. L’amore della cultura ci
unisce in questa riflessione a cui coniughiamo anche quella capacità di rapporti
sociali che sempre hanno contraddistinto l’uomo. Ragion per la quale il moderno
‘mezzo-mediatico-terapeutico’ che sto adoperando in questo momento può essere
utile per svelare ed approfondire gli argomenti di una disquisizione che
potrebbe essere oggetto di riflessione, non solo per noi, ma anche per altri,
direttamente o indirettamente coinvolti con ugual problema sociale, che nella
disciplina che persegui potrebbe assumere atri nomi… Mi sono avvalso della
capacità esplorativa di un ottimo autore.., Buona lettura…
Nell’epoca dei computer e dei voli spaziali la filosofia sarà in
discredito, però senza un po’ di meditazioni che ai giovani appaiono superflue
è impossibile abbozzare una sia pur minima ipotesi su noi stessi e su quello che ci
sta attorno.
In un mondo in cui tutto è fluido ed incerto abbiamo bisogno di nuovi metodi
d’indagine o di una ‘scienza dell’uomo’ che tenga conto di tutto ciò che l’uomo
antico e moderno ‘fa’ e ‘pensa’, ‘inventa’ ed ‘immagina’, ‘crede’ o ‘non
crede’. A tal proposito la scienza stessa ha una doppia funzione, positiva e
negativa. In altre parole essa non è una panacea a tutti i nostri mali, né può
essere ‘neutra’ come ipotizzano ipocritamente certi scienziati che poi si
pongono al servizio dei politici. La Scienza può e deve essere quindi benefica
o malefica, un miracolo o un errore perché, essendo un fatto, si trasforma in
ciò che con essa l’uomo intende fare.
Quello che invece appare sommamente pericoloso in questi ultimi decenni
è l’enorme ‘vuoto’ apertosi proprio fra i miracoli delle antiche civiltà e ‘la
nostra civiltà senza più miracoli’. Già, perché noi non ci meravigliamo più
neanche dei miracoli della scienza o del progresso; anzi, temiamo ormai
entrambi, consci di aver scavalcato frontiere forse interdette comunque
designanti ‘gli eterni limiti del sapere’, come dicono i filosofi. Nelle nostre
enormi Megalopoli che diventeranno presto Necropoli, noi non stimiamo più,
alquanto umiliati, che questa civiltà moderna sia la ‘unica’ e la ‘vera’
civiltà all’apice della storia umana. Stornati e affaticati dal fracasso delle
grandi città, nel raccoglimento del nostro focolare diamo ragione ai
‘pessimisti’ (compreso il sottoscritto…) che da decenni ormai ci avvertono di
una possibile catastrofe del nostro mondo.
La civiltà occidentale moderna
appare nella storia come una vera e propria anomalia; fra tutte quelle che sono
più o meno conosciute, è questa civiltà la sola ad essersi sviluppata in un
senso puramente materiale e tale sviluppo mostruoso è stato accompagnato, come
fatalmente doveva, da una regressione intellettuale (culturale e psicologica
con tutti i malesseri che ne conseguono…) corrispondente…
Potrai non condividere, ma cos’è questo progresso dell’ultima e
ultimissima ora (di stampo Orwelliano…), se non una specie di nipote bastarda
della scienza preconizzata dagli entusiasti apologetici partiti con Cartesio ed
approdati al Settecento-Ottocento? Ed ancora, nulla o poco essi sapevano sulla
realtà dell’uomo antico, ed anche se qualcosa nel loro bagaglio culturale si
fosse stratificato, come potevano interpretare l’evoluzione umana riflettendola
in una ‘ideologia’ imbevuta del più grande fervore e cieca fiducia che tal
progresso poteva e può infondere, fino all’ammirazione di quell’araldo
culturale che fu’ Helvetius, prima espressione meccanicistica e sensista ad
oltranza, che portò la cultura dritta al Termidoro di Robespierre,… e poi scusa l’Eresia, al secolare
confronto che oppone due civiltà, una Cattolica-Occidentale, l’altra
Mussulmana-Mediorientale?
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