Precedente capitolo:
La nostra civiltà senza più miracoli (2)
Prosegue in:
I nostri primi sogni i nostri primi pensieri (4)
Riprendo a scrivere, nella certezza che queste nostre ‘epistole’
possano esserci di aiuto per meglio comprenderci, ed inoltre, possano offrire
la possibilità per quel confronto, per adoperare un linguaggio a te più
familiare, ‘terapeutico’ di cui la società ha estremo bisogno, oggetto di un
ultimo tuo libro, che fa della ‘depressione’ (‘pre’ e ‘post’ industriale) il calvario
su cui l’uomo ‘detto’ evoluto si deve misurare. Un male, mi pare di capire e
forse intuire, che poggia le sue salde radici su quella società così ‘evoluta’
e ‘civile’, e di cui, io, adopero (parafrasando Giuliano… ‘buon vino stagionato
in otri nuove di sapere’…) un suo specifico aspetto che ne determina il
progresso specchio del contesto evolutivo umano che tanto sta cambiando i
termini della nostra ‘comunicazione sociale’. Se in meglio o in peggio, questo
non sta a me deciderlo, potrei portare a mio sostegno grafici dimostranti,
oltre ai grandi cambiamenti climatici, anche simmetricamente, processi
‘involutivi’ che caratterizzano questo nostro ‘essere’ ed ‘appartenere’ alla
società, fintanto che, fedeli al proprio credo Gnostico, ci estraniamo da essa,
sottraendoci da quei rapporti conflittuali e paradossali che generano quei mali
antichi di cui la tua disciplina si occupa.
Ragion per cui, ecco che la tua ‘scienza’ persegue un obiettivo giusto
e quasi ‘teologico’ in seno ad un contesto difficile e problematico, nel
momento in cui è ‘sdoganata’ da taluni principi che, ‘maestri’ ‘dottori’ e
‘ricercatori’ di una moderna scienza ‘psicologica’ hanno ereditato da un
passato stratificato nella nostra comune ‘evoluzione’, passato in cui la
‘possessione’ l’‘ossessione’ (rami dell’albero della schizofrenia) ed altri
mali antichi e moderni venivano interpretati e curati con ugual principio
‘teologico’, di chi, convinto di ‘espellere’ il presunto male nell’anima
malata, compiva e compie errori parenti di quell’ortodossia scientifica non per
nulla dissimile da quella ‘teologia’ che affidava la propria capacità
‘terapeutica’ nella specificità della ‘confessione’ quale sacramento e rimedio
adatto a convogliare, in modi e maniere confacenti all’epoca ed alle esigenze spirituali
del Tempo, una caratteristica umana cui il nostro passato ‘oracolare’ o
‘sciamanico’ ci ha tramandato una ben specifica tradizione, correggendo ‘doti
divine’ imperscrutabili rivelatesi nel saldo terreno del ‘Tempio’ della fede e
non solo, per convogliarle nelle paludi dell’assolutismo interpretativo: tristi
ricordi nella cultura dell’Eterno colono di questa Terra…., e di cui vado
combattendo ormai da tempo i nuovi aspetti moderni ereditati da un passato
antico ma non per nulla mutato (niente e
nessuno quale io sono…).
… Ed ugualmente, abdicare alla scienza, parente generazionale di quel
Cartesio che considerava la ‘macchina uomo’ quale elemento finale di quella
evoluzione cui le parti possono essere ‘studiate’ ‘curate’ e ‘riparate’ (dal
microcosmo al macrocosmo della loro appartenenza all’Universo del corpo umano
cui è facente parte, un altro micro-macro cosmo ancora in fase di studio che è
appunto il cervello umano, con le sue specifiche funzioni che sovrintendono,
oltre il corpo, anche quei principi dell’anima talvolta malata che ne
caratterizzano le funzioni…) fino ai minimi dettagli del loro sviluppo
affidando alla conoscenza ed al sapere delle specifiche conoscenze-connessioni,
che sì, imprescindibili, ma impossibili per recuperare gli aspetti soggettivi e
oggettivi di una stratificazione ‘culturale’ ed anche ‘sociale’ in cui l’uomo
si è formato specchio della Terra nella ‘spirale’ dell’Universo cui affida la
sua ‘formazione’.
In pratica, possiamo studiare la foglia malata, il frutto della pianta
che presenta dei danni alla genetica che risale alla struttura della sua
origine, ma sappiamo che l’intero ‘ecosistema’ si è evoluto in maniera
inadeguata alle esigenze dell’uomo; di contro possiamo pensare di modificare il
prodotto, che, in origine era biologicamente ‘puro’ con uno derivato e
‘geneticamente modificato’, ma i risultati, se pur nella breve economia
favorevoli e i guadagni notevoli, alla lunga presentano dei risvolti
inaspettati per l’organismo che ne fa uso, convinto di sfamare e saziare il suo
‘normale’ appetito. Non ci è sufficiente studiare la foglia o l’albero malato,
ma rendere compatibile e ‘invariata’ la struttura su cui poggiano le sue
‘secolari’ radici e l’ecosistema con il quale collabora alla nostra comune
‘vita’. Il ‘mutatis-mutandis’ oggetto della nostra conversazione, posta in più
ambiti discorsivi quale comune denominatore per un dibattito che non investe
solo la ‘pianta malata’, nel momento in cui siamo noi i frutti di quel secolare
albero della ‘vita’, è quello di confrontarci con le comuni radici, cui tutti,
‘indistintamente’, apparteniamo, bagaglio dei nostri ‘geni’, i quali se posti
in condizioni ‘inverse’ rispetto a quella ‘comune spirale di vita’ da cui
deriviamo, tendono a sovrintendere una ‘macchina difficilmente controllabile e
certamente non più affidabile se non per quella società Orwelliana così cara a
tutti quei dittatori del libero pensiero, i quali hanno anche la grande
caratteristica di fraintendere l’originario concetto, così come fu per Darwin
ed i suoi principi, abdicati ad un capitalismo malsano che adottò leggi e
scoperte per adattarli ad una forma sociale aberrante al servizio del più
forte.
In attesa di inserire pagine scelte dai tuoi saggi, ti ripropongo
frammenti di alcune pagine che rendono più illuminante questo principio o
pensiero, in questo Viaggio che stiamo facendo assieme….
La pace primordiale delle vette di cui solo e
per bocca di famosi alpinisti ho riportato le emozioni che suscitano e
similmente descrivono in quelle primitive sensazioni, possono farci comprendere
le nostre prime visioni oniriche. I
nostri primi sogni, i nostri primi pensieri.
Dopo sessanta e più anni di studi nel campo
dell’antropologia ci siamo evoluti nella
ricerca fino ai risultati fin qui conseguiti nei vari ambiti, dove fonti
di sapere appagano la mia e l’altrui sete. Questa è una condizione
imprescindibile per continuare l’evoluzione da cui sono partito nei termini di
confronto con più discipline, anzi sperimentare ciò che nessuno prima aveva
tentato di fare, porre in essere tutte quelle connessioni che non sono visibili
nella logica delle dimensioni accertate. Non è solo un campo circoscritto ad una
singola dimensione, ma confrontarsi con più realtà non evidenti ed a cui mi
sono ispirato, le stesse che regolano il formarsi della vita nell’Universo.
Un
pensiero comune alla matematica dell’universo: una spirale.
Nel contesto dove essa evolve esistono anche
tutte quelle dimensioni a noi invisibili che potrebbero essere le reali
portatrici di dinamiche che non conosciamo. Ragione per cui, trovare probabili
legami là dove apparentemente non ci sono. Anche i sassi parlano, anche loro
hanno una lunga storia, così ho scoperto parte della mia che prima mi era
sconosciuta o conosciuta solo attraverso un ambito specifico. La citazione di
‘fonti’ è indispensabile, non è solo esercizio di un erudito in cerca di facili
elogi, ma al contrario è l’opera corrente di un ricercatore che attraverso la
propria voce e quella altrui cerca di ‘affermare’ per (conquistare e…) superare
il difficile passo alla mèta. Più volte debbo ripetere tale ‘mea culpa’ non
perché amo adularmi o farmi adulare, oppure ripetere o ripetermi nella mia e ‘altrui
opera’, ma affinché il mare solcato del ‘sapere’ possa scorgere un faro sicuro
come principio di navigazione così che la burrasca non (ci) mi faccia
naufragare sugli scogli di singole e monolitiche certezze, ed in ciò penso che
l’umiltà debba giocare un ruolo determinante affinché i risultati possano
essere conseguiti con serenità, di modo che, l’ignoranza, la superstizione,
l’irrazionalità, la calunnia, la falsità,
ed anche l’antico dèmone della certezza, limite della ricerca, possano essere
sconfitti.
Purtroppo i nostri nemici anche dopo secoli
di persecuzione sono questi ed altri personaggi che ancora si aggirano a difesa
di inutili interessi e talvolta sfuggono al grande vocabolario della vita, per
correre e rincorrere favole antiche.
Gli gnostici avrebbero avuto il merito,
secondo Jung, di porre il problema del male e dell’ignoranza come radice del
male.
(G. Antonelli, La profonda misura
dell’anima)
Cos’altro
significa l’ignoranza, se non un’estraniazione dai concetti ideali che sono
propri dell’essenza dell’anima? E la conoscenza non è nient’altro che una
‘anamnesi’, cioè un ritornare alla propria vera essenza, da cui si era allontanata
con la sua inclinazione verso l’‘esteriore’.
(C. Steel, Il Sé che cambia)
Ragione per cui, affinare l’ambito della
ricerca è il linguaggio nuovo dell’espressione non solo del vero, ma
l’‘Odissea’ dell’uomo in tutte le verità nascoste. Cioè, come direbbe Jung, lo
scavare come archeologi sempre più a fondo nelle fondamenta della nostra
memoria collettiva per arrivare all’origine di quei comportamenti, i quali sono
statici nella natura umana. Cioè vengono rilevati costantemente in qualsiasi
epoca e socialità. Sono parte imprescindibile del nostro bagaglio genetico con
il quale ci troviamo a confrontarci ogni giorno. Compresi tutti i limiti
dell’umano che tende a frapporsi fra l’opera discorsiva e analitica, e una costruzione che poggia le sue fondamenta
sull’irrazionale, anche se esso è parte imprescindibile della nostra cultura,
ma che va letto o riletto secondo schemi consoni ad interpretazioni che ne
svelano i motivi. Se trascuro questo aspetto specifico del problema, ritenendolo
superfluo, mi allontano dal nostro orizzonte di conoscenza evidenziando solo i
limiti umani. L’uomo nell’apparenza
sembra aver raggiunto un grado di evoluzione notevole, questa è misurata, però,
su una scala di valori tecnologici. Nella realtà dei fatti, gli stessi sono
adoperati unitamente per conseguire scopi conformi alla sua stessa natura
‘bestiale’, non posso sorprendermi, allora, se forme ‘irrazionali’ di pensiero
continuano a prefigurare stati, leggi, istituzioni, religioni, che muovono masse
a guerre che credevamo appartenute alla storia. Il grado di evoluzione può
misurarsi su altri valori, i quali appaiono solo in maniera graduale.
L’evoluzione non è l’occhio satellitare o la
bomba intelligente, quelle esistevano già millenni fa, perché sempre facenti
parte della natura umana, sviluppata nel contesto ‘intelligenza’. Senza la vita
non avremmo l’intelligenza, oppure, al contrario, la vita manifesta il limite
di ciò che erroneamente pensiamo illimitato attraverso la facoltà
dell’intelletto, facoltà che conferisce l’arroganza della superiorità su ogni
essere animato e non; il grado della sua misura è quindi la specifica capacità
dei risultati conseguiti in termini collettivi (organizzazione sociale). Adotto
due esempi: se da un lato è appurata la capacità della medicina di allungare la
vita media, rispetto alla stessa di tre secoli fa, il suo valore è inteso nullo
nel momento in cui nell’arco di un anno in paesi del terzo mondo abbiamo un
numero di decessi raddoppiato rispetto all’anno prima. Così è per la guerra.
Anche se presunti valori identificati con il bene debbono confrontarsi con il
suo opposto, le divergenti visioni della realtà portano un numero di morti che
non allunga di certo i valori della vita media di un individuo. Perché se noi sommiamo
il numero dei bambini e donne deceduti per denutrizione, aids e guerre, a
quelli per calamità naturali, sottraendoli poi, a coloro che in buona salute
riescono a raggiungere una vita di 80 anni, avremmo nella configurazione del
grafico attestante l’andamento della vita media, un risultato non diverso da
quello che lo stesso poteva rilevare all’epoca dell’antico Impero Romano. E’
proprio l’utilizzo corretto della ‘tecnica’ riflessa nei sistemi di ricerca
della vita e dell’uomo che può preservarci dalla stessa natura da cui siamo
nati per nulla dissimile da una paurosa calamità batterica a cui sembriamo
destinati e farvi ritorno, per apportare una nuova complessità non conforme con
le leggi della vita.
Disidratati
dal caldo secco, vivendo nelle ostili regioni desertiche, in luridi
accampamenti provvisori, alla ricerca della verità e della gloria, i
paleontologi sono stati fortunati, perché le testimonianze fossili degli
antenati degli esseri umani degli ultimi 4,5 milioni di anni sono tra le
migliori mai trovate. Sono talmente chiare, infatti, che perfino i creazionisti
ormai accettano i fatti basilari. Tutti concordano nel ritenere che alcuni
fossili sono più antichi...
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