CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

giovedì 3 novembre 2016

ALDIQUA' e ALDILA' del vetro... OVVERO: paesaggi della paura (17)











































Precedenti capitoli:

Al di là dal vetro (16/1)  &

Aldilà e aldiqua' quale...

Prosegue in:

Paesaggi della paura (18/1)







I  VIVI  SON  COME  MORTI

ED

I  MORTI  SON  PIU’  CHEVIVI






… La notte teatro delle apparizioni, veicoli degli esseri celesti e infernali, è anche lo scenario cupo in cui scorrono attraverso il cielo i messaggi rossastri che annunciano il sangue delle catastrofi…
Questi presagi, dai velocissimi asteroidi alla luna rossa alle stelle estemporanee e fuggitive, hanno una loro gerarchia nella potenza del messaggio, del simbolo, con un crescendo che tocca la punta più alta nel chiarore diffuso e forte dell’aurora boreale. Fenomeno nei tempi antichi astronomicamente inspiegabile, esso costituisce la violenza più temuta… dell’ordine divino e naturale delle cose: una luce larga che quasi trasforma la notte in giorno (la nera e scura notte ove il Tempo svela la tortura della vita dettare l’ortodossa dottrina ‘bianca o nera’ che sia…), capovolgendo la sequenza usuale che nello scorrere del tempo alterna la luce al buio (ancor oggi possiamo assistere angosciati e stupiti talvolta tumefatti a cotal segreto evento, ‘aurora’ di notte boreale incanto dell’affaticato palcoscenico di bianco vestito a torturare sovente lo stupore ed il candore riposato smarrito nella visione metafisica di altro intento e battere l’inusuale e poco gradita presenza ad antichi Dèmoni discesi e convenuti alla terra prigionieri di una nuova e più strana natura…).




I chierici vedono in essa l’annuncio dell’imminente ‘Giorno del Signore’, quello, cioè che con la sua forza e giustizia avrebbe prevalso e vinto la malvagità degli uomini nell’estremo confronto fra la luce e le più nere ed oscure per quanto maligne ed arcane… tenebre… Come il giorno poteva irrompere nella notte, ed è, si badi bene, l’incrinatura più temuta nelle leggi della fisica e quindi del mondo, così la ‘metafisica’ della notte può – ed avviene spesso – (tutte le volte, cioè che l’uomo disattende la volontà della ‘stella affissa’ alla ‘parabola’ della vita; tutte le volte, cioè, che un Eretico pensiero disattente l’‘ortodossa’ disciplina; tutte le volte, nonché, il libero ingegno attesta una diversa e spirituale e forse più evoluta Natura… alla ‘fisica’ della vita torturata e smarrita…), sorgere improvvisa nel mezzo della giornata, quando si verificano eventi strani accadimenti giammai svelati, oppure, semplici ‘eclissi’ del dio Sole…

Si fa freddo improvviso lo sguardo smarrito e sudato, possibile che codesto dio può tanto?
La mente percossa vacilla nell’esilio comandato, trema di fronte ad una nuova e più terribile evento divenuto paura, il satellite detto passa davanti toglie luce e calore, sino ad oscurarlo totalmente alla visibilità cui l’uomo alla ‘finestra’ attratto con nobile fiero coraggio… Tutti gli uomini in schiere composti cadono nel terrore mentre spira un vento gelido provenire dalle lontane steppe del Nord… Nelle grandi selve del nord gli uomini vedono la luna china sugli alberi fitti ed alti, sugli animali, sulla tutta la globalità della terra ammirata… Il suo chiarore la sua vista il suo ingegno sfiora le vaste brughiere a larghe chiazze…, l’erba…, i pochi alberi…




Nelle notti di plenilunio, la cavalcata di esseri demoniaci che si immagina trascorrere il cielo ha come sfondo questo paesaggio talvolta giallastro ma quantunque deserto giacché chiarore satellitare o forse solo… lunare…
La notte che arriva e scende presto in un mondo poco illuminato, soprattutto in certe stagioni dell’anno, è teatro di scene paurose, ma spesso aprono agli uomini visioni di gioia, o al contrario, (inspiegabile) ‘martirio’, a costituire, di frequente, l’accesso (se permesso… non siamo ancora ancorati al 1984 del millennio dopo giacché più evoluto…), il ponte, per il mondo ultraterreno: esseri ‘informi’ vestiti di bianco, profumati, che intonano melodie soavi, getti di luce incandescente mista a lampi di fumo, boati con formule strane e misteriose comandate dette e ripetute come strani e terapeutici intenti…, rompono la monotonia delle tenebre illuminandole di una luce vivissima che danza scalcia urla sale e scende… e discende lasciando l’incredulo ‘villano’ dell’innominato Evo antico stupito trasalito smarrito…
…Scendono dal palcoscenico del cielo ed entrano nelle case dei… non ancor… morti (forse solo vivi), si accostano al letto battono il suono della spirituale presenza soprattutto nel momento la cui Anima è già in procinto di separasi dal corpo (non ha ancora fatto il dovuto testamento, il Notaro come al solito è testimone di altro e più ‘ortodosso’ intento…) ed è preparata alle visioni immateriali del mondo superiore, giacché il bianco fantasma rinnova il pendolo di un terrore antico. Materiale visione a smarrire l’Abisso innominato di chi affranto stupito e da un Dèmone rapito, almeno così dicono… (Salieri è sempre contento di cotal musica all’ora prima e terza della sua innominata e taciuta presenza…io certo non sono Mozart la fine non gradisco neppure cotal intento servito e condito…).




Le piatte e vaste brughiere del nord vivono improvvisamente nel cuore della notte la ‘fredda notte’ perenne guerra fra opposti spiriti… I morti scendono su questa immonda Terra per compiere un pellegrinaggio al sepolcro di un santo martire, vengono a pregare per la loro e sua anima (altrimenti la retta via per sempre smarrita la parola fuggita la Rima inquisita al tempo della loro e nostra comune ora…), ed i (presunti) vivi fanno Viaggi nell’aldilà contemplando la felicità dei beati, è come un andirivieni continuo da un mondo… all’altro, un’incessante  affiancarsi di vivi e morti cosicché il confine tra la vita e la morte è dunque tenue, varcato facilmente dall’una all’altra parte di una nebbia fitta quasi come una cortina…
…Gli uomini di chiesa spiavano nel mondo naturale i segni del castigo divino, individuati nel turbamento dell’ordinario corso delle stagioni, nel sopravvenire di fatti climatici perniciosi, freddo, siccità, strane piogge di sabbia dal cielo, …terremoti…
Andrea di Bergamo non riesce ad immaginare che la mancanza di lealtà del principe di Benevento nei confronti dell’imperatore resti impunita ed ecco, che i fenomeni verificatisi nell’anno 871 e nell’872 sono da lui considerati segni della collera divina, manifestazioni dell’ira e punizioni nello stesso tempo: ‘…molti fatti strani si verificarono davanti agli occhi degli uomini. Il vino, una volta fatta la vendemmia, appena versato nei tini divenne torbido, ciò che noi diciamo ‘voltarsi’. Il giorno di Pasqua e poi (un millennio dopo), il giorno dei Morti, sembrava fosse piovuta sabbia sugli alberi, sui cespugli e le erbe, sui paesi’.
Poco tempo dopo, la brina, nelle pianure e nelle vallate, avrebbe gelato i tralci delle viti e le foglie ancora tenere degli alberi nei boschi. In agosto un nugolo impressionante di cavallette, venendo da est, si sarebbe abbattuto sui campi del Veneto e della Lombardia, distruggendo i cereali: avanzavano e calavano sulla terra compatte, perché, commenta Andrea citando un passo della Bibbia, ‘le locuste non hanno un capo, ma nonostante ciò, volano in schiere ordinate’.




La paura sollecitava le persone colte a fare considerazioni di lugubre pessimismo in occasione della morte di importanti personaggi: il disordine politico sarebbe scattato con estrema gravità subito dopo la morte dell’imperatore Ludovico II, nell’875, sempre stando ad Andrea da Bergamo. Così, segni paurosi, eclissi di luna o di sole, preannunciavano la scomparsa di coloro cui erano affidati i popoli e la loro pace…
…Fatti naturali, come la pioggia mista a sabbia proveniente dall’Africa, spesso di colore rossastro, terrorizzavano la gente comune e le stesse persone colte, che vedevano in essi il volto sinistro della ‘materia’ piegata da Dio (il Dio della Genesi ovvero il Secondo Dio…) manifestare la sua ira o a preannunciare gravi disagi per gli uomini. Le nuvole, che al tramonto assumono forme e colori variabili, spesso fiammeggianti, erano ritenute proiezioni di immagini di guerra e di morte nell’imminenza di scontri fra re rivali o di incursioni di barbari. Nel cielo si scorgevano, così, cavalieri e cavalli, armi scintillanti. Si arrivava ad udire il rumore di eserciti in marcia…
…Il pessimismo degli uomini di chiesa, un’attitudine professionale quasi, non deve certo farci immaginare quel mondo e quegli uomini così come essi a forti tinte ce li hanno tramandati nelle loro cronache. La gente non viveva, sotto l’assillo perenne del peggio, un’esistenza disperata: contadini e artigiani, nobili e re accudivano ai loro compiti, senza il timore di fallire ripetutamente. Sono i chierici che scelgono dai fatti, che non ci hanno tramandato certamente con obiettività (anzi sovente falsando l’essenza stessa della Memoria: Dio e Diavolo, certificando quanto nel Tempio contato, e, sottratto al Dio Straniero di codesto loro piccolo creato), quelli che stanno loro a cuore: i fatti rivelatori, nella loro perniciosa gravità, dei peccati degli uomini e del conseguente castigo di Dio (ma confondendo delitto e castigo sovente si commette il peggior sisma della Memoria, e con questa, ogni diversa Verità ieri come oggi celata…).




Ma anche tenendo conto di una tale selezione e di una certa esagerazione, non possiamo constatare che sia le calamità naturali, sia le reazioni di paura serpeggianti fra il popolo erano frequenti. Del resto, un mondo che l’uomo non riusciva a controllare non poteva essergli benigno più di tanto. Le stesse credenze pagane – e qui gli uomini non c’entrano – rivelavano nei loro contenuti un atteggiamento di paurosa sottomissione nei confronti delle forze della natura. I contadini, quando la luna s’oscurava per eclissi, l’aiutavano a riprendersi, suonando a viva forza trombe e agitando campanelli. Temevano che, con la morte dell’astro che presiedeva alla vita vegetale e animale, questa s’arrestasse. Essi, a modo loro, come i chierici a loro modo, credevano dunque nella fine del mondo. Quella fine che – come Marc Bloch ha giustamente osservato – terrorizzava ad intervalli di tempo più o meno lunghi gli uomini, quando un fatto di particolare gravità aumentava il normale senso di paura che sotto sempre covava e cova (ancor oggi…).
Quindi gli uomini di chiesa, allorché attribuivano anche agli altri la paura della fine, non sbagliavano nella sostanza, anche se per essi, che scrivevano, la fine era voluta da Dio (possiamo aggiungere in merito all’evento tellurico rilevato e rivelato in riferimento agli odierni giorni, se questa frattura, se questa deriva, se questa nuova evoluzione, non manifesti di per se, oltre l’unità accertata dell’1 frammentato e per sempre rivelato, anche un  velato  diverso Pensiero e valore circa la Sua Parola la Dottrina… il colore con il quale illumina il Secondo alla vista di un dolore nella frattura compiuta… Quindi una certezza manifesta di non aver giammai compreso Verbo Pensiero e immateriale Infinito con l’evento compiuto suscitare paura ed abbattere il Tempio della sua parola donde custodita la Memoria, forse solo disconosciuta disattesa imprigionata falsata mistificata…); un Dio,




del resto, non molto diverso allora da una dèa materiale, ambigua e misteriosa nelle sue manifestazioni come era la luna, simbolo di un mondo naturale che offriva agli uomini una vita precaria ed insicura. La morte di un pio personaggio, la discordia politica, il tradimento bastavano a far ritenere che Dio volesse castigare il suo popolo – che spesso non era responsabile di tali cose – infliggendogli il terrore della fine (semmai allo stesso suo popolo possiamo constatare una forte miopia vicino alla cecità con la quale si è soliti condividere e pensare la vita come da Lui immaginata… Anche nei limiti propri della stessa ove il terremoto null’altro che la manifestazione della ‘forza’ con la quale la Natura ed ogni Natura… lotta in ragione della propria sopravvivenza certezza e miglior evoluzione della stessa… Sempre e solo nella materiale condizione dei limiti della stessa ‘rilevata’ ed ora non più ‘rivelata’, in quanto il Desiderio e con lui lo Spirito è pur limite terreno nella crosta nel quale la materia o la vita non può riflettere o solo immaginare se stessa… E chi Infinito al Tempo pagherà sempre e solo con la vita il proprio destino: sogno riflesso nello specchio e limite del Tempo e Spazio e con questi la Memoria ivi custodita… Numerata contata e pregata con la certezza antica di una forte cecità, che ora e per sempre, condizionerà la Superiore Vista… Giacché chi si pensa con il dono di questa vedere e comprendere accompagnato alla  presunzione in nome della ragione, in verità e per il vero, opposto al Primo Pensiero e limitato, quindi, al circolo della vista divenuto oculo di un Abisso profondo cerchio del materiale Tempo…). 

















Nessun commento:

Posta un commento