CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

sabato 14 ottobre 2017

LA SCULTURA FUNERARIA (19)



















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I vivi al servizio dei morti (18/7)

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La scultura funeraria (20)













Lo sciamano del Passo della Porta del Cielo inviò un messo a Mujiangping per far scolpire da un vecchio falegname una testa della dea Tianluo, e disse sarebbe andato a ritirarla di persona il ventisettesimo giorno del dodicesimo mese per offrirla alla dea sul suo altare.
Come acconto il messo portò un’oca viva e promise al falegname, se il lavoro fosse stato consegnato alla data stabilita, una giara di vino di riso e una mezza testa di maiale per festeggiare il capodanno lunare.
Il vecchio fu colto dal terrore, capì che era arrivata la sua ora, perché a differenza della dea Guanyin che governa la vita, la dea Tianluo presiede la morte.

Tianluo veniva dunque a prendersi la sua vita!




Oltre ai consueti lavori di falegnameria, negli ultimi anni aveva scolpito statue per la gente, dal dio della ricchezza all’arhat sorridente, dal monaco elemosiniere al giudice onesto, aveva fatto una serie completa di maschere per una compagnia di teatro nuo, aveva realizzato dei Zhang Kaishan, metà uomini e metà divinità, dei Mashuai, mezzi uomini e mezze bestie, dei demoni etti mezzi uomini e mezzi diavioli, e persino delle divertenti figurine che facevano boccacce. Aveva scolpito anche statue di Guanyin per gente venuta da oltre le montagne, ma nessuno gli aveva mai chiesto statue della feroce Tianluo, la dea che governa la vita degli uomini.
Ed ecco che ora era venuta a reclamare la sua…
Ma come aveva potuto essere così stolto da accettare?
Colpa dell’età e dell’avidità!
Bastava fossero disposti a pagarlo bene che lui accettava di eseguire qualsiasi cosa. La gente diceva che le sue sculture erano molto realistiche, riconosceva al primo colpo d’occhio il dio della ricchezza, il funzionario brillante, l’arhat sorridente, il monaco elemosiniere, il giudice onesto, Zhang KaishanMashuai, i demonietti e la dea Guanyin.
Lui non l’aveva mai vista, Guanyn, sapeva solo che portava i bambini. Quando aveva sentito dire che la gente andava alla Rupe dell’Anima per avere figli, una forestiera venuta con una pezza di stoffa rossa e un fascio d’incenso lo aveva pregato di farle una statuina di Guanyin, e si era fermata a dormire da lui. Al mattino se n’era andata tutta contenta con la statuina fatta durante la notte. Ma non aveva mai scolpito Tianluo, prima di tutto perché non glielo aveva mai chiesto nessuno e poi perché solo uno sciamano poteva permettere sull’altare una dea così malvagia.




Rabbrividì e si sentì gelare, capì che Tianluo si era già introdotta nel suo corpo e stava per toglierli la vita. Salì su una catasta di legna per prendere un pezzo di bosso che stava ad essiccare da molti anni su una trave, un legno dalle venature sottili che non si deforma e non si spacca e che aveva conservato per qualcosa di importante. Come fece per allungare la mano, scivolò facendo crollare la catasta di legno. Si prese un bello spavento ma in cuor suo fu tutto chiaro. Con il pezzo di bosso in braccio si andò a sedere su un ceppo di acero che usava per spaccare la legna. Per i suoi soliti lavori in genere sgrossava il legno con qualche colpo d’ascia senza pensarci troppo, poi lo cesellava con lo scalpello e, seguendo i segni della lama, definiva la forma, un lavoro che faceva ad occhi chiusi.
Ma non aveva mai scolpito Tianluo, quindi rimase seduto inebetito con il pezzo di legno in mano. Rabbrividì, lo lasciò cadere, entrò in casa e sedette accanto al camino su un sedile di legno annerito dal fumo e levigato dal continuo strofinare delle natiche.
La sua fine si approssimava.




Non riuscì nemmeno a festeggiare il capodanno, pensò. Volevano la statua per il 27 del dodicesimo mese, non sarebbe arrivato nemmeno alla festa delle lanterne. Era deciso, non gli avrebbero lasciato passare il capodanno.

Aveva commesso troppi peccati, dice lei.
L’ha detto Tianluo?
Sì, ha detto che non era una persona per bene, non aveva saputo accontentarsi del suo destino.
Può darsi.
Sapeva di aver commesso molti peccati.
Aveva approfittato della donna che era andata a pregare per avere figli?
No, quella era una donnaccia, c’era stata.
E questo non è un peccato?
Può non esserlo.
Allora i suoi peccati…
Ha violentato una ragazza muta.
A casa sua?
No, non ha osato tanto.

















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