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All' 'Alba' del nuovo millennio... (19) &
L'odiato nemico 'barbone' (20)
Claudio Gotico
213?-270 |
Quintillo
220?-270 |
Crispo
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sconosciuta
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Costantina
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Claudia
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Eutropio
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Costanzo Cloro
250-305-306 |
Elena
250-330 |
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Giulio Costanzo
d. 337 |
Licinio
250-308-324-325 |
Costanza
293-330 |
Fausta
289-326 |
Costantino I
272-313-337 |
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Giuliano
331-360-363 |
Elena
d. 360 |
Costantino II
316-337-340 |
Costanzo II
317-337-361 |
Costante I
320-337-350 |
Crispo
d. 326 |
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Gioviano
331-363-364 |
Costanza
361-383 |
Graziano
359-367-383 |
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Libanio, far vagare l’anima entro i confini di se stessa e poi farla
uscire da se stessa, per non limitarne mai la sua percezione d’infinito, è un
gioco a me caro, nonostante mi vada a scontrare con tormentate verità e intricati
labirinti costruiti dai dubbi e dalle contorsioni della mente umana.
L’intera notte è stata pervasa dall’ignobile ricordo dei miei tre cugini,
Costantino II, Costante e Costanzo, a cui mio zio lasciò il regno, illudendosi
di fare cosa gradita e magnifica. Non si era neanche raffreddato il misero
corpo del grande imperatore dei cristiani, che quei tre demoni s’avventarono sulla
preda come aquile imbizzarrite. L’avidità di potere li spinse a sbranarsi come
mostri inferociti. Tra loro non esisteva più neanche una parvenza di umanità,
si muovevano come bestie assetate di sangue.
Credo, Libanio, che nessuno di loro tre possedesse un’anima, e che i raggi
solari non riuscissero a riscaldare quei gelidi corpi, fatti di nulla. Gli Dèi molto
spesso decidono di inviare sulla Terra tali orribili creature, per rendere la
vita degli uomini un inferno di dolore e miserie. In tal modo dimentichiamo l’armonia
e trascorriamo tutto il tempo a difenderci da loro.
Diventando deboli, i padroni del cielo non debbono temere che l’uomo,
unito e audace, sollevi gli occhi verso l’Olimpo. È un’antica gelosia quella
degli Dèi di credere che i mortali possano diventare più forti delle divinità
stesse. Il sommo Platone narra magistralmente questo mio concetto nel Simposio,
che il nostro Mardonio mi leggeva sovente, per insegnarmi a moderare l’audacia
e l’ambizione, che attraggono malsanamente l’invidia dei signori dell’Olimpo.
Egli mi infondeva la modestia e la ponderazione dell’anima.
A lui devo questo mio carattere schivo e mite.
I tre fratelli dunque, spinti dall’ossessiva paura di essere usurpati
nell’esercizio del potere, diedero ordine alle truppe di trucidare tutti i
discendenti maschi del ramo di Teodora, seconda moglie di Costanzo Cloro,
nonché padre di Costantino. Io e mio fratello Gallo fummo salvati, che amara consolazione,
Libanio. Restammo in vita non per pietà, di questo nobile sentimento i tre
assassini erano sprovvisti, ma perché considerati troppo piccoli e fragili di
salute.
Pensarono che saremmo morti in maniera del tutto naturale.
Te lo ripeto ancora, caro Libanio, poiché nella mia mente c’è come un eterno
ritorno di questa sanguinosa vicenda, che mi ossessiona l’anima. Dopo la
strage, gli scellerati divisero tra di loro i territori dei cugini uccisi, ma
una tragica fine li attendeva nell’ombra. Le turpitudini furono punite dagli Dèi,
poiché costoro armarono le mani, già intrise di sangue, l’uno verso l’altro.
Cadde Costantino II in un’imboscata, tesagli dall’avanguardia dell’esercito
di Costante, e cadde quest’ultimo, allo stesso modo in cui aveva inflitto la
morte al più piccolo dei suoi fratelli.
Rimase dunque Costanzo, come unico imperatore, e troppo male avrebbe
dovuto ancora seminare, prima di raggiungere anch’egli il solo destino che
poteva abbracciarlo: la morte.
Ora comprendi il senso della mia angoscia?
È una catena di malvagità, quella che l’inclinazione dell’anima umana
tramanda di padre in figlio, una ruota che gira continuamente, senza sosta,
creando un amaro destino cinico e bestiale, che noi uomini denominiamo dolore.
Potrei procedere a ritroso nel tempo, fino a giungere a quello che voi
filosofi definite caos primordiale della materia, dove tutto ebbe un frenetico inizio.
Mi chiedo, se in questa sede embrionale di disordine cosmico si possa collocare
l’errore originario, causa delle future sciagure per l’umanità.
È dalla creazione che esiste qualcosa di profondamente sbagliato,
connaturato nella nostra fragile essenza. Un eterno ritorno del male.
Non mi inoltrerò ulteriormente in questioni squisitamente dogmatiche,
non vorrei diventare tedioso e quanto mai pessimista.
Mi lacrima il cuore, Libanio, ho bisogno di guardare le stelle, forse
riusciranno a illuminare questo mio animo cupo, smarrito nel dolore. Neanche le
stelle riescono a illuminarmi. Il ricordo di Costanzo tutto sovrasta. Dei tre
Costantinidi, sopravvisse proprio lui, il più crudele ed efferato di loro.
Accadde esattamente come in natura, quando l’animale più debole soccombe dinanzi
a quello più forte.
Cadde Costantino II, cadde poi Costante, e la mano carnefice che li
gettò vilmente a terra fu quella di loro fratello.
Stento a crederlo ma la realtà questo ci narra, crudamente, senza alcun
lieto fine. Per quel che concerne me ed il mio adorato Gallo fece peggio: ci
lasciò vivere.
Ero poco più di un bambino, quando mi condannò all’esilio nella lontana
Nicomedia, in Anatolia. Qui fui affidato al vescovo Eusebio, uomo che la mia
memoria ricorda solo e soltanto per la sua noia logorante, di cui egli faceva
virtù preziosa. Il tedio delle sue lezioni, risuonanti di vuote parole,
costituiva per me uno strazio infinito, nulla che destasse il benché minimo
interesse e neppure un lieve accenno di curiosità. Credo, Libanio, che il
povero Eusebio non trasmettesse niente neanche a se stesso, e che le sue
convinzioni religiose non lo convincessero poi così tanto da poterle insegnare
con passione.
Il suo non era propriamente un vivere ma un vago esistere…
L’unica mia consolazione, in quei giorni interminabili, era la presenza
di Mardonio e del suo nobile amore per i classici, amore che poi, pian piano,
si insinuò nelle mie vene come nettare dolce. Sebbene fanciullo, intuii fin dal
primo istante la mia scarsa inclinazione verso il credo dei cristiani.
Di certo Eusebio non fu il maestro più adatto a indirizzarmi in tal
senso. Nelle nostre lunghe passeggiate, in cui il vescovo mi faceva ripetere le
consuete preghiere della giornata, avrei potuto commettere qualsiasi gesto alle
sue spalle, egli non si sarebbe mai accorto di nulla. Il ritornello di quelle
vuote parole ipnotizzava il poveretto, fino a renderlo una sterile immagine di
se stesso. La sua voce, ahimè, non toccava affatto la sua anima.
Talvolta sorridevo nel guardare quel fantoccio, che agli occhi di un bambino
appariva quasi come un noioso giocattolo,
privo di essenza. Ricordo nitidamente, anche se non possedevo affatto quella
lucida consapevolezza di adolescente, la solitudine che mi sovrastava in quegli
interminabili giorni di Nicomedia.
Ma era nella notte che si consumavano i miei peggiori incubi.
La paura mi possedeva, come demone crudele, e io piangevo, ma nessuno
asciugava quelle lacrime di amaro dolore. Avrei voluto la carezza di mia madre,
il suo conforto, come ogni bambino, ma imparai presto, a mie spese, cosa significasse
l’abbandono. Talvolta Mardonio, sentendo i miei gemiti, accorreva a consolarmi,
ma egli non poteva certo sostituire una madre o un padre. La sua dolcezza mi fu
di grande aiuto in quel primo disperato esilio che inaugurò tristemente una
lunga serie di emarginazioni senza voce. Per lenire le mie pene il maestro mi
leggeva i versi dell’Odissea e, simile a un aedo, mi cantava di Ulisse e di come
quest’ultimo riuscì a sedurre Nausicaa, dalle bianche braccia, e io così mi addormentavo,
sconfiggendo le ombre della notte. Mai gli chiesi perché avesse scelto proprio
il re di Itaca per sedare i miei tormenti, ma sempre sarò grato a Mardonio per aver
alleviato, in parte, il fardello della solitudine di Nicomedia.
(G. Bettelli)
(Prosegue...)
(G. Bettelli)
(Prosegue...)
Giuliano, imperatore romano
|
Padre:
Giulio Costanzo |
Nonno paterno:
Costanzo Cloro, imperatore romano |
Bisnonno paterno:
Eutropio |
Bisnonna paterna:
Claudia |
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Nonna paterna:
Flavia Massimiana Teodora |
Bisnonno paterno:
Afranio Annibaliano |
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Bisnonna paterna:
Eutropia, imperatrice romana |
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Madre:
Basilina |
Nonno materno:
Giulio Giuliano |
Bisnonno materno:
? |
|
Bisnonna materna:
? |
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Nonna materna:
? |
Bisnonno materno:
? |
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Bisnonna materna:
? |
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