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Là dove un angelo viaggia... (16)
Contro il predominio del mercato, gli utopisti credono nel piano eudemonista e nella riorganizzazione paradisiaca della società. In questa disposizione d’animo, ma andando oltre il fourierismo, John Adolphus Etzler pubblica nel 1833 The Paradise within the Reach of all Men, without Labor, by Powers of Nature and Machinery [Il paradiso alla portata di tutti gli uomini, senza lavoro, per mezzo della potenza della natura e della meccanica], un successo ai suoi tempi.
In quest’opera Etzler inventa l’ecologia
tecnofila
chiedendo alla natura di fornire energie rinnovabili, non inquinanti, gratuite,
per mettere in moto la potenza di macchine destinate a rendere possibile il
vecchio sogno cartesiano e tecnofilo dell’uomo padrone e possessore della
natura. Un simile progetto permetterebbe di realizzare niente di meno che il
paradiso in terra. Etzler teneva
conferenze e spiegava come mettere le macchine al servizio degli uomini per
realizzare questo radioso futuro. Emerson ha probabilmente assistito a una di
queste conferenze e consacrato a questo tema un articolo su The Dial, la rivista dei
trascendentalisti.
In
sostanza, il filosofo irride l’ottimismo degli uomini e la loro fiducia in
soluzioni collettive, e punta invece a una lenta trasformazione della Storia da
parte delle grandi personalità. Apprezza però l’energia, l’audacia e la
generosità di simili progetti e chiede a Thoreau di recensire il suo libro.
Qual
è la tesi di quest’opera?
Che
la natura dispone di straordinarie fonti di energia: le correnti dei venti, i
movimenti dell’acqua, la regolarità delle maree, il calore del sole, la potenza
delle cascate. Qualunque cosa accada, queste forze si rinnovano
incessantemente, andando generosamente a sostituire quelle che si esauriscono,
senza mai giungere a prosciugare questo capitale autorigenerantesi.
Al contrario delle energie fossili, che impiegano secoli per
formarsi e poche ore per essere consumate, che sono rare, dunque costose, e
inquinanti, le risorse naturali non aspettano che l’intelligenza degli uomini
per essere correttamente utilizzate a scopi di eudemonismo sociale.
Prima
delle invenzioni decantate da Jules Verne
– Ventimila
leghe sotto i mari è
del 1870, Viaggio
al centro della Terra del 1864, Il giro del mondo in ottanta giorni del 1873 – Etzler annuncia sin dal 1833 l’aereo,
la nave gigantesca, le norie di macchine agricole, la città moderna, i
trasporti collettivi veloci, i progressi della medicina, ad esempio
l’allungamento della durata della vita, i materiali di costruzione allora
inediti, il bagno, gli ascensori, l’aria condizionata, la ristorazione mobile,
l’illuminazione notturna…
Etzler si tiene al corrente delle ultime
invenzioni, constatando che nel primo quarto di secolo fioriscono in tutti i
settori: profetizza per i dieci anni a venire una rivoluzione del mondo e il
suo ingresso nella modernità. Sappiamo che ciò avverrà, come predetto
dall’utopista, ma nell’arco di più di un secolo.
Indubbiamente,
questa visione non si addice affatto a Thoreau, che si prende un po’ gioco di
Etzler. A quel progresso tecnico, generatore di felicità per gli uomini, egli
non crede neanche per un attimo. Crede anzi che quello che Etzler chiama
progresso costituisca piuttosto un ‘regresso’. L’ingegnere utopista tedesco inventa l’ecologia tecnofila, Thoreau, l’ecologia tecnofoba.
Il primo pensa che la felicità degli
uomini passi per una rivoluzione industriale, il secondo per una riforma
morale. L’uno crede a un uso moderno della natura, l’altro a una pratica
millenaria della sua realtà.
A
ventisei anni, Thoreau afferma che il
paradiso in terra non è questione di macchine industriali, di progresso tecnologico,
di ascensore o di vasca da bagno, ma di un nuovo rapporto con la natura. Non,
come in Etzler, di dominio, di
sfruttamento, di sottomissione, ma di rispetto, di affetto, di simpatia nei
suoi confronti, anzi d’amore.
Per
realizzare il suo progetto Etzler confida
nei governi, Thoreau al contrario li
esecra e ha fiducia solo negli individui.
Thoreau
afferma che il progresso tecnologico serva solo a soddisfare i bisogni umani.
Costruire il futuro su queste prospettive condurrebbe a un’impasse.
La
disattenzione verso la natura, i cattivi trattamenti che gli uomini le
infliggono, le brutalità che l’uomo moderno le fa subire, ipotecano le sue
possibilità di sopravvivenza. Proteggerla è indispensabile, e perciò è
anzitutto necessario conoscerla.
L’ingegnere
non deve dettare legge; il poeta sì!
La
natura può darci lezioni, noi dobbiamo metterci a sua disposizione.
Etzler s’inganna ed inganna: la natura non deve servire l’uomo,
perché è l’uomo che deve servire la natura.
Il filosofo non esclude di utilizzare
la natura, ma usando saggiamente la conoscenza delle sue leggi. Per esempio, un
apicultore si è posto all’ascolto delle sue api. Osservando l’arnia e il
comportamento dei suoi abitanti, ne ha dedotto che la quantità di miele
prodotto dipende dall’orientamento dell’apertura dell’alveare in direzione dei
raggi del sole. Forte del suo sapere e ricco della sua filosofia della natura,
gira di un grado l’arnia verso est e ottimizza in tal modo il raccolto, in
quanto, offrendo alle sue api due ore di vantaggio sulle altre, esse
raggiungono più rapidamente i fiori e bottinano prima. Ecco come l’uomo può
intervenire sulla natura: accompagnandola dopo averla compresa, e non
forzandola ignorandone i meccanismi.
Per
tale ragione Thoreau dedicherà in
seguito la sua (breve) vita a costruire un’enciclopedia
della Natura: osservare i suoi movimenti, annotare le sue variazioni,
misurare le sue trasformazioni, scrivere le sue modificazioni, misurare a
grandi passi – in tutti i sensi del termine – i laghi, i corsi d’acqua, i
campi, i boschi, scrutare i dettagli di un’ala o di un filo d’erba al
microscopio, sorprendere l’intimità di una covata in un nido, che se ne sta
appollaiato in alto su un albero, sia arrampicandosi fisicamente sia dirigendo
il suo cannocchiale sulla scena, stare acquattati in un frutteto vestiti con i
colori della stagione.
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