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La
politica dell’inevitabilità è l’idea che non ci siano Idee. I suoi sostenitori
negano l’importanza delle Idee, dimostrando soltanto di essere sotto l’influsso
di un’idea potente.
Il cliché
di questa politica è che ‘non ci sono alternative’. Accettare questa teoria
equivale a negare la responsabilità individuale di capire la storia e innescare
un cambiamento. La vita diventa un viaggio semicosciente verso una tomba
precontrassegnata in un terreno preacquistato.
L’eternità
sorge dall’inevitabilità come un fantasma da un cadavere. La versione
capitalista della politica dell’inevitabilità, il mercato come sostituto della
linea politica, genera disuguaglianze economiche che minano la fede nel progresso.
Quando la mobilità sociale si blocca, l’inevitabilità cede il passo all’eternità,
e la democrazia all’oligarchia.
Un
oligarca che racconta la storia di un passato innocente, magari con l’aiuto di
idee fasciste, offre una protezione fasulla a persone afflitte da un dolore
reale. La convinzione che la tecnologia sia al servizio della libertà spiana la
strada al suo spettacolo. Mentre la distrazione soppianta la concentrazione, il
futuro si dissolve nelle frustrazioni del presente e l’eternità diventa la vita
di tutti i giorni.
L’oligarca
entra nella politica reale da un mondo di finzione e governa invocando il mito
e la crisi dell’industria manifatturiera. Negli anni Duemiladieci un uomo di questo
tipo, Vladimir Putin, ne ha accompagnato un altro, Donald Trump, dalla finzione
al potere. La Russia ha raggiunto per prima la politica dell’eternità, e i
leader russi hanno protetto se stessi e la propria ricchezza esportandola.
L’oligarca
capo, Vladimir Putin, ha scelto come guida il filosofo fascista Ivan Il’in.
Nel 1953
il poeta Czesław Miłosz scrisse che ‘solo alla metà del XX secolo gli abitanti
di molti Paesi europei sono arrivati a capire, di solito attraverso la
sofferenza, che i libri di filosofia complessi e difficili hanno un influsso
diretto sul loro destino’.
Alcuni
dei libri di filosofia che contano oggi furono scritti da Il’in, scomparso
l’anno dopo che Miłosz aveva buttato giù queste righe. La ripresa di Ivan Il’in
da parte della Russia ufficiale negli anni Novanta e Duemila donò alla sua
produzione una seconda vita sotto forma di fascismo adattato per rendere
possibile l’oligarchia, sotto forma di idee specifiche che hanno aiutato i
leader a passare dall’inevitabilità all’eternità.
Il
fascismo degli anni Venti e Trenta, l’epoca di Il’in, aveva tre caratteristiche
principali: celebrava la volontà e la violenza sopra la ragione e la legge;
proponeva un leader che avesse un legame mistico con il popolo; definiva la globalizzazione
un complotto anziché una serie di problemi.
Tornato
oggi in auge in condizioni di disuguaglianza sotto forma di politica
dell’eternità, esso è utile agli oligarchi per dirottare le transizioni dalla
discussione pubblica verso la fiction politica, dalle elezioni significative
verso una finta democrazia, dal principio di legalità verso regimi
personalisti.
La storia
continua sempre, e le alternative si presentano sempre.
Il’in è
una di loro.
Non è
l’unico pensatore fascista a essere stato ripreso nel nostro secolo, ma è il
più importante. È una guida sulla strada sempre più buia verso la mancanza di
libertà, che conduce dall’inevitabilità all’eternità. Studiando le sue idee e
il suo influsso, possiamo guardare lungo questa strada, cercando luci e uscite.
È questo che significa ragionare storicamente: chiedersi come le idee del
passato possano contare nel presente, confrontando l’epoca della globalizzazione
di Il’in con la nostra, rendendosi conto che, ieri come oggi, le possibilità
erano reali ed erano più di due.
…Ivan
Il’in, nato in una famiglia nobile nel 1883, da giovane fu il tipico
rappresentante della sua generazione. Nel primo decennio del Novecento, sognava
che la Russia si trasformasse in uno Stato governato dalle leggi. Dopo la catastrofe
della Prima guerra mondiale e l’esperienza della Rivoluzione bolscevica nel
1917, diventò un controrivoluzionario, un difensore dei metodi violenti contro la
rivoluzione e, con il tempo, l’artefice di un fascismo cristiano volto a
sconfiggere il bolscevismo.
Nel 1922,
qualche mese prima della fondazione dell’Unione Sovietica, fu esiliato dalla
patria. Scrivendo a Berlino, propose un programma agli oppositori della nuova
URSS, denominati Bianchi. Erano uomini che avevano combattuto contro l’Armata
Rossa dei bolscevichi durante la lunga e cruenta guerra civile russa e poi,
come Il’in, erano dovuti emigrare in Europa per ragioni politiche. In seguito,
Il’in formulò i suoi scritti come guida per i leader russi che sarebbero saliti
al potere dopo la fine dell’Unione Sovietica. Morì nel 1954. Dopo che una nuova
Federazione russa era emersa dalla defunta URSS nel 1991, il suo breve libro ‘I
nostri compiti’ iniziò a circolare in nuove edizioni russe, la sua opera omnia
fu data alle stampe e le sue idee conquistarono potenti sostenitori.
Il’in era
morto nell’oblio in Svizzera; Putin organizzò una risepoltura a Mosca, nel
2005. I documenti personali del filosofo erano arrivati alla Michigan State University;
Putin mandò un emissario a recuperarli nel 2006. Ormai Putin citava Il’in
durante i discorsi presidenziali annuali all’assemblea generale del parlamento
russo. Si trattava di interventi importanti, scritti di suo pugno. Negli anni Duemiladieci,
Putin ha fatto affidamento sull’autorevolezza di Il’in per spiegare perché la
Russia dovesse indebolire l’Unione Europea e invadere l’Ucraina.
Quando
gli hanno chiesto di fare il nome di uno storico, ha definito il filosofo la massima
autorità sul passato. La classe politica russa ha seguito il suo esempio. Il
suo responsabile della propaganda, Vladislav Surkov, ha adattato le idee di
Il’in al mondo dei media moderni. Ha orchestrato l’ascesa di Putin al potere e
ha supervisionato il consolidamento dei media che ha garantito il suo dominio
apparentemente eterno.
Dmitrij
Medvedev, il capo formale del partito politico di Putin, ha raccomandato Il’in
alla gioventù russa. Al filosofo si sono ispirati anche i leader dei finti
partiti all’opposizione, i comunisti e i liberaldemocratici (di estrema destra),
che hanno contribuito alla creazione del simulacro di democrazia da lui
consigliato. Il’in è stato menzionato dal capo della corte costituzionale
proprio mentre era in ascesa la sua idea secondo cui la legge significava amore
per il leader. È stato citato dai governatori regionali quando la Russia è diventata
lo Stato centralizzato di cui egli perorò la causa. All’inizio del 2014, i
membri del partito al governo e tutti i funzionari pubblici russi ricevettero
dal Cremlino una raccolta delle sue pubblicazioni politiche.
Nel 2017,
la televisione russa commemorò il centenario della Rivoluzione bolscevica con
un film che presentava Il’in come un’autorità morale.
Questo
filosofo era un politico dell’eternità.
Il suo
pensiero prevalse quando la versione capitalista della politica
dell’inevitabilità crollò nella Russia degli anni Novanta e Duemila. Il suo
influsso ha toccato l’apice quando la Russia, negli anni Duemiladieci, è
diventata una cleptocrazia organizzata e le disuguaglianze interne hanno raggiunto
proporzioni incredibili.
L’attacco
russo all’Unione Europea e agli Stati Uniti rivelò, prendendole di mira, certe
virtù politiche che il filosofo aveva ignorato o disprezzato: l’individualismo,
la successione, l’integrazione, la novità, la verità, l’uguaglianza.
Il’in
propose per la prima volta le sue idee ai russi un secolo fa, dopo la
Rivoluzione russa. Tuttavia, è diventato un filosofo del nostro tempo. Nessun
pensatore del XX secolo è stato riabilitato in così grande stile nel XXI, né ha
avuto un’influenza così profonda sulla politica mondiale. Se ciò è passato inosservato,
è perché siamo schiavi dell’inevitabilità: crediamo che le idee non contino.
Ragionare storicamente significa accettare che l’ignoto possa essere
significativo e impegnarsi per renderlo noto.
La nostra
politica dell’inevitabilità richiama quella dell’epoca di Il’in.
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