CHI DELLA FOLLA, INVECE,

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30 MAGGIO 1924

giovedì 11 luglio 2019

IL FASCISMO.... (9)









































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La politica dell’inevitabilità è l’idea che non ci siano Idee. I suoi sostenitori negano l’importanza delle Idee, dimostrando soltanto di essere sotto l’influsso di un’idea potente.

Il cliché di questa politica è che ‘non ci sono alternative’. Accettare questa teoria equivale a negare la responsabilità individuale di capire la storia e innescare un cambiamento. La vita diventa un viaggio semicosciente verso una tomba precontrassegnata in un terreno preacquistato.

L’eternità sorge dall’inevitabilità come un fantasma da un cadavere. La versione capitalista della politica dell’inevitabilità, il mercato come sostituto della linea politica, genera disuguaglianze economiche che minano la fede nel progresso. Quando la mobilità sociale si blocca, l’inevitabilità cede il passo all’eternità, e la democrazia all’oligarchia.




Un oligarca che racconta la storia di un passato innocente, magari con l’aiuto di idee fasciste, offre una protezione fasulla a persone afflitte da un dolore reale. La convinzione che la tecnologia sia al servizio della libertà spiana la strada al suo spettacolo. Mentre la distrazione soppianta la concentrazione, il futuro si dissolve nelle frustrazioni del presente e l’eternità diventa la vita di tutti i giorni.

L’oligarca entra nella politica reale da un mondo di finzione e governa invocando il mito e la crisi dell’industria manifatturiera. Negli anni Duemiladieci un uomo di questo tipo, Vladimir Putin, ne ha accompagnato un altro, Donald Trump, dalla finzione al potere. La Russia ha raggiunto per prima la politica dell’eternità, e i leader russi hanno protetto se stessi e la propria ricchezza esportandola.

L’oligarca capo, Vladimir Putin, ha scelto come guida il filosofo fascista Ivan Il’in.




Nel 1953 il poeta Czesław Miłosz scrisse che ‘solo alla metà del XX secolo gli abitanti di molti Paesi europei sono arrivati a capire, di solito attraverso la sofferenza, che i libri di filosofia complessi e difficili hanno un influsso diretto sul loro destino’.

Alcuni dei libri di filosofia che contano oggi furono scritti da Il’in, scomparso l’anno dopo che Miłosz aveva buttato giù queste righe. La ripresa di Ivan Il’in da parte della Russia ufficiale negli anni Novanta e Duemila donò alla sua produzione una seconda vita sotto forma di fascismo adattato per rendere possibile l’oligarchia, sotto forma di idee specifiche che hanno aiutato i leader a passare dall’inevitabilità all’eternità.

Il fascismo degli anni Venti e Trenta, l’epoca di Il’in, aveva tre caratteristiche principali: celebrava la volontà e la violenza sopra la ragione e la legge; proponeva un leader che avesse un legame mistico con il popolo; definiva la globalizzazione un complotto anziché una serie di problemi.




Tornato oggi in auge in condizioni di disuguaglianza sotto forma di politica dell’eternità, esso è utile agli oligarchi per dirottare le transizioni dalla discussione pubblica verso la fiction politica, dalle elezioni significative verso una finta democrazia, dal principio di legalità verso regimi personalisti.

La storia continua sempre, e le alternative si presentano sempre.

Il’in è una di loro.

Non è l’unico pensatore fascista a essere stato ripreso nel nostro secolo, ma è il più importante. È una guida sulla strada sempre più buia verso la mancanza di libertà, che conduce dall’inevitabilità all’eternità. Studiando le sue idee e il suo influsso, possiamo guardare lungo questa strada, cercando luci e uscite. È questo che significa ragionare storicamente: chiedersi come le idee del passato possano contare nel presente, confrontando l’epoca della globalizzazione di Il’in con la nostra, rendendosi conto che, ieri come oggi, le possibilità erano reali ed erano più di due.




…Ivan Il’in, nato in una famiglia nobile nel 1883, da giovane fu il tipico rappresentante della sua generazione. Nel primo decennio del Novecento, sognava che la Russia si trasformasse in uno Stato governato dalle leggi. Dopo la catastrofe della Prima guerra mondiale e l’esperienza della Rivoluzione bolscevica nel 1917, diventò un controrivoluzionario, un difensore dei metodi violenti contro la rivoluzione e, con il tempo, l’artefice di un fascismo cristiano volto a sconfiggere il bolscevismo.

Nel 1922, qualche mese prima della fondazione dell’Unione Sovietica, fu esiliato dalla patria. Scrivendo a Berlino, propose un programma agli oppositori della nuova URSS, denominati Bianchi. Erano uomini che avevano combattuto contro l’Armata Rossa dei bolscevichi durante la lunga e cruenta guerra civile russa e poi, come Il’in, erano dovuti emigrare in Europa per ragioni politiche. In seguito, Il’in formulò i suoi scritti come guida per i leader russi che sarebbero saliti al potere dopo la fine dell’Unione Sovietica. Morì nel 1954. Dopo che una nuova Federazione russa era emersa dalla defunta URSS nel 1991, il suo breve libro ‘I nostri compiti’ iniziò a circolare in nuove edizioni russe, la sua opera omnia fu data alle stampe e le sue idee conquistarono potenti sostenitori.




Il’in era morto nell’oblio in Svizzera; Putin organizzò una risepoltura a Mosca, nel 2005. I documenti personali del filosofo erano arrivati alla Michigan State University; Putin mandò un emissario a recuperarli nel 2006. Ormai Putin citava Il’in durante i discorsi presidenziali annuali all’assemblea generale del parlamento russo. Si trattava di interventi importanti, scritti di suo pugno. Negli anni Duemiladieci, Putin ha fatto affidamento sull’autorevolezza di Il’in per spiegare perché la Russia dovesse indebolire l’Unione Europea e invadere l’Ucraina.

Quando gli hanno chiesto di fare il nome di uno storico, ha definito il filosofo la massima autorità sul passato. La classe politica russa ha seguito il suo esempio. Il suo responsabile della propaganda, Vladislav Surkov, ha adattato le idee di Il’in al mondo dei media moderni. Ha orchestrato l’ascesa di Putin al potere e ha supervisionato il consolidamento dei media che ha garantito il suo dominio apparentemente eterno.




Dmitrij Medvedev, il capo formale del partito politico di Putin, ha raccomandato Il’in alla gioventù russa. Al filosofo si sono ispirati anche i leader dei finti partiti all’opposizione, i comunisti e i liberaldemocratici (di estrema destra), che hanno contribuito alla creazione del simulacro di democrazia da lui consigliato. Il’in è stato menzionato dal capo della corte costituzionale proprio mentre era in ascesa la sua idea secondo cui la legge significava amore per il leader. È stato citato dai governatori regionali quando la Russia è diventata lo Stato centralizzato di cui egli perorò la causa. All’inizio del 2014, i membri del partito al governo e tutti i funzionari pubblici russi ricevettero dal Cremlino una raccolta delle sue pubblicazioni politiche.

Nel 2017, la televisione russa commemorò il centenario della Rivoluzione bolscevica con un film che presentava Il’in come un’autorità morale.

Questo filosofo era un politico dell’eternità.




Il suo pensiero prevalse quando la versione capitalista della politica dell’inevitabilità crollò nella Russia degli anni Novanta e Duemila. Il suo influsso ha toccato l’apice quando la Russia, negli anni Duemiladieci, è diventata una cleptocrazia organizzata e le disuguaglianze interne hanno raggiunto proporzioni incredibili.

L’attacco russo all’Unione Europea e agli Stati Uniti rivelò, prendendole di mira, certe virtù politiche che il filosofo aveva ignorato o disprezzato: l’individualismo, la successione, l’integrazione, la novità, la verità, l’uguaglianza.

Il’in propose per la prima volta le sue idee ai russi un secolo fa, dopo la Rivoluzione russa. Tuttavia, è diventato un filosofo del nostro tempo. Nessun pensatore del XX secolo è stato riabilitato in così grande stile nel XXI, né ha avuto un’influenza così profonda sulla politica mondiale. Se ciò è passato inosservato, è perché siamo schiavi dell’inevitabilità: crediamo che le idee non contino. Ragionare storicamente significa accettare che l’ignoto possa essere significativo e impegnarsi per renderlo noto.

La nostra politica dell’inevitabilità richiama quella dell’epoca di Il’in.













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