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L'olio di balena & Lui parla... (2/1)
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Due Eretici (4) &
Metti un'Eresia a cena (5)
Questa Rima - o se preferite - Frammento di Vita,
la compongo per il diletto di questa storia segreta… eretica preghiera…
Ho atteso la loro rima come un uomo strappato
dalla vita e gettato in un sogno, e da quella poesia… non riesce più a farne
ritorno. Quella vita da loro narrata e vissuta non è figlia di questo frammento
di Tempo raccolto e bruciato come l’Anima a cui si vuole purgare un peccato mai
consumato.
Per questo ho atteso con apprensione, ora che
la vita domina un villaggio nominato progresso, il ritorno di ogni elemento a
cui il loro misero Tempo destina il fuoco delle ore. A cui la creazione destina
il fuoco che allontana ogni tremito, come fosse il freddo della morte a cui non
sanno dare un nome.
Forse perché vivono nell’illusione della vita.
Forse perché vivono l’illusione dell’Inverno.
Forse perché hanno paura della morte.
Così come dicevo, quando arriva l’Autunno (così
come l’estate…) mi raccolgo vicino al bosco, e quando la neve così come nuova
linfa lenta si posa su ogni foglia dell’albero della vita e ne imbianca o
invigorisce la cima, io ascolto la voce che si fa’ rima…
Ascolto e leggo il libro della vita.
Non provo freddo… e parlo con il vento.
Non provo solitudine, odo tante voci come se la
sala del mio vecchio albergo fosse rinata entro il mio invisibile Tempo.
Prima non riuscivo più ad udire verbo nella
stagione del loro incompreso Tempo, ora ascolto ogni frammento, ogni
proponimento, ogni pensiero del Primo Dio risorto.
La sala in quel momento senza Tempo è colma di
tutti gli ospiti di questa eterna nostra avventura, la vestono con i nuovi
colori della loro invisibile natura. Adesso che il Tempo trema entro la sua
strana ora, una cella fredda, una sala scaldata dal fuoco della passione entro
il mito nominato istinto, temono la verità soffocata dal vino…, mentre adoro e parlo con Dio.
Lui: Nel pomeriggio, mentre stavo sul colle di Fair
Haven, udii il rumore di una sega e poco dopo vidi due uomini che stavano
segando un nobile Abete.
Decisi di
attendere finché non fosse caduto: esso era l’ultimo (…Genio di una Selva
antica troppo per essere spiegata a degli omuncoli d’una stirpe nuova…) di una
dozzina di Abeti sopravvissuti al primitivo taglio della Foresta e per quindici
anni aveva ondeggiato in solitaria maestà al di sopra della Terra in germoglio.
Io: Non combatto la verità con il fuoco
dell’ignoranza che avanza, rimango in ascolto della meravigliosa armonia e
quando la nota di ogni strofa percepita mi accarezza l’anima fin a quel momento
assopita, io rincorro il vento e parlo con la foglia, scruto la rima, poi seguo
il torrente e come un pazzo uscito di senno inondo la vallata della mia poesia.
Mi raccontano, ora, la loro storia, l’inganno e
il patimento subiti nel Tempo. Quando ornavano la bella vallata, quando
raccoglievano il sole… e la cima donava
linfa principio di vita. Poi venne uno strano uomo, padrone del loro arbitrio,
volle abbattere e profanare quanto spetta al Primo Architetto creatore
Straniero dell’Universo mai detto.
Volle sottomettere e controllare la vita che da
secoli governa l’intera vallata. Volle aprire il sentiero nominato ‘progresso’,
una paginetta scritta nel Tempo, un Secondo contato nella materia, lui per il
vero è solo una virgola, un punto…, l’inutile grammatica di questa storia qui e
per sempre perseguitata, forse perché la verità non può essere narrata?
Volle abbattere secolari Dèi, piante e arbusti
nel Tempo cresciuti.
Volle abbattere la vita che dimora all’alba di
una Prima Mattina, quando un uomo, un Dio sceso si confuse e vagò nella nebbia
del suo Universo, volle scrutare il sogno nella materia creato, per poi
piangere il suo vero Creato.
Lui: Li vidi dunque rosicchiare a lungo il tronco
di questo nobile Albero, come castori o come insetti, quegli omuncoli con la
loro piccola sega a malapena in grado di scalfirlo. Esso torreggiava dall’alto
di cento piedi circa, come scopersi poco dopo misurandolo, probabilmente uno
dei più alti della città, dritto come un dardo, solo leggermente inclinato
verso il colle, con la cima che spiccava contro il fiume gelato e la collina di
Conantum.
Io: Ma ora che il ricordo si fa tempesta, e la
neve… strofa di questa eretica preghiera, a lui rimane solo la memoria della
triste tortura ricevuta: quando una bella mattina fu lentamente abbattuta, una
giornata intera di vita compiuta e una lenta rima al rumore di una accetta,
Tempo che batte la lingua sul tamburo di una nuova calunnia rogo al calore
della Storia.
Una giornata di martirio come una vita dedicata
a Dio quando al rogo arde l’innocenza della vita vittima di una falsa
preghiera, e la verità perì con lui nel bosco di una fitta nebbia di Prima
materia creata nell’invisibile pensiero di una volontà celata alla comprensione
di una immagine mai svelata e narrata.
Ugual sorte toccò ad un altro arbusto come
fosse stato suo fratello nel martirio subito, proprio lì all’inizio del grande
sentiero. Si piegava al vento come fosse stato uno strano lamento, poi gli
furono spezzati uno ad uno i rami, come quando si mozzano le mani e gli arti ad
un uomo in una guerra incompresa, stagione del Tempo che avanza nella fredda
nebbia che avvolge l’intera vallata, affinché la lenta agonia inflitta diventi
verità compiuta, il rumore sordo dell’accetta una sana preghiera… pagina della
memoria.
Alla fine di quella funesta e terribile
giornata fu legato con una corda stretta alla cima di un masso scolpito in un
Teschio di una impervia via, fu trascinato senza riguardo per il piacere di
strappargli la vita, fu mortificato per il diletto nominato dovere
nell’apparente legge della vita.
Lei morì nella sua grande bellezza, se pur
privata della radice, rimase dritta sospesa come per ingannare l’attesa, così
immobile e priva della vita era più bella di prima. Rimase dritta ed eterna
come a guardia della sua cima accanto alla foglia ingiallita… compagna di
un'altra vita, eresia mai svelata per l’invisibile via. Fratello in ugual sorte
di chi non conosce la morte, abdicando alla vista l’inganno scritto nella
debolezza del Tempo, lasciando alla vista l’illusione della morte e la fine diviene spirito di vita.
Lui: Guardo attentamente, per vedere quando
comincerà a vacillare. Ora i tagliaboschi s’arrestano ed incidono un poco il
tronco con l’accetta dalla parte verso cui inclina, affinché possa spezzarsi
più rapidamente, ed ora la loro sega riprende, ora certamente cade; è inclinato
di venticinque gradi ed io, col respiro sospeso, attendo il crollo rovinoso.
Io: Certo che la stagione avanza, ma guarda il
mondo e contempla la vita con l’anima di una diversa rima, riscalda la stagione
della tua nuova venuta con la saggezza che illumina l’invisibile via
intrapresa; certo che lottiamo, da quando fui maestro e poeta di una immensa
cima, combattevo il male di un’altra vita. Combattevo la materia invisibile
alla tua misera ora e lo spirito rinasceva nella tua parola per ogni calunnia
detta e non detta, mentre mortificavi la carne della Prima Venuta con l’arma di
una stagione compiuta: tu combatti il Tempo e il Tempo ti studia per ogni
bestemmia detta con la complicità divenuta preghiera.
Ridevi così all’invisibile strofa mentre lo
spirito acquista nuova vista sì che la tua rima concime di vita, mentre contrasta
lo spirito dell’invisibile stagione non ancora venuta, rinasce e narra la
storia a te per sempre celata (e giammai riconosciuta) per ogni violenza
compiuta…
Lui: Ma no, avevo sbagliato: non s’è mosso d’un
palmo, è ancora nella stessa inclinazione di prima. Manca ancora un quarto d’ora
al suo crollo. I suoi rami s’agitano al vento come fossero destinati a
sopravvivere secoli, e il vento, come prima, soffia attraverso i suoi aghi; è
ancora un Albero della Foresta, l’Albero più maestoso che ondeggia sul Musketaquid.
Il riflesso argenteo del sole splende attraverso i suoi aghi, lo scoiattolo
trova ancora in esso un riposo rifugio per il suo nido, nessun licheno ha
ancora abbandonato le sue radici, le radici di un ardito Albero maestro sulla
propria collina.
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