Prosegue in:
Cosa è la religione (2)
…A questo punto Dirac che, appena venticinquenne, non apprezzava
appieno la virtù della tolleranza.
‘Non capisco perché mai stiamo a
parlare di religione?’, disse.
‘Se siamo onesti, e in quanto
scienziati l’onestà è un nostro preciso dovere, non si potrà fare a meno di
ammettere che qualsiasi religione è una congerie di asserzioni false, prive di
ogni fondamento reale. L’idea stessa di Dio è un prodotto dell'immaginazione
dell'uomo. Capisco perfettamente che l’uomo primitivo, più esposto alle
incontrollabili forze della natura, abbia personificato queste forze mosso
dalla paura. Ma oggi sappiamo di più sull’universo, e non abbiamo più bisogno
di questi espedienti.
Vi assicuro che non riesco a capire in cosa può esserci utile postulare
l’esistenza di una divinità onnipotente; capisco che un postulato del genere
non porta ad altro che a sterili interrogativi: perché Dio permette l’esistenza
del male e del dolore, o lo sfruttamento dei poveri da parte dei ricchi, o
altri mali che Egli avrebbe potuto facilmente evitare?
Se oggi esiste ancora un insegnamento religioso, sappiamo benissimo che
ciò avviene non perché la religione ci convinca, ma per tenere tranquille le
classi subalterne. E’ più facile governare dei sudditi disarmati e pacifici ed
ignoranti, piuttosto che individui insoddisfatti che protestano; ed è più
facile sfruttarli, anche. E’ già stato detto: la religione è come l’oppio:
i popoli si cullano con sogni visionari dimenticando le ingiustizie e lo
sfruttamento reali. Di qui l’alleanza tra le due grandi forze politiche dello
stato e della Chiesa. Entrambe trovano comoda l’illusione che un Dio buono
ricompensi, se non in questo mondo, nell’altro, coloro che non si sono levati
contro l’ingiustizia ma che si sono sottomessi docilmente e magari con
gratitudine ai doveri che vengono loro imposti. E questo è il motivo per cui
dire onestamente e francamente che Dio è solo una creazione dell’immaginazione
è considerato il più nero di tutti i peccati mortali’.
‘Non si può giudicare la
religione, come tu fai, solo in base alla strumentalizzazione politica che ne viene fatta’,
obiettai.
‘Questo perché ogni cosa in questo mondo è suscettibile di
strumentalizzazione: anche l’ideologia comunista di cui poco fa ti sei fatto
portatore. Tieni presente che sempre esisteranno le società degli uomini, e che
deve per forza esistere una lingua comune in cui parlare della vita e della
morte, e della più ampia cornice in cui si svolge il nostro esistere. Questa
ricerca di una lingua comune ha portato, nella storia, all’elaborazione di
forme spirituali dotate necessariamente di grande forza di persuasione: come
altrimenti avrebbero potuto tanti uomini vivere con esse e per esse durante
tanti secoli?
Non si può liquidare sommariamente la religione sulla base di
considerazioni come le tue. Ma forse tu sei così critico perchè senti il
bisogno di un’altra e nuova religione in cui non si dia l’idea di un Dio
personale’.
‘Io non apprezzo nessun mito religioso’,
rispose Dirac, ‘se non altro perché si contraddicono l’un l’altro. Sono nato in
Europa e non in Asia solo per caso: non vedo perché ciò dovrebbe costituire un
criterio di giudizio per stabilire che cosa è vero o in che cosa dovrei
credere. Io posso credere solo in ciò che è vero. E in quanto al retto
comportamento, posso giungere a stabilirlo per mezzo della ragione soltanto in
base alla situazione in cui mi trovo: poiché vivo in società come altri, devo
attribuire a questi stessi diritti che reclamo per me.
Cerco di essere equo: non mi si può chiedere altro.
E le chiacchiere sulla volontà di Dio, sul peccato e sul pentimento, su
un mondo oltre questo verso il quale dobbiamo tendere, ad altro non servono che
a nascondere questa nuda verità. Credere in Dio c’incoraggia a pensare che
Dio vuole che noi ci sottomettiamo a una forza superiore: idea utilissima per
mantenere certe strutture sociali che magari hanno avuto senso in passato, ma
che certo non hanno più posto nel mondo moderno. Trovo inaccettabili tutti
questi discorsi sulla cornice più ampia e compagnia bella.
La vita, in fondo, è come la scienza: vivere significa incontrare
difficoltà e cercare di superarle. E le difficoltà si vincono solo una alla
volta: la tua cornice più ampia non è che una sovrastruttura mentale aggiunta a
posteriori’.
Qualche tempo dopo, credo a Copenaghen, parlai di questo con Bohr. Egli
prese immediatamente le difese di Dirac.
‘Trovo degno di lode’, disse,
‘che Paul si sia battuto senza compromessi per difendere tutto ciò che si può
esprimere con linguaggio chiaro e logico.
Egli è convinto che ciò che si può esprimere, si può esprimere con
chiarezza: o, per dirla con Wittgenstein, che - su ciò di cui non si può
parlare si deve tacere -.
Dovresti vedere i manoscritti che mi invia Dirac: la grafia è così
chiara, l'assenza di correzioni così assoluta, che solo il guardarli è fonte di
piacere estetico. Se suggerisco l’opportunità di cambiamenti anche minimi....
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