CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

mercoledì 22 aprile 2020

UN MONDO APERTO (in memoria M. Eliade 22/04/986) (14)











































Precedenti capitoli:

Del 22 Aprile...    d'una e più Primavere silenziose (12/3)


Prosegue nel mito:






Dell'Eterno ritorno (15)


&...














...Nella cella accanto... (16)



Prosegue ancora con Arte & Natura ovvero:















Un petalo di Rosa [....]   & natura che anima!














Rendere aperto il Mondo ai livelli arcaici di cultura, la religione mantiene l’‘apertura’ verso un Mondo sovrumano, il mondo dei valori assiologici. Questi sono  ‘trascendenti’, essendo stati rivelati da Esseri divini oppure da Antenati mitici. Essi sono, di conseguenza, valori assoluti, paradigmi di tutte le attività umane.

Come si è visto, questi modelli sono mantenuti nei miti, a cui spetta soprattutto risvegliare e conservare la coscienza di un altro mondo, di un aldilà, mondo divino, o mondo degli Antenati. Questo ‘altro mondo’  rappresenta un piano sovrumano, ‘trascendente’, quello delle realtà assolute.




Nell’esperienze del Sacro, nell’incontro con una realtà sovrumana, nasce l’idea che qualcosa esiste realmente, che esistono dei valori assoluti, capaci di guidare l’uomo e di dare un significato all’esistenza umana. Attraverso l’esperienza del Sacro, dunque, si mettono in luce le idee di realtà, di verità, di significato, che saranno ulteriormente elaborate e sistematizzate dalle speculazioni metafisiche.

Il valore apodittico del mito è riconfermato periodicamente dai rituali. Il ricordo e la riattualizzazione dell’avvenimento primordiale aiutano l’uomo ‘primitivo’ a distinguere e a conservare il reale. In virtù della ripetizione continua di un gesto paradigmatico, qualche cosa si rivela come fissa e durevole nel flusso universale. Con la ripetizione periodica di ciò che è stato fatto in ilio tempore, si impone la certezza che qualche cosa esiste in modo assoluto. Questo ‘qualchecosa’ è ‘Sacro’, cioè sovrumano e sovramondano, ma accessibile all’esperienza umana.




La realtà si svela e si lascia costruire partendo da un livello trascendente, ma da un trascendente suscettibile di essere vissuto ritualmente e che finisce per fare parte integrante della vita umana. Questo mondo  trascendente degli Dei, degli Eroi e degli Antenati mitici è accessibile perché l’uomo arcaico non accetta l’irreversibilità del Tempo. L’abbiamo constatato spesso: il rituale abolisce il Tempo profano, cronologico, e ricupera il Tempo sacro del mito.

Si ridiventa contemporanei delle gesta che gli Dei hanno compiuto in ilio tempore. La rivolta contro l’irreversibilità del Tempo aiuta l’uomo a costruire la realtà e, d’altra parte, lo libera dal peso del Tempo morto, gli dà la certezza che è in grado di abolire il passato, di ricominciare la sua vita e di ricreare il suo Mondo. L’imitazione dei gesti paradigmatici degli Dei, degli Eroi e degli Antenati mitici non si traduce in una  eterna ripetizione della stessa cosa, in un’immobilità culturale completa.




L’etnologia non conosce neppure un popolo che non abbia cambiato nel corso del tempo, che non abbia avuto una storia. A prima vista, l’uomo delle società arcaiche non fa che ripetere indefinitamente lo stesso gesto archetipico. In realtà, egli conquista infaticabilmente il mondo, lo organizza, trasforma il paesaggio naturale in ambiente culturale. In virtù del modello esemplare rivelato dal mito cosmogonico, l’uomo diviene, a sua volta, creatore. Mentre sembrerebbero destinati a paralizzare l’iniziativa umana, presentandosi come modelli intangibili, i miti in realtà spingono l’uomo a creare, aprono continuamente nuove prospettive al suo spirito inventivo.

Grandezza e decadenza dei miti garantiscono all’uomo che ciò che si accinge a fare è già stato fatto (ed anche se compiuto non esattamente secondo le antiche regole del Sacro), lo aiuta a scacciare i dubbi che potrebbe concepire sul risultato della sua iniziativa. Perché esitare davanti a una spedizione marittima (se può correggere l’errore passato?), dal momento che l’Eroe mitico l’ha già compiuta in un tempo favoloso (e divenire ancora Eroe)? Non si deve fare altro che seguire il suo esempio. Allo stesso modo: perché aver paura di stanziarsi in un territorio sconosciuto e selvaggio, dal momento che si sa ciò che si deve fare (anche se ciò non sempre vero per chi si astiene dalla sacralità qui esplicitata e rinnovata nella sua infinita funzione)? Basta, molto semplicemente, ripetere il rituale cosmogonico, e il territorio sconosciuto (= il ‘Caos’) si trasforma in Cosmo, diventa un’imago mundi, un’abitazione ritualmente legittimata.




L’esistenza di un modello esemplare non ostacola affatto il processo creativo: il modello mitico può avere applicazioni illimitate. L’uomo delle società in cui il mito è cosa vivente, vive in un mondo aperto, anche se  cifrato e misterioso. Il Mondo parla all’uomo e, per comprendere questo linguaggio, basta conoscere i miti e decifrare i simboli.

Attraverso i miti e i simboli della Luna l’uomo coglie la misteriosa connessione fra temporalità, nascita, morte e risurrezione, sessualità, fertilità, pioggia, vegetazione e così via.

Il Mondo non è più una massa opaca di oggetti arbitrariamente gettati assieme, ma un Cosmo vivente, articolato e significativo. In ultima analisi, il Mondo si rivela come linguaggio. Parla all’uomo con il proprio modo d’essere, con le sue strutture e i suoi ritmi. L’esistenza del Mondo è il risultato di un atto divino di creazione, le sue strutture e i suoi ritmi sono il prodotto degli avvenimenti che sono accaduti agli inizi del Tempo.




La Luna ha la sua storia mitica, ma l’hanno anche il Sole e le Acque, le piante e gli animali.

Ogni oggetto cosmico ha una ‘storia’. Ciò vuol dire che è capace di ‘parlare’ all’uomo. E, poiché parla di se stesso, in primo luogo della sua origine, dell’avvenimento primordiale, in seguito al quale è venuto ad esistenza, l’oggetto diventa reale e significativo. Non è più uno sconosciuto, un oggetto opaco, insondabile e sprovvisto di significato, in breve, irreale, ma partecipa dello stesso Mondo dell’uomo.

Una tale compartecipazione rende il Mondo non solamente familiare e intelligibile, ma anche trasparente. Attraverso gli oggetti di questo Mondo si colgono le vestigia degli Esseri e delle potenze di un altro mondo. Per questa ragione dicevamo più sopra che per l’uomo arcaico il Mondo è nello stesso tempo aperto e misterioso. Parlando di se stesso, il Mondo rinvia ai suoi autori e protettori, e racconta la sua storia. L’uomo non si trova in un mondo incerto e opaco e, d’altra parte, decifrando il linguaggio del Mondo, è messo a confronto col mistero.




La Natura infatti svela e traveste nello stesso tempo il  soprannaturale, e in ciò consiste, per l’uomo arcaico, il mistero fondamentale e irriducibile del Mondo. I miti rivelano tutto ciò che è accaduto, dalla cosmogonia fino alla fondazione delle istituzioni socio-culturali, ma queste rivelazioni non costituiscono una  conoscenza nel senso stretto del termine, non esauriscono assolutamente il mistero delle realtà cosmiche e umane. E ciò perché l’uomo, apprendendone il mito d’origine, giunge a padroneggiare diverse realtà cosmiche (il fuoco, i raccolti, i serpenti, ecc.), ma non a trasformarle in oggetti dì conoscenza; queste realtà continuano a conservare la loro condizione ontologica originaria.

In un mondo simile, l’uomo non si sente rinchiuso nel suo modo d’esistenza; anch’egli è aperto, comunica con il Mondo, perché utilizza lo stesso linguaggio: il simbolo. Se il Mondo gli parla attraverso i suoi astri, le sue piante e i suoi animali, i suoi fiumi e i suoi monti, le sue stagioni e le sue notti, l’uomo gli risponde con i suoi sogni e la sua vita immaginativa, con i suoi Antenati oppure i suoi totem — ad un tempo Natura, sovra-natura ed esseri umani, — con la sua capacità di morire e risuscitare ritualmente nelle cerimonie di iniziazione (né più, né meno della Luna e della vegetazione), con il suo potere di incarnare uno spirito mettendosi una maschera...




Se il Mondo è trasparente per l’uomo arcaico, anche questo si sente guardato e compreso dal Mondo. La selvaggina lo guarda e lo comprende (spesso l’animale si lascia curare perché sa che l’uomo gli vuole bene), come pure la roccia, o l’albero, o il fiume. Ciascuno ha la sua storia da raccontargli, un consiglio da dargli. Pur sapendosi essere umano e accettandosi come tale, l’uomo delle società arcaiche sa anche di essere qualche cosa di più.

E, per esempio, sa che il suo Antenato è stato un animale, oppure che può morire e ritornare alla vita (iniziazione, trance sciamanica), e che può influenzarci. Nelle culture più complesse, l’uomo sa che i suoi respiri sono Venti, che le sue ossa sono simili a montagne, che un fuoco brucia nel suo stomaco, che il suo ombelico può diventare un ‘Centro del Mondo’. Non bisogna immaginare che questa apertura verso il Mondo si traduca in una concezione bucolica dell’esistenza. I miti dei primitivi e i rituali che ne dipendono non ci rivelano un’Arcadia arcaica.




Il mondo vegetale e animale gli parla della sua origine, cioè, in ultima analisi, il paleocoltivatore (arcaico)  comprende questo linguaggio e scopre un significato religioso per tutto ciò che lo circonda e per tutto ciò che fa. Ma questo lo obbliga ad accettare la crudeltà, l’uccisione come una parte integrante del suo modo d’essere. Certamente, la crudeltà, la tortura, l’uccisione non sono comportamenti specifici ed esclusivi dei primitivi. Li si incontra lungo tutta la Storia, talvolta con un parossismo sconosciuto alle società arcaiche.

La differenza consiste soprattutto nel fatto che, per i  primitivi, questa condotta violenta ha un valore religioso ed è ricalcata su modelli sovrumani. Questa concezione si è protratta a lungo nella Storia; gli stermini in massa di un Gengis Khan, per esempio, trovavano ancora una giustificazione religiosa. Il mito non è, in se stesso, una garanzia di bontà e di moralità. La sua funzione consiste nel rivelare dei modelli e nel fornire così un significato al Mondo e all’esistenza umana.




Anche il suo ruolo nella costituzione dell’uomo è immenso. In virtù del mito, lo abbiamo detto, le idee di realtà, di valore, di trascendenza vengono lentamente alla luce. In virtù del mito, il Mondo si lascia cogliere come Cosmo perfettamente articolato, intelligibile e significativo. Raccontando come le cose sono state fatte, i miti svelano per chi e perché sono state fatte e in quale circostanza. Tutte queste rivelazioni impegnano più o meno direttamente l’uomo, perché costituiscono una Storia Sacra.

Insomma, i miti ricordano continuamente che fatti grandiosi sono avvenuti sulla terra e che questo passato glorioso è in parte recuperabile. L’imitazione dei gesti paradigmatici ha anche un aspetto positivo: il mito forza l’uomo a trascendere i suoi limiti, lo obbliga a situarsi accanto agli Dei e agli Eroi mitici per poter compiere i loro atti. Direttamente o indirettamente il mito opera un’elevazione dell’uomo.




Si vede ancor più chiaramente ciò, se si tiene conto che, nelle società arcaiche, là recitazione delle tradizioni mitologiche resta la prerogativa di pochi individui. In certe società i recitatori sono presi fra gli sciamani e i medicine-men, oppure fra i membri delle confraternite segrete. Ad ogni modo, colui che recita i miti ha dovuto dare prova della sua vocazione e ha dovuto essere istruito da vecchi maestri.

Il soggetto si distingue sempre sia per la sua capacità mnemonica, sia per la immaginazione e il talento letterario. La recitazione non è necessariamente stereotipa. Talvolta le varianti si allontanano sensibilmente dal prototipo. Senza dubbio, le inchieste fatte ai nostri giorni dagli etnologi e dai folkloristi non possono pretendere di svelare il processo della creazione mitologica. Si sono potute registrare le varianti di un mito oppure di un tema folkloristico, ma non si è potuto registrare l’invenzione di un nuovo mito. Si tratta sempre di modifiche più o meno sensibili di un testo preesistente.




Ciò nonostante, queste ricerche hanno messo in luce il ruolo degli individui creatori nell’elaborazione e nella trasmissione dei miti. Molto probabilmente questo ruolo era ancor più importante nel passato, quando la  creatività poetica, come si direbbe oggi, era connessa e dipendente da un’esperienza estatica. Possiamo intuire le  fonti d’ispirazione di una tale personalità creatrice all’interno di una società arcaica: sono  crisi, incontri, rivelazioni, in breve, esperienze religiose privilegiate, accompagnate e arricchite da una miriade di immagini e di scenari particolarmente vivi e drammatici.

Sono gli specialisti dell’èstasi, coloro che hanno familiarità con universi fantastici, che nutrono, accrescono ed elaborano i motivi mitologici tradizionali. In fin dei conti, una creatività sul piano dell’immaginazione religiosa rinnova la materia mitologica tradizionale.




Appare da ciò che il ruolo delle personalità creatrici ha dovuto essere più grande di quello che si suppone. I vari specialisti del Sacro, dagli sciamani fino ai bardi, hanno finito per imporre nelle rispettive collettività almeno alcune delle loro visioni e immagini. Certamente, i successi di tali visioni dipenderanno dagli schemi già esistenti: una visione che contrastasse radicalmente con le immagini e gli scenari tradizionali rischiava di non essere facilmente accettata. Ma si riconosce il ruolo dei medicine-men, degli sciamani e dei vecchi maestri nella vita religiosa delle società arcaiche. Sono tutti individui differentemente specializzati nelle esperienze estatiche.

I rapporti tra gli schemi tradizionali e le valorizzazioni individuali innovatrici non sono rigidi: sotto la spinta di una forte personalità religiosa il canovaccio tradizionale finisce per modificarsi. In una parola, le esperienze religiose privilegiate, quando sono comunicate per mezzo di uno scenario fantastico impressionante, riescono a imporre a tutta la comunità modelli o fonti di ispirazione.

Nelle società arcaiche, come ovunque altrove, la cultura si costituisce e si rinnova grazie alle esperienze creatrici di alcuni individui. Ma, poiché la cultura arcaica gravita attorno ai miti, e poiché questi sono continuamente reinterpretati e approfonditi dagli specialisti del sacro, la società nel suo insieme è trascinata verso i valori e i significati scoperti e portati innanzi da questi pochi individui. In questo senso, il mito aiuta l’uomo a superare i propri limiti e condizionamenti, lo incita a elevarsi fino ai più grandi.












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