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Circa la Festa dei Fiori (4/1)
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Con analisi al microscopio della...:
breve Dossier...(pandemia & inquinamento) &
Lo Stato attuale del pianeta (breve Dossier)
Del resto, credete a me, quella gran tenerezza per il prossimo, di
cui tutti gli autori fanno pompa ne’ fervorini indirizzali a’ lettori, è
soltanto una lustra per darla ad intendere. Lo scrittore, come tutti gli altri uomini sotto la cappa del
firmamento, soffre più del suo proprio dolor di capo che di tutti i malanni, di
tutte le stragi, di tutte le sventure del suo simile, dal diluvio universale
agli orrori della guerra civile. Il vostro migliore amico è più disperato del suo
mal di denti che della vostra tubercolosi al terzo stadio.
È dura, ma è così.
E allora,
domanderete voi, come e perché è stata fatta la Festa de’ Fiori?
Oh Dio...
È stata fatta come si fanno per lo più tutte le scioccherie di questo
mondo!... Si comincia da una piccina piccina, poi si scivola senza avvedersene
in un’altra più grossa.... poi una tira l’altra, una va dietro all’altra.... e
quando le cominciano a essere un centinaio, acquistano importanza per la loro
quantità, formano collezione, e vien la voglia di riunirle insieme, di vederle
tutte in un’occhiata sola, e di legarle perché non scappino di qua e di là.
Andai una mattina all’Esposizione d’Orticultura, e colpito da quello
spettacolo cosi gaio ed imponente, rimasi il un quarto d’ora a grattarmi la testa,
rimuginando nel cervello una farragine di pensieri confusi, d’idee, di voglie,
di concetti e di riflessioni. Quando un gatto si passa la zampina sul capo, voi
dite subito: vuol piovere di sicuro. Quando uno scrittore si passa la mano nei
capelli, voi potete giurare che il tempo si mette alla stampa!...
E più tardi, tornato alle stanze della Nazione, presi la penna e
tirai giù un primo articolo, che fu seguito la dimane da un secondo, e così
tutti i giorni, finché l’Esposizione fu chiusa.
Il mio lavoro è un lavoro senza pretensioni. Fra lui e la scienza
botanica ci corrono mille miglia, e quando l’avrete letto è probabile che ne sappiate
meno di prima intorno alla circolazione intracellulare delle piante e sulla
generalità della fecondazione dicogamica.
…Vi avverto ancora, per quiete della mia coscienza, che io ho poca
pratica delle classificazioni, delle nomenclature, delle sinonimie; che ho una
grande smania di tradurre in italiano i nomi latini de’ sudditi del Regno
vegetale; che mi piace di metter da parte il linguaggio oscuro, nebuloso e
sesquipedale della lezione cattedratica, e mi contento di parlare la lingua
piana, modesta e intelligibile della conversazione di tutti i giorni. Sicché,
siamo intesi.... io non ho né la scienza, che è una cosa rara, né l’apparenza
della scienza che basta più spesso a far gabellare per un gran baccalare il
primo bue che trova la maniera di non farsi capire.
Io scrivo le mie impressioni, e le scrivo alla carlona, alla buona di
Dio, per gl’ignoranti come me, che godono la divina facoltà di commuoversi innanzi
alle meraviglie della Natura, che hanno un granellino di fantasia nel cervello,
un po’ di poesia nella mente, e un po’ d'affetto nel cuore. Quando avranno
letto il mio libro, quelli che hanno veduto la grande Esposizione torneranno
col pensiero alle ore deliziose, passate sotto i lucernarii dell’edifizio, fra
i gruppi delle palme e le ghirlande delle orchidèe, nell’èstasi muta che
accompagna i piaceri più intensi; e quelli che non si mossero da casa avranno
come un riflesso della verità, quasi un’immagine virtuale, un po’ confusa e
sbiadita, dell’allegro spettacolo; vedranno l’ombra degli alti Cocchi e de’ pandani
frondosi disegnarsi sulla bianca paginetta, e faranno correre l’immaginazione
sulle traccio del passato, dietro agli scienziati che pronunziarono il loro
giudizio, e sull’orma delle belle Signore, protettrici della Festa de’ Fiori,
che fecero più gaia, più bella.... A proposito delle Signore.... ho una
parolina da dire al loro indirizzo. Scusate nè.... Un momentino solo, e sono da
voi.
Con permesso...
— Dunque, si diceva, tutto
bella, tutto bene accomodato?...
— Oh! Uno spettacolo da’ rimanere a bocca aperta...Toilettes da mattina, se vogliamo, vestiti chiusi aperti a core.... ma un
lusso, vi so dire io....
— E, raccontami, cose rare, mi
figuro, esemplari mai più veduti,…
— Mi fai celia!... Una collezione di figurini di Parigi....
— No, volevo sapere, la
Mostra....
— Mostra poca, te l’ho già detto, perché scollature n’ho veduta una
sola, una donna in celeste; che del resto, poverina, non aveva nulla da
mostrare.... dev’essere una signora che ha avuto de’ dispiaceri e m’è parsa
proprio giù.
— Ma i gruppi delle piante...
— Tutti circondati di gente vestita come un amore.... roba fresca,
credi, rinnovata proprio per quell’occasione, perché ci si vede alla prima
quando un abito è stato già portato....
— Scusa, ma le piante....
— Parevan messe lì apposta perché i vestiti facessero figura.
Immaginati su quel cupo, i colori chiari....
— Abbi pazienza, ma non hai
visto altro? Penso che fra tanta roba nuova....
— Nuova nuova non ci si potrebbe giurare; perché insomma le tuniche
son sempre tirate su di dietro a gran festoni, lisce lisce sui fianchi....
Piuttosto, vedi, la novità stava negli accozzi delle stoffe, per esempio, cachemire e trina colore su colore, e poi gran velluto e faye a tinte discordanti.... Anche il crespo si porta bene, perché fa
delle belle pieghe cascanti sulla gonnella.... Molti ricami, sul panno a punto
buono, che fa una ricchezza e un’eleganza da innamorare; oppure sul cachemire nero a gran disegni di trecciolino sfumato in diverse scalature...
— Ma fammi il piacere, lascia
stare le gonnelle al loro posto... guarda un po’ più in alto, che diavolo!...
— Più in alto cappellini guarniti con un gusto.... oh! che
cappellini! Già, punto primo, il cappellino Michelangiolo della Bossi ha fatto
furore. Ce n’eran due tre: uno nero, due in colori, che parevan messi su dalle
fate. Una tócca, sai, una semplice tócca, ma così capricciosa, così posata alla
birichina sui capelli.... Eppoi tutto sta che torna bene a ogni viso; a questo
dà un’aria grave che si conviene appuntino a una matrona, a quello aggiunge una
grazietta maliziosa che fa proprio il solletico al complimento. Quel medaglione
lustro, col ritratto del Buonarroti, li sull’orecchio sul davanti o sul
didietro, fa uno spicco...
— Andiamo alle vasche....
— No, alle vasche no, perché sempre qualche schizzo, qualche
gocciolina ti fa una macchia che non va più via.... e così fresca si vede
subito, specialmente sulla tunica. Anzi, ti dirò, le tuniche si fanno ora con certi
cannoni sul fianco, che scappano più indietro e rigonfiano.
— Ho sentito dire di certe
Viole del pensiero....
— Uhm!... Non dar retta, sai.... In violetto cupo nulla di nulla.
Qualche costume nei toni chiari, delicati... ma poi gran celeste pallido, gran
verdolino tenero, gran color di rosa che tira sull’incarnato. Figurati che ho
visto perfino uno scialle di crespo color di rosa, tirato liscio come colla
pialla.... che l’aveva una vecchia color marrone, grinzosa come se avesse avuto
di crespo anco il viso. Doveva essere lo scialle di quando sposò, a tempi di
Napoleone primo.
— Insomma, non mi vuoi dir nulla dell’Esposizione....
— Che faccio da una mezz’ora che mi sgolo!?... Mi pare che meglio di
così nessuno ti potrebbe servire. Senti.... le vite tutte lisce.... e sì che qualche
volta è proprio una compassione.... paiono pezzi di tavola fasciati di seta. N’hanno
voglia di attaccarsi i guancialini colle spille!... Dopo una mezz’ora un
ripieno va di qua uno di là, uno resta più su e uno più giù.... Credi, è un
ridere!... Vero è che col mantello.... Ohi sai, i mantelli son proprio di tutti
i generi; o miserini miserini come fodere d’ombrello, o con certi svolazzi
sulle maniche che somigliano i copertoni delle carrozze di gala, o tagliati a punte
come polpe di baccalà penzoloni sulle spalle... C’era qualche cappuccio colle
bàttole incrociate sul petto annodate dietro alla vita; ma poi tonaconi a
iosa...
— Ma le piante... le piante...
— E code!.... Oh! code da
spazzare via tutta la ghiaia....
— E fiori?….
— Fiori non tanti! In velluto, ne ho visti; in ala di mosca con
qualche gocciolina di vetro; ma in generale piuttosto penne....
— Vatti a far friggere.... non
c’è modo di sapere....
— E fiocchi.... fiocchi a centinaia, di raso, di velluto, di faye, a
due, a tre, a quattro cocche, colla fìbbia, senza fìbbia, a coccarda, a
galletto, a scartoccio, a girandola, a chicchirichì....
— E io che ti aspettavo a
gloria per aver notizie degli alberi, dei fiori, delle foglie....
— Ohi che diavolo dici.... Le
foglie!... Tu vorresti ritornare al Paradiso terrestre!... Tutte belle idee di
voialtre mamme, date al buon Gesù, e assidue alle prediche di quaresima, dove
si dice male del lusso e della moda. Ma oramai il tempo delle foglie è finito. Eppoi,
o che non la conti nulla l’indecenza! Si vede che nel Paradiso terrestre non ci
tirava vento!... E non veniva mai l’autunno!... Piuttosto ci si mette un vestitino
di tulle scollato fino alla cintola e lungo.... poco più su delle ginocchia.
— Dunque?.... (Y. Figlio di Y.)
…Erano i
vaporosi luminescenti anni della metà del Secolo passato… non del tutto
sprofondato nella Tempestosa Nuvola della Grande Rivoluzione, e non solo industriale
come sovente abbiamo da rimembrare da cui il Tempo numerato e fondato;
guerre e Stati ancora da fare, mondiali controversie non del tutto maturate,
imperi in colonica secolare avventura ed in attesa delle perenne conferma della
forza quanto ricchezza: certo il mondo come Dio lo aveva pensato non era un
frutto ancor maturo neppure del tutto guasto nei principi secolari ancor
imperfetti circa la vita e la visione dell’intero formicaio in reciproca
appartenenza sfamare ed importunare i forestieri nella lenta impercettibile
piccolezza non meno della laboriosa costante opera all’ombra dell’Albero della
Vita; non ancora paese della cuccagna ove ogni eccesso consumato dall’ape ronzante, come rimembrato da un noto filosofo, infatti il miele della Vita non
ancora maturato per ogni cella dell’alveare, imperfetta cella a venire per ogni
laborioso società schiava del proprio Impero; il lavoro lento e meticoloso ancora
non del tutto ben organizzato anche se il Secolo maturerà e prospererà nel
succo raccolto o rubato per ogni Fiore di campo, sì è anche vero che
ingiustizie ed arretratezza regnavano incontrastate come campi incolti e non ben
coltivati, pascolare uomini come bestie ed animali senza riguardo alla Ragione
e Diritto d’ognuno, ma ognuno ben consapevole, ben certo nella certezza del
Sole quanto della Luna, non meno di scorgere nonché ammirare se pur immatura,
la Vera Natura con l’occhio seppur sofferto di un suo suddito promosso ed
evoluto procedere lento da un formicaio ad un alveare, per il futuro avvenire miele e nutrimento di Vita, sia del pargolo che del futuro recluso, tutto nella
cella cui destinato nel grande piacere della medesima, e mai sia nominata città
paese o impero il sostentamento cui l’Ape regina aspira.
Degna di cotal
nutrimento sottratto ai principi del Fiore guastare la Natura intera, e non
certo addolcirla…
…E per chi
cagiona in determinato modo & maniera favorevole all’Ideale, superiore
Ideale ed intendimento circa la Dottrina della Natura intera, l’inizio della
fine ancora non ebbe il suo totale pronunciamento, o se preferite, Testamento,
nell’abisso preannunciare catastrofe e sventura destino dell’umanità intera…
Così vi dicevo
miei diletti, là ove esistessero ancora, lettori del Libro della Vita, in
quella stessa metà di Secolo e precisamente al bivio di medesimo ugual campo di
Fiori trovai un Diario il quale allietò i miei giorni migliori, quando in vero,
fui abbandonato ancora piccino pargolo in un campo fiorito, fu il primo Diario
cui trassi ispirazione (non ancor testamento) diletto e nutrimento in quanto,
ogni persona cara a me congiunta preferirono altra compagnia, abbandonato in
questo Diario miravo la Vita, abbandonato in un campo fiorito con solo la
compagnia del suo profumo…
…Ragion per cui
mi sono permesso, dopo aver contattato il solo Sopravvissuto, di poter
ispirarmi alla sua profetica Visione, di attingere non certo dal suo sangue,
come sono solite certi nuovi esemplari all’alveare brevettati in frutto e per
il frutto della Ragione stessa, giacché ogni Fattoria del presente Secolo distilla
e coltiva il proprio all’altrui Pensiero nettare alla Parabola del miracolo
della Natura, per ogni campo di ciò cui rimasto dopo cotal prodigiosa semina;
dacché non dobbiamo stupirci se camminando e poetando possiamo inciampare su
una fossa e non più sepolcro nel comune senso da cui l’Intelletto sepolto,
comune medesimo dei secoli narrati arroccati uniti e divisi nonché partecipi
del comune ed evoluto senso della Ragion detta ed ora e per sempre evoluta; ed in cui la stessa [contesa Regione e Ragione]
seppellita da ugual medesimo Fiore raccolto e coltivato nel Giardino dell’Ape
regina d’ogni proprio ed altrui ex formicaio per il bene dell’alveare intero
già nominato nel composto sudario del Grande Paese…
Da quello
provenivamo, e a quello, nessuno escluso, destiniamo, per cui, chi ancora nella
fossa non fosse precipitato o risorto può cambiare passo, giacché qui si sente
odor di Fiori annunziati dalla nuova cometa nominata avvenire…
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