CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

sabato 4 settembre 2021

IL MITO (18)

 






















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Mito (19)  &  (20)








In questo giorno del 1869 scrivo là dove il mio lavoro ebbe inizio trentacinque anni fa, in vista delle nevi delle alte Alpi. In quella metà della vita permessa all’uomo, ho visto strani mali arrecare a ogni ‘quadro’ che più amavo, o che cercavo di far amare ad altri. La luce che un tempo colorava di rosa quelle vette pallide all’alba, e di porpora al tramonto, ora è oscurata e fioca; l’aria che un tempo intarsiava d’azzurro le fenditure di tutte le loro rupi dorate è ora contaminata da languidi volute di fumo, eruttate da fuochi peggiori dei vulcani; le loro stesse onde glaciali si stanno ritirando, e le loro nevi svaniscono, come se l’inferno avesse soffiato su di loro.

 

Le acque che un tempo sprofondavano ai loro piedi in un riposo cristallino, ora sono oscure e sporche, dal fondo del profondo e da riva a riva. Queste non sono parole imprudenti: ma sono perfettamente quanto orribilmente vere. So cosa erano i laghi svizzeri; nessuna vasca di fontana alpina alla sua fonte era più chiara. Stamattina, sul lago di Ginevra, a mezzo miglio dalla spiaggia, vedevo a malapena la mia pala del remo profonda un metro.

 

La luce, l’aria, le acque, tutte contaminate!

 

Come la terra stessa?




 C’era una piccola roccia alla fine del viale vicino al porto di Neuchâtel; là, l’ultimo marmo dei piedi del Giura, digradante verso l’acqua azzurra, e (in questo periodo dell’anno) ricoperto di luminosi ciuffi rosa di Saponaria. Sono andato, tre giorni dopo, a raccogliere un fiore sul posto. La bella roccia nativa ei suoi fiori furono coperti dalla polvere e dai rifiuti della città; ma, nel mezzo del viale, c’era un giardino roccioso artificiale di nuova costruzione, con una fontana attorcigliata attraverso un beccuccio rotante, e un’iscrizione su una delle sue pietre sciolte: Ausili botanici, Le Club Jurassique.

 

Ah, maestri della scienza moderna, restituitemi la mia Atena dalle vostre fiale, e sigillate, se può essere, ancora una volta, Asmodeus. Hai diviso gli elementi e li hai uniti; li fece schiavi sulla terra e li scorse nelle stelle. Insegnaci ora che è tutto ciò che l’uomo ha bisogno di sapere, che l’Aria gli è data per la sua vita; e la pioggia alla sua sete e al suo battesimo; e il Fuoco per il calore; e il Sole per la vista; e la Terra per la sua Carne e il suo Riposo.




Ti pregherò soltanto di leggere, con pazienza e umana simpatia i pensieri di uomini che vissero senza colpa in un’oscurità che non poterono dissipare; e ricordare che, qualunque sia l’accusa di follia giustamente collegata al detto: ‘Non c’è Dio’, la follia più orgogliosa, profonda e meno perdonabile, nel dire: ‘Non c’è Dio quindi dobbiamo estirparne e rimuoverne il concetto’.

 

I grandi miti; vale a dire, miti fatti da grandi persone.

 

Perché il primo fatto evidente sulla creazione di miti è quello che è stato impropriamente perso di vista: che non puoi creare un mito se non hai qualcosa da cui crearlo. Non puoi svelare un segreto che non conosci. Se il mito riguarda il cielo, deve essere stato creato da qualcuno che ha guardato il cielo. Se il mito riguarda la giustizia e la forza, deve essere stato creato da qualcuno che sapeva cosa significasse essere giusti o pazienti.




Secondo l’elevata comprensione di una persona scaturirà il significato scritto nell’apparente favola mitologica; e il mito di una razza semplice e/o ignorante deve necessariamente significare poco, perché una razza semplice e ignorante ha poco da specificare.

 

Quindi la grande questione nel leggere una storia è sempre, non ciò che il cacciatore selvaggio sognava, o quale razza infantile lo temeva per la prima volta; ma ciò che l’uomo saggio per primo ha perfettamente espresso, e quali persone altrettanto forti e sagge hanno vissuto per primo confermi a lui.

 

E il vero significato di ogni mito è quello più nobile fondato nella nazione in cui ancora presente. Più indietreggi, meno significati troverai, fino a giungere al primo pensiero angusto, che, appunto, contiene il germe della tradizione compiuta; ma solo come il seme contiene il fiore. Man mano che l’intelligenza e la passione della razza si sviluppano, si aggrappano e nutrono la loro amata e sacra leggenda; foglia dopo foglia si espande sotto il tocco di affetti più puri e di più delicata immaginazione, finché alla fine la favola perfetta germoglia nella simmetria di stelo lattiginoso e campana di miele.




Ora, in quel periodo in cui culminava la religione greca, troviamo, sotto un unico Signore governante di tutte le cose, quattro forze elementari subordinate e quattro poteri spirituali che vivono in esse e le comandano. Gli elementi sono naturalmente i ben noti quattro del mondo antico: la terra, le acque, il fuoco e l’aria; e le loro forze viventi sono Demetra, la latina Cerere; Poseidone, il latino Nettuno; Apollo, che ha sempre mantenuto il suo nome greco; e Atena, la Minerva latina.

 

Ognuna di queste discende da divinità più antiche, e quindi più mistiche, della terra e del cielo, e di un più sottile elemento dell’Etere che si suppone sia al di là dei cieli; ma in questo momento troviamo i quattro elementi definiti, sia nei loro regni che nelle loro personalità. Sono i regni della terra che calpestiamo e l’aria che respiriamo; e sono con noi vicini, nella loro vivida umanità, come la polvere che animano e i venti che imbrigliano. Definirò brevemente per voi la gamma dei loro domini separati, e poi seguirò, per quanto tempo abbiamo, la più interessante delle leggende che riguardano la regina dell’aria.




Il primo dei requisiti, quindi, per la retta lettura dei miti, è la comprensione della Natura in ogni vera e più nobile visione da parte di nobili Spiriti da Lei ispirati: ovvero ciò che si fonda su Leggi costanti ed invisibili comuni a tutta la natura umana; che percepisce, per quanto oscuramente, cose che sono vere per tutte le età; le quali possiamo comprendere solo fino a quando abbiamo una qualche percezione della stessa verità; e che la loro pienezza è sviluppata e maggiormente manifestata dal loro riverbero nelle menti dello stesso temperamento speculare, nelle età successive. Capirai meglio Omero vedendo il suo riflesso in Dante, come potrai tracciare nuove forme e colori più tenui in una collina, raddoppiata da un lago.

 

In primo luogo, e maggiormente, è l’aria come Spirito di vita, che dà vitalità al sangue. La sua relazione psichica con la forza vitale nella materia è più profonda, e la esamineremo in seguito; ma un gran numero dei passaggi più interessanti di Omero la considera come Elemento con cui sorvolare la terra con forza transitoria, semplicemente la dea dell’aria fresca che ci attraversa e che fa volare l’ispirata visione delle Idee.




È curioso che le città e metropoli della nostra nuova èra, che si  definiscono un po’ sfacciatamente ‘le Atene moderne’, siano in effetti sotto la sua costante e speciale tutela nel favore e riconoscimento di questo peculiare aspetto. Atena, infatti, è prima, giacché dovunque spalanchi la finestra al mattino, fai entrare Atena, come saggezza e aria fresca nello stesso istante; e ogni volta che trai un respiro puro, lungo e pieno del giusto cielo, prendi Atena nel tuo cuore, attraverso il tuo sangue; e, con il sangue.

 

Ora, questo apporto di forza da parte dell’aria, osservate, è meccanico oltre che chimico. Non puoi sferrare un buon colpo se non con il petto pieno; e, nel combattimento corpo a corpo, non è il muscolo a cedere per primo, è il respiro; il più longevo sarà, in media, il vincitore, non il più forte.




 * [Se sei fortunato potrai morire felice e appestato dall’alito del drago in nome e per conto del nuovo sconosciuto cancro!]

 

*[Se invece sfortunato ti mancherà Atena, in suo vece una lenta agonia come una peste antica, ti soffocherà e mutilerà lentamente il respiro, ed infine potrai spirare senza riguardo a nessun Dio…]




Ma inoltre, Atena è l’aria pura, non solo per i gigli del campo, ma anche per le foglie della foresta.

 

Abbiamo visto prima il motivo per cui si dice che Hermes sia il figlio di Maia, la maggiore delle stelle sorelle della primavera. Quelle stelle sono chiamate non solo Pleiadi, ma Vergiliæ, da una parola che mescola le idee del capovolgimento o del ritorno della primavera con lo scroscio della pioggia. Madre di Virgilio che porta il nome di Maia, Virgilio stesso ricevette il suo nome dalle sette stelle; e lui, formando prima la mente di Dante, e per mezzo di lui quella di Chaucer (oltre a qualunque particolare influenza minore provenisse dai Pastorali e dalle Georgiche) divenne la sorgente di tutta la migliore potenza letteraria connessa con l’amore della natura vegetativa tra le razze civili degli uomini.

 

*[Il Figlio di Dio morì dopo il conforto del suo principio da cui la Vita]

 

*[Nacque dall’inverno dal Nulla d’una morte apparente senza Tempo, qual riflesso Infinito dell’Universo, un mandala complesso da cui anche il presente mito ci riguarda e comprende, procederà verso una Croce in cui decifrare l’umano simbolo ove il Divino crocefisso ‘quanto’ da Lui nato e creato…]




Prendi il fatto per quello che vale; tuttavia è uno strano sigillo di coincidenza, in parole e in realtà, sul sogno greco del potere sulla vita umana e sui suoi pensieri più puri nelle stelle della primavera. Ma la prima sillaba del nome di Virgilio ha relazione anche con un altro gruppo di parole, di cui quelle inglesi, virtù e virgin, portano la forza sino ai giorni nostri. È un gruppo che contiene principalmente l’idea della primavera, o aumento della vita nella vegetazione, il sorgere del nuovo ramo dell’albero dal bocciolo e della nuova foglia dal terreno. Implica, in secondo luogo, l’idea del verde e della forza, ma, soprattutto, quella della crescita vivente di una nuova verga da un ceppo, stelo o radice; e principalmente lo stelo di certe piante, della tribù delle rose, come nel germoglio della verga di mandorla di Aronne; o della tribù degli ulivi, che ha un triplice significato in questo simbolismo, dall’uso del suo olio per l’unzione sacra.

 

*[Le sue e loro prediche furono illuminate hora dall’ulivo, hora da altro Ramo e Arbusto, dal riflesso della chioma, dal riflesso ispirato della Parola, dal riflesso della Luce con cui elevare e scrivere la parabola del Sentiero fino…]   




  Quindi, in innumerevoli modi divisi e riflessi, è connesso con la potenza di Ercole e di Atena: Ercole pianta l’olivo selvatico, per la sua ombra, sul corso di Olimpia, e da allora in poi dà la corona olimpica di consumato onore e riposo; mentre il premio ai giochi panatenaici è un vaso del suo olio (che significa incoraggiamento alla continuazione dello sforzo); e dai dipinti su questi vasi panatenaici otteniamo l’indizio più prezioso dell’intero carattere di Atena.

 

Quindi per esprimere la sua propagazione per ceppi, gli alberi da cui doveva essere prelevato l’olio furono chiamati Moriai, alberi di divisione (essendo tutti discendenti del sacro nell’Eretteo). E così, in una direzione, arriviamo ai figli come ulivi intorno alla tua mensa e all’innesto dell’olivo di S. Paolo; mentre l’uso dell’olio per l’unzione conferisce il nome principale alla verga stessa del gambo di Iesse, e a tutti coloro che con quel nome furono nominati suoi discepoli ancor prima ad Antiochia.




Ricorda, inoltre, poiché a quel nome è stato dato per primo l’influenza del simbolo, sia nell’estrema unzione che nella consacrazione dei sacerdoti e dei re al loro diritto divino; e cosa, se riesci a raggiungere la retta e saggia comprensione del Pensiero, quale sia stata l’influenza sulla Terra, di quei rami contorti le cui foglie donano grigia fioritura ai pendii sotto ogni brezza che spira dal mare di mezzo. Ma, soprattutto, pensate a quanto sia strano che la principale agonia dell’umanità, e il principale dono di forza dal cielo per il suo compimento, sia stata sotto la sua ombra notturna in Palestina.




In quarto luogo, Atena è l’aria che nutre la luce artificiale, il fuoco che non consuma. Perciò nell’Eretteo si teneva sempre accesa una lampada; e la corsa delle torce appartiene principalmente alla sua festa, il cui significato è di mostrare il pericolo della morte della luce anche per eccesso dell’aria che la nutre; e così che la corsa non è per i veloci, ma per i saggi. L’uso domestico della sua luce costante è simboleggiato nel bel passaggio dell’Odissea, dove Ulisse e suo figlio spostano l’armatura mentre i servi sono chiusi nelle loro stanze, e non c’è nessuno che tenga le torce per loro; ma Atena stessa, ‘avendo una lampada d’oro’, riempie di luce tutte le stanze. La sua presenza in guerra con i suoi eroi preferiti è sempre mostrata dagli ‘instancabili’ fuochi che aleggiano sui loro elmi e scudi; e l’immagine diventa gradualmente costante e accettata, sia per il mantenimento della vigilanza domestica, come nella parabola delle dieci vergini, sia come simbolo dell’ispirazione diretta, nel vento impetuoso e nelle fiamme divise della Pentecoste; ma insieme a questo pensiero del fuoco indistruttibile e costante, si mescola sempre nella mente greca il senso del consumare per eccesso, come della fiamma per l’aria, così anche della creatura ispirata per il proprio fuoco; e specialmente Atena ha questo aspetto verso la forza veramente sensuale e corporea; in modo che ad Ares, che è lui stesso pazzo e consumante.

(Prosegue...)










 

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