CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

lunedì 25 ottobre 2021

LA GRANDE RIVOLUZIONE INDUSTRIALE (8)

 























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Circa la Terza Rivoluzione (industriale)


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Il capitolo completo


& La Rivoluzione pre-industriale (10)








Sul finire del 1800 si consolida ciò che diverrà il futuro patto alchemico, ovvero cotal processo innovativo da ciascuno non più ammirato con l’occhio dell’‘artista filosofo scienziato’, il quale decanta una nuova èra in grado di far emergere l’uomo come la sua naturale capacità ‘inventiva’ scritta nella propria natura, di poterlo liberare dal giogo della schiavitù in cui per secoli costretto e sotto certi aspetti soggiogato.




Peccato, però, in quanto nel ‘peccato’ sugellato e inciso il patto scellerato divergere con la Natura d’un comune Creato, e per quanto gli aspetti di questa prima Rivoluzione possano essere narrati e contemplati al pari di un grande panorama che modificherà per sempre sia l’umano che la Natura così conquistata, né più né meno di un Radiolare, il quale nella forma e calco della stessa procede ed approda ad ugual concetto di Vita, mai l’umano ne uguagliare la bellezza creativa divenire principio della stessa.  




Peccato però, dicevo, che se pur ugual genio creativo e innovativo di una nuova èra elettrificata, posta alla mercé dell’uomo in ciò cui prima impossibilitato con la nuova forza prometeica al proprio servizio, tutto ciò diverrà ‘bestemmia’ e non più ‘peccato’, per ogni Golem creato da ogni futuro artifizio con cui accompagnato.

 

Il quale muterà irreversibilmente la Natura da cui nato e evoluto andando a scomporre più che mutare crescita e forma, letta appunto – inconsapevolmente - nella presunta ‘crescita’ e nuova ‘forma’ sociale ed ambientale, adottata e sancita all’opposto, con cui siamo soliti interpretare i termini così posti nella corretta grammatica descrivere Pensiero Idea, e quindi, corretto Linguaggio.




Di due diverse lingue nella futura scissione bipolare poste in medesimo unico Linguaggio e comune atto della Storia, divergere e non più comprendersi nel premeditato attentato raccolto, o peggio nel disastro seminato nella Ragione d’una uguale Crescita e Forma, seminata nell’assoluta incomprensione di intenti… d’un primo Atto circa medesima Rivoluzione a danno della Natura.

 

Ovvero il Progresso non più un ‘atto’ evolutivo riconosciuto nella Natura umana, ma un processo scisso ed in mano ad una errata interpretazione di ciò che comunemente intendiamo con Evoluzione. Infatti la stessa Evoluzione sarà ben fraintesa e scritta, nonché sancita da una sempre maggiore sete di conquista feudale la quale ha ricreato stesso principio che si pensava con l’ausilio della stessa, superato. In realtà i termini d’un nascente capitalismo riproporranno drammaticamente la divisione sociale inscritta in ugual istinto di insana ricchezza con improprio accumulo di capitale, e ancor peggio, assoggettando la miserevole condizione umana nell’indiscusso ‘atto’ d’una nuova Rivoluzione apostrofata.




 Quindi il Linguaggio divergere ancor di più, e se qualcuno cogitava e cogita ancora l’èvo passato frutto d’una malsana condizione assommata e assoggettata ad una insana condizione umana, non certo ha ben compreso e comprende il simmetrico e peggiore abominio del futuro nascente ‘bestiario’ (figlio della peggiore ‘bestia) d’una ‘macchina’, con stesso identico araldo inciso sul proprio ed altrui scudo mantenere lo scettro del Capitale (feudale) da cui la comune vita entro ugual mura metropolitane divisa in immutate caste (si può transitare dall’una all’altra così come attraversare la strada a passo di ‘cammello’, in quanto il somaro messo all’uso della pensione non men che araldo del democratico progresso, giacché il petrolio deciderà il plastico edificato per le comuni motorizzate sorti  d’ognuno, compresi arti e avambracci mozzati in giostre e tornei di eterne guerre meccanizzate, ove il nero sangue sgorgherà come Fiumi d’una eterna carneficina;  ponendo, però, dovuta attenzione e distinguo nel non reclamare quanto l’elefante - ogni elefante - ha sancito e sancirà ancora, circa il Libero Arbitrio ancor e di più vilipeso nell’illusione di ugual progresso inciso nell’indistinta bituminosa eterna avventura d’una fiorente industriosa armatura; le Crociate raggiungeranno l’apice del Canto: Gerusalemme, la furiosa, sarà eterna contesa (libera e da liberare ancora); conteso non men che (re)interpretato il già sepolto libero arbitrio seppur ancor libero di morire; i futuri morti non saranno più raccolti e cinti entro l’Abbazia, bensì avremmo una macchina porre il numero di cui la Storia evoluta; quantunque liberi e fieri paladini dal feudale giogo da cui tratto nato e evoluto, sia il conteso fraudolento libero arbitrio, come la capacità di assumerne il controllo…), più simili ad alveari e formicai con medesimi cittadini-schiavi illusi della libertà e sottomessi.   

 



Procediamo agli stessi gradi d’una condizione evolutiva appena scoperta, Darwin e i suoi derivati, Eretici o Idealisti nati (tralasciamo i ciarlatani), nel contesto evolutivo posto qual nuova prospettiva ‘in cui e per cui’ disquisire l’umano da una scimmia evoluto nel ‘caso’ in cui medesima vita nata (paradossalmente regredire sino alla morta materia in cui il laboratorio alchemico dell’analista ha posto e sancito l’asimmetrico compromesso chimico), o con un più preciso ‘fine’ affine ad una più che morta ‘dottrina’ in cui porre e sancire, ovvero e per inciso, suddetta ‘fine’, in quanto anche la (nuova) Filosofia che sottintende diverso contesto interpretativo non gradita in qual si voglia Feudo, con cui l’eretica Gnosi si contraddistingue.

 

Postulerà e sancirà, ovunque vi sia eccesso di non rimossa genetica antica appartenenza o più naturale discendenza, la qual in nome e per conto del Feudo politico in uso di qual si voglia Rivoluzione, debba essere esiliata confiscata perseguitata ed in ‘fine’… soppressa.




Non scorgiamo gran differenza dell’esecuzione sommaria, dell’ortodosso come il suo nemico l’eretico, così come l’èvo antico posto rimembrato e spesso citato nel vasto panorama della Biblioteca, e paradossalmente dal Progresso emarginato, così come ogni diversa èra dell’artigiano pre-umano. Non meno in ugual contesto come lo stesso (progresso) agisce in ugual alchemica formula, constatiamo solo e come la ‘materia’ subordinata alla nuova èra. Èvo in cui tutto ciò che pensavamo appartenere al Tempo, hora ineguagliato futuro in cui l’alchemica della trapassata laboriosa, e non certo artificiale fantasia, abdicata ad una ‘bestia’ meccanizzata.  

 

Cotal ‘bestia’ di certo cantiamo e temiamo quando con passo malfermo fuggiamo da ugual piccole o grandi future metropoli borghi e cittadine del trapassato avvenire, e dell’eterno eroe in cerca del proprio Passo, del varco, sconfiggere l’antico mostro o dinosauro.




 Questa bestia che intralcia la Ragione offuscandone e mozzandone il respiro da un comune antenato Albero ispirato, ed hora posto alla fotosintesi dello scellerato patto, e la nuova ‘materia’ creata e forgiata più mostro che bestia, aggredire e sputare fuoco solfureo dalle narici come evacuare dall’intestino ogni cosa viva e morta, qual fiero cieco pasto abdicato all’istinto privato della Ragione con cui si è soliti distinguere fame e appetito.

 

Suo diletto malgrado, rimpiangiamo forse i tempi del nostro amato Ulisse, giacché il profeta è bene non nominarlo, ed ammirare così da Nessuno qual siamo, gli scheletri di ciò che ha consumato, silicee forme disgiunte da ogni Creatore, plastiche forme date dall’iconoclastico pil qual abnorme incisivo evidenziato nell’atto di ciò che un Tempo fu detta parola, o peggio, linguaggio letto nella confezione, emergere qual grido pubblicitario, o negato urlo.

 

Dipende molto dalla prospettiva della più che quotata deriva!




Taluni odono anche indemoniati ululati, accompagnati da non ancor processati lupi-mannari.

 

Sospese ed inabissate ‘forme’, durature e immortali odi dello sfamato appagato Tempo (non certo naufragato, quantunque sempre - negli intervalli - cantato nonché consumato & distribuito per Fiere e filiere, comuni mercati di scambio, a passo di somaro cavallo o elefante asiatico, l’iper-mercato ogni tanto si riunisce alla Tavola Rotonda, Artù e la sua germana sposa, ne suggellano il patto, ovvero dalla rotondità della morta Sfera si approderà al quadrato della nuova forma, si evolverà in congiunto segreto accordo, verso la quadratura del cerchio al quadrato dell’ineguagliato profitto così raggiuto & dicono maturato, anche se il mostro assiso alle mura del drago in cui ogni progresso nato medita vendetta, divisa fra le varie spa e condivisa da tutti gli innominati azionisti riuniti nel Tempio della Borsa…), formare la crosta con cui ogni uomo o bestia ‘povero di mondo’ potrà - a suo libero piacimento – nuotare, quindi inabissare l’istinto da ciò in cui nel Tempo negato, nato; ciò che fu nominato per l’appunto mare, imprecare e gridare di nuovo parola, in attesa che il male qual più corretta forma evolutiva seminata, là ove dimorava l’Elemento specchio dell’Universo, crei ogni nuova forma avversa al Pensiero, nella scomposta crescita per ogni cancro annoverato non men che ‘curato’ formare la Lingua - o meglio che dico - comune Linguaggio, da ugual medesimo mare navigato dal composto algoritmo, musica celebro-lesa nella maestà dell’isola così come in uso nel nuovo isolato Feudo.

 

Cantarne le antiche odi fino al trapassato èvo morto e sepolto.




 La grande Rivoluzione fece la sua scomposta comparsa, da molte tipografiche sirene su ogni Isola ammirata, stampata prodotta calcolata, nonché correttamente letta interpretata e tradotta, taluni dicono anche recitata sino al dramma finale, quando l’eroe torna alla propria patria, ovvero fugge dalla sua Terra bruciata e contaminata lasciando ogni tesoro, sulla zattera o comodo gommone, dalla stiva da cui partito sino al ponte d’attracco, sempre schiavo in nome del raggiunto progresso. Troverà la sua Terra dimenticata all’alba d’una mattina, più nera di pria così come l’havea abdicata e non più scavata né cercata con gli occhi tristi come un pozzo senza fondo.

 

La sposa al telaio con cui incisa e scomposta ogni strofa non riconosce più la Poesia in cui il Linguaggio cantato, negli intervalli fra il Primo e Secondo Atto dell’industrioso progresso, i proci saranno processati e sconfitti, l’Arco trionferà fino al proscioglimento finale, ovvero quando dopo il grande applauso dell’Odissea poetica, l’Eroe potrà far ritorno alla baracca desolata; ai migliori sarà conferito giusto premio circa metro & misura del canto poetico, alle donne in fallo sarà promesso lo schiavo desiderato esorcizzare ed appagare ogni inappagato linguaggio.




 Noi per hora in codesto breve intervallo a cui ci è concesso cantare il Primo Epico Atto volgiamo il sofferto meditato sguardo, o meglio il panorama sociale mutato nel detto inappagato erotico progresso, il quale nella nuova indiscussa posizione assunta, non più armoniosa forma naturale confacente al sessuato genio creativo con cui la stessa (Natura) crea e modella, al top dell’intima armonia, ponendo le dette nascenti  acrobatiche evoluzioni - di future generazioni - su di un  simmetrico piano della psicologica Natura seviziata non men che torturata dal piacere d’ognuno.

 

Ovvero, medesimo linguaggio da un Conte narrato, il quale suo malgrado nel simmetrico istinto mal interpretato circa ugual Natura, ne ha scorto l’eccesso tutte le volte che l’Eros così dedotto e posto al mercato del desiderio, esprime contorte plastiche sadiche vette evolutive godere del proprio avvenire. Modellare la ‘materia’ di ciò che un Tempo - crescita e forma - nel corpo della bellissima Natura l’havea pur contraddistinta, sia nel piacere che nella bellezza come nell’ebbrezza del desiderio tratto ed ispirato l’amor detto. Ed hora costretta alle voglie di un deviato morboso incontrollato torturato istinto per ogni nuova forma e disegno, cancellare la passione per ogni Arte circa il vero Amore, contorta e celebrata da una insana pulsione, in nome della materia in simmetrico fallace atto creativo per ogni morboso istinto - e non più desiderio - appagarne la voglia e non solo dell’uomo...

 

(Giuliano)


[il capitolo completo]







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