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Infatti una vera flotta di ghiacci appariva verso il sud, ingrandendo a vista d’occhio. Erano dieci o dodici, ma quali giganti!...
Quei
figli del gelido polo, che le correnti marine avevano staccato dal continente,
sulle cui coste forse da secoli sonnecchiavano, mai contaminati, probabilmente,
da alcun piede umano, filavano lentamente verso le regioni settentrionali,
verso le regioni indorate dal sole.
Avevano
proporzioni mostruose: taluni avevano un’estensione di mezzo miglio ed un’altezza
di duecento metri. Figuratevi quali masse, quando si pensi che, se hanno un’altezza
di cento metri, devono averne trecento di sotto!...
Alcuni
di quei giganti dovevano dunque avere uno spessore di ottocento metri!
I raggi solari, riflettendosi su quelle superfici bianche, venate di un azzurro languido o di verde pallido, sprigionavano qua e là, attorno alle punte o negli angoli, delle tinte superbe. Alcuni di quegli ice-bergs (è il nome che si dà alle montagne di ghiaccio galleggianti) sembravano enormi diamanti incrostati di zaffiri o di smeraldi; altri sembrava che celassero nel loro interno un vero fuoco, poiché le loro estremità riflettevano delle tinte rosse, ed altri ancora, che non potevano ricevere la luce solare, parevano zaffiri, ma sposati ad una sostanza ignota e meravigliosa, la quale rifletteva tutti i colori dell’arcobaleno.
Cosa
strana: quei ghiacci del Polo Australe non avevano le forme stravaganti che si
riscontrano negli ice-bergs dell’Oceano Artico. Erano sorprendenti per la loro
semplicità, per la loro struttura regolare e tagliata a filo e le loro
superfici, viste da lontano, sembrava che fossero state solcate da un aratro.
‘Quale diversità fra questi ghiacci e
quelli del Polo Artico!’
esclamò
Wilkye.
‘Gli stessi freddi intensi, ma quale differenza fra le regioni dei due poli!’...
‘Ma sono belli, stupendi, Wilkye’
...disse
Bisby che non si stancava di ammirarli.
‘Che masse enormi!... Quale nave
potrebbe resistere ai loro urti?’
‘Nessuna,
Bisby’
‘E ne incontreremo ancora?’
‘Più scenderemo verso il sud,
più diverranno numerosi’
‘È vero quello che si dice, amico
mio, che il Polo Australe è più difficile da scoprirsi che il Boreale?’
‘Sì,
Bisby’.
‘E perché? Forse che quaggiù fa più
freddo?’
‘No, ma pei ghiacci. Esistendo al Polo Australe un vero continente, attorno a questo da secoli e secoli si accumulano immensi ice-bergs e vasti campi di ghiaccio, i quali impediscono alle navi di avanzare’
‘Ma è proprio vero che esiste un
continente?’
‘Tutto lo indica, Bisby. Gli
esploratori ne hanno già delineato i contorni, e poi credete voi che quelle
immense montagne di ghiaccio si possano formare in alto mare? No, si formano
solamente in vicinanza delle terre’
‘Ma quel continente non può invece
essere composto di semplici isole unite fra loro da banchi di ghiaccio?’
‘No,
perché non s’incontrerebbero, in tal caso, degli ice-bergs così colossali. Il
Polo Nord è cosparso di isole, ma colà non si vedono montagne di ghiaccio di
dimensioni pari a queste’
‘Deve essere vasto questo continente’
‘Senza dubbio, Bisby, ma è pure difficile scoprirlo tutto, poiché si afferma che sia circondato da una vasta calotta di ghiaccio che sarebbe larga parecchie centinaia di chilometri’
‘Dunque voi credete impossibile che
Linderman possa con la sua nave avvicinarsi al polo?’
‘Sì,
Bisby. Egli spera di trovare un passaggio al sud della Terra d’Alessandra,
supponendo che quella sia un’isola, ma invece urterà contro il continente e
sarà costretto ad arrestarsi a qualche centinaio di miglia dal polo’
‘E non potrà giungervi a piedi?’
‘Non vi riuscirà, Bisby. Le marce attraverso i campi di ghiaccio sono tremende e non si possono sopportare per dei mesi, quando il freddo scende a 45° od a 50° sotto lo zero’
‘E voi sperate di trovarlo coi vostri
velocipedi?’
‘Lo tenterò, Bisby e, se tutto va bene, chissà!..’
[……]
‘Avrei potuto’,
…riprese
Wilkye
‘…scendere
più al sud con la Stella Polare e cercare di abbreviare questa distanza che è
enorme; ma ho pensato che avrei potuto affrontare pericoli tali, da
compromettere gravemente la nostra spedizione. Questo continente è più
pericoloso, più aspro, più coperto di ghiacci delle regioni del Polo Artico, e
le spedizioni tentate con le navi non hanno mai dato splendidi risultati.
Nessuno è riuscito a sorpassare il 78° 9’ 30” di latitudine, e quasi tutti gli
esploratori sono stati costretti a svernare fra questi deserti di ghiaccio. A
me preme di affrettare il tentativo di raggiungere il polo e bisogna che lo
compia prima che sia terminato lo sgelo, o nessuno tornerebbe vivo alla costa.
Credo quindi di aver agito prudentemente sbarcando qui, senza perdere un tempo
preziosissimo seguendo la Stella Polare verso il sud. In un mese, se Dio ci
aiuta, noi possiamo essere di ritorno e pronti a rimetterci in mare, anche
senza attendere la Stella Polare’.
‘Con la scialuppa?’
…chiesero
i marinai.
‘Sì,
amici miei’
‘Ma dunque contate di partire subito
per il polo?’
…chiese
Bisby.
‘Fra qualche giorno. Silenzio ed
ascoltatemi’
Wilkye sorseggiò la sua tazza, poi riprese:
‘Vi
spiegherò ora il mio piano: come voi già sapete, io tenterò di raggiungere il
polo in velocipede. Tutti gli esploratori antartici hanno osservato che il
continente polare è generalmente piano e che i suoi campi di ghiaccio non sono
così scabrosi come quelli delle regioni artiche. Essendo posti sulla terra, non
hanno spaccature, non hanno sollevamenti e forse non soffrono pressioni. Una
marcia a piedi si potrebbe fare con maggiore riuscita che nelle regioni
nordiche, ma la distanza dalla costa al polo sarebbe troppa per un equipaggio
che è costretto a portarsi dietro un pesante bagaglio. Ho quindi ideato di
raggiungere il polo in velocipede. Solamente una marcia rapidissima può dare
dei felici risultati, poiché un lungo soggiorno fra questi immensi campi di
ghiaccio potrebbe tornare fatale agli uomini: possono mancare i viveri,
piombare improvvisamente i terribili geli e assiderare le membra o
incancrenirle e sopraggiungere lo scorbuto, questo grave male che ha arrestate
tutte le spedizioni polari tentate per terra. Il velocipede che io adopererò,
non è di quelli soliti. È una macchina fatta costruire appositamente e con
grande diligenza, munita di otto ruote, fornita d’un piccolo motore a petrolio,
capace di portare tre uomini e un carico di duecento chilogrammi e di raggiungere
una velocità da venticinque a trenta miglia all’ora’
‘Un velocipede a vapore!’
esclamò Bisby.
‘Ma allora non avevate bisogno di
velocipedisti’
‘Anzi,
ne ho assoluto bisogno, Bisby’
…disse
Wilkye.
‘Il
mio velocipede è costruito in modo da potersi dividere ottenendo tre
biciclette, le quali, come potete facilmente immaginare, non potranno avanzare
che mosse dai piedi degli uomini. Mi tocca una disgrazia qualsiasi? Si spezza o
si guasta la macchina, o esaurisco la provvista di petrolio (ciò che mi accadrà
senza dubbio nel ritorno, non potendo portarne con me una provvista
considerevole), io divido il mio velocipede ed ecco ottenute tre biciclette
pronte a ripartire.
‘Ben ideato!’
esclamò
Bisby.
‘E quanto tempo contate di impiegare,
per giungere al polo?’
‘Se non incontrerò ostacoli, marciando dodici ore al giorno, calcolo di giungervi in cinque giorni, ma non voglio essere troppo ottimista, e metterò invece dieci giorni’
‘Dunque fra venti giorni voi potrete
essere di ritorno’
‘Lo
potrei, ma chi può assicurarlo? Sarà cosa prudente portare con me i viveri
sufficienti per quaranta giorni’
‘Ma noi?’
…chiese
Bisby.
‘Voi
rimarrete qui coi marinai e ci attenderete. Condurvi tutti al polo è
impossibile e poi, chissà quali vicende ci attendono in questo viaggio... Noi
saremo più tranquilli, pensando che alla costa abbiamo dei compagni, che vi è
una casa per ripararsi e che vi sono dei viveri’
‘Eppure sarei venuto volentieri anch’io
al polo, Wilkye!’...
‘Non
vi mancheranno le distrazioni qui, Bisby. Fra qualche settimana comincerà lo
sgelo, la selvaggina si mostrerà su queste coste e potrete cacciare ed
intraprendere delle esplorazioni per vostro conto.
‘Andrò a fare una passeggiata fino
alla Terra d’Alessandra’
‘Un po’ più lontano e andrete al polo’
…disse
Wilkye, ridendo.
‘Una spiegazione, signore’
…disse
un marinaio.
‘Parlate’
‘Se vi toccasse una disgrazia e non
vi si vedesse ritornare dopo i quaranta giorni, cosa dovremmo fare noi?’
‘Organizzerete
una spedizione di soccorso e tenterete di raggiungerci fin dove lo
permetteranno le vostre forze’
‘E se non vi troviamo? È necessario
prevedere tutto’
‘Avete
ragione’
…disse
Wilkye.
‘Allora
ritornerete alla costa, ci attenderete fino alla fine dell'estate, poi vi
imbarcherete o sulla nostra scialuppa o sulla Stella Polare, se sarà tornata, e
raggiungerete l’America’
‘Ma voi?’
…chiese
Bisby, impallidendo.
‘Se
in tre mesi non saremo ritornati, sarà segno che noi siamo morti’
‘Voi mi spaventate, Wilkye’
‘Eh!’
…esclamò
l’esploratore.
‘Credete
voi che le regioni polari non abbiano avuto le loro vittime? Il Polo Nord è
costato centinaia di vite umane’
‘Ma col vostro velocipede’...
‘Può
spezzarsi, un campo di ghiaccio può aprirsi sotto i nostri piedi e
inghiottirci, o una montagna di ghiaccio può piombarci addosso e stritolarci, o
una valanga di neve può seppellirci o la fame ucciderci’
‘Io rinuncerei al polo!’
‘Voi,
ma io mai!’
…esclamò
Wilkye, con suprema energia.
‘O
spiegare la bandiera americana ai confini del mondo australe o perire nell’impresa’
‘E noi vi saremo fedeli compagni,
signore!’
…esclamarono
i due velocipedisti con entusiasmo.
‘Lotteremo fino allo stremo delle
nostre forze, pel trionfo della nostra bandiera’
‘Grazie, valorosi compagni’
…disse
Wilkye commosso.
‘Sapevo
di aver condotto con me due fidi amici. Ora, finché i nostri marinai
trasporteranno qui la scialuppa per metterla al sicuro dai ghiacci, che non
tarderanno a mettersi in movimento per l’imminente sgelo, noi saliremo quella
catena di colline e andremo a vedere le pianure dell’interno’.
‘Andiamo’
…disse
Bisby che aveva mangiato tanto da correre il pericolo di scoppiare. – Una
passeggiata mi faciliterà la digestione.
Wilkye,
il negoziante ed i due velocipedisti, armatisi di carabine a retrocarica e di
bastoni con la punta ferrata per aiutarsi nell’ascensione, lasciarono la
capanna e si diressero verso le colline che chiudevano l’orizzonte verso il
sud-est.
La
temperatura era fredda assai, essendo scesa a 15° sotto lo zero, ma splendeva un
vivo sole, il quale già cominciava a sciogliere i ghiacci accumulati dinanzi
alla costa di Graham. Dal sud soffiava però, ad intervalli, un vento
freddissimo che gelava i nasi e le orecchie degli esploratori.
Un’infinità
di uccelli marini svolazzavano lungo le spiagge. Se ne vedevano dappertutto,
sugli ice-bergs, sui campi di ghiaccio, in mezzo alla neve, sulle scogliere e
si udivano le loro grida scordate e rauche.
Anche alcune foche si scorgevano, indolentemente stese sull’orlo dei banchi, scaldandosi ai raggi del sole, ma erano così lontane da far perdere a Bisby, che avrebbe voluto assaggiare la loro carne, ogni speranza di raggiungerle.
Superata
la costa, gli esploratori s’arrampicarono sulle colline, i cui pendii erano
scabrosi e difficilissimi, essendo coperti da una crosta di ghiaccio e di neve
gelata che doveva avere un grande spessore. Però qua e là si vedevano dei
tratti che avevano già perduto il loro rivestimento invernale e fra le fessure
di quelle rocce, che sembravano composte di un tufo rossastro, erano tosto
spuntate le prime pianticelle. Infatti si vedevano rizzarsi timidamente dei
muschi, i licheni usnea melanoxantha, qualche fuchsia magellanica, che aveva già
cominciato a mettere i bottoni pendenti, dei piccoli cespugli di metrosideros stipularis con le
foglioline punteggiate, ma che non avevano ancora messo i piccoli fiori
bianchi; delle lecanore e delle ulve, bizzarre pianticelle queste ultime, che
non spuntano che all’ombra. Si direbbe che temano il sole ed infatti, se i
raggi dell’astro diurno le toccano, ben presto muoiono, ma forse in causa della
mancanza di acqua. Infatti, spuntano solamente sulle rocce, il sole non tarda
ad assorbire l’umidità loro necessaria per vivere, ed appassiscono.
Procedendo
lentamente e con mille precauzioni per non scivolare nei crepacci e nei burroni
che s’aprivano dovunque, verso le quattro pomeridiane gli esploratori
giungevano sulla cima della catena.
Al di là, verso il sud, si estendeva dinanzi a loro una pianura sconfinata, coperta di neve, leggermente ondulata, ma non interrotta da quei rialzi, da quelle piramidi, da quelle guglie acute e da quei crepacci come si osservano nelle regioni del Polo Artico. Il continente australe pareva piano come un vero deserto e solamente ad un’immensa distanza si vedevano delinearsi, sul fondo azzurro del cielo, rade catene di montagne.
Su
quella vasta pianura gelata regnava un silenzio di morte, né si scorgeva alcun
essere vivente. Perfino gli uccelli, così numerosi sulle coste, mancavano, e
non se ne vedeva uno solo volare su quella superficie immacolata, mai
calpestata da piede umano, fin dal tempo della sua formazione.
‘Che deserto di ghiaccio!’
…esclamò
Bisby, rabbrividendo.
‘Mette paura solamente a vederlo’
‘Sono
contento che sia così’
…disse
Wilkye.
‘Il
nostro velocipede filerà senza trovare ostacoli’
‘Ed il polo è laggiù?’
‘A sud, ma a millecinquecento miglia di distanza’
‘Ci
vuole del coraggio, Wilkye, per andarlo a cercare. Ed io che volevo andarci a
piedi!’...
‘Ditemi, signor Wilkye’,
…chiese
il velocipedista Peruschi
‘troveremo altre pianure dietro quei
monti che si vedono laggiù?’
‘Lo
spero, amico mio’
‘Ma come attraverseremo quei monti?’
‘Se
non troveremo un passaggio, li aggireremo’
‘Allungheremo il viaggio
considerevolmente’
‘Vi
ho detto che porteremo con noi dei viveri per quaranta giorni’
‘Sperate d’incontrare la spedizione
inglese al polo?’
‘Dubito molto che Linderman possa trovare un passaggio sulla Terra d’Alessandra. Io sono convinto che le terre australi formino un vero continente e non siano un aggregamento d’isole, quindi una nave non potrà mai giungere al polo’
‘Che tenti di giungervi a piedi?’
‘Lo tenterà, ne sono certo, ma sarà costretto a ritornare. Un equipaggio, per quanto robusto ed agguerrito, non può percorrere millecinquecento miglia a piedi sui ghiacci e carico dei viveri necessari per parecchi mesi. Tutte le spedizioni tentate nei mari artici, anche con l’aiuto delle slitte tirate dai cani, hanno dato risultati negativi, anzi disastrosi. Ritorniamo, amici: scenderemo per quei burroni che mettono alla costa e andremo ad osservare questi esploratori artici’…
[…..]
Quella
catena che tagliava l’immensa pianura dal sud-est al nord-ovest, seguendo il
73° di latitudine, formava una barriera gigantesca, che pareva insuperabile per
gli esploratori polari. Era un accatastamento enorme di monti, coperti di neve
e di ghiacci, che alzavano i loro picchi aguzzi come coni o come piramidi per
parecchie migliaia di piedi, divisi gli uni dagli altri da profonde vallate, i
cui margini parevano tagliati a picco.
Nel
centro, un cono colossale, rivestito di ghiaccio dalla base alla cima, lanciava
la sua punta a sette od ottomila piedi d’altezza e le sue vallate, trasformate
in ghiacciai, vomitavano nella pianura, con boati continui e con sorde
detonazioni, degli ice-bergs del peso di migliaia di tonnellate, i quali
scivolavano per lungo tratto, abbattendo sul loro passaggio i ghiacci minori.
‘Fin
dove si prolungherà questa catena?’
…si chiese Wilkye che gettava sguardi corrucciati su quei monti.
‘Troveremo
un passaggio noi o saremo costretti a retrocedere, vinti dagli ostacoli di
questa regione maledetta?’
‘Noi siamo pronti a tentare tutto’
…dissero
i due velocipedisti.
‘Lo
so, amici, ma non vi nascondo che la nostra situazione sta per diventare
critica assai. Eccoci arrestati a mille miglia dal polo, con viveri per tre
sole settimane e con la provvista di petrolio quasi esaurita. È bensì vero che
ci siamo molto inoltrati in questo continente, ma non basta, quantunque io sia
convinto di avere preceduto il mio rivale di parecchi gradi’
‘Altri esploratori si sono inoltrati
più di noi?’
…chiese
Peruschi.
‘Sì, poiché Weddel ha superato il 74° di latitudine e Giacomo Ross è giunto al 75° 4’ ’
‘Allora bisogna superarli, signore’
‘E
senza perder tempo, amici. Sono assai inquieto per la nostra situazione ed
anche pei compagni che abbiamo lasciati alla costa’
‘Cosa temete per loro?’
‘Che,
tardando noi a ritornare, s’imbarchino sulla Stella Polare’
‘Bisby non ci abbandonerà, signore’
‘Lui
no, ma gli altri? E poi cosa volete che faccia quell’uomo che non sa far altro
che mangiare?’
‘Ma credete che il signor Linderman
ritorni?’
‘Con
la sua nave non s’inoltrerà in questo continente che sembra formare una massa
sola. Questa immensa catena di montagne dimostra che queste terre non sono
isole raggruppate attorno al polo’
‘Lo sapremo presto con maggior sicurezza’
…disse
Blunt.
‘Non
siamo ancora al polo, amico’
‘Ma ci andremo, signor Wilkye’
…disse
Peruschi.
‘Ma questi monti?’
‘Li
supereremo, quand’anche dovessimo trasportare sulle nostre spalle il velocipede’
‘Sì, signor Wilkye’
…disse
Blunt.
‘Grazie, compagni: tentiamo la sorte. Vedo laggiù una vallata che mi pare salga tortuosamente presso quel ghiacciaio e che non mi sembra troppo erta. Forse ci permetterà di raggiungere la cima’
‘Tentiamo, signore’
…dissero
i due velocipedisti.
Risalirono
sulla macchina e ripresero la corsa verso il sud-est, in direzione del cono
colossale, da loro chiamato monte Bisby, e presso il quale s’apriva la valle
notata da Wilkye.
Colà
infatti s’apriva come una profonda spaccatura che pareva prodotta da qualche
tremenda convulsione vulcanica e saliva verso i piani superiori lambendo due
immensi ghiacciai. Il velocipede che procedeva con una velocità di venti miglia
all'ora, s’addentrò nella valle che era cosparsa qua e là di lastroni di
ghiaccio, ma che però aveva dei lunghi tratti che permettevano alla macchina di
passare.
Quantunque
la pendenza fosse rimarchevole, pure le ruote, dentellate come erano, non
scivolavano e procedevano con sufficiente rapidità, trasportando in alto gli
esploratori. Ben presto però cominciarono gli ostacoli: i ghiacci senza dubbio
scivolati colà dai piani superiori o rovesciati dai vicini ghiacciai, diventavano
più numerosi, costringendo Wilkye ed i suoi compagni a discendere per aprire la
via al velocipede.
Quelle frequenti fermate facevano perdere un tempo prezioso agli esploratori, i quali vedevano, con grande inquietudine, consumarsi la già tanto scarsa provvista di petrolio ed avvicinarsi quindi il momento in cui sarebbero stati forzati a dividere quel capolavoro della meccanica.
Alla
sera non avevano superato che quattro miglia e con infiniti stenti. S’accamparono
sui fianchi della montagna, su di una specie di piattaforma che aveva loro
permesso di rizzare la tenda e, dopo una magra cena, si addormentarono
strettamente avvolti nelle loro pellicce, essendo lassù il freddo assai
pungente.
Tutta
la notte però i ghiacciai vicini tuonarono incessantemente, svegliando
parecchie volte Wilkye, il quale temeva che dall’alto piombassero dei massi di
ghiaccio.
Il
mattino seguente riprendevano con lena la salita.
Per
economizzare il petrolio, avevano spento la macchina spingendo innanzi il
velocipede che era più d'impiccio che di utilità su quelle chine, le quali
diventavano più ripide e più scabrose.
I loro sforzi però non davano che scarsi risultati, gli ostacoli crescevano ad ogni passo, la pendenza aumentava, i massi di ghiaccio si accumulavano per ogni dove costringendoli ad aprirsi una via con le scuri ed il freddo diventava così intenso da intirizzirli.
Non
fu che verso la sera del 15… cioè dopo otto giorni d’incredibili sforzi, che
poterono finalmente giungere sulla cima di quella catena, dopo d’aver affrontato
cento volte il pericolo di scivolare negli abissi o di farsi schiacciare dai
ghiacci che precipitavano dall’alto.
Di
lassù, a cinquemila piedi d’altezza, la vista spaziava su un immenso tratto di
quella regione del gelo e delle nevi. A destra ed a sinistra si estendevano due
immensi ghiacciai, due veri fiumi di ghiaccio in movimento, i quali
scintillavano sotto i raggi del sole e che tuonavano sordamente e quasi senza
interruzione. Al nord si estendeva la grande pianura che gli esploratori avevano
percorsa nei giorni precedenti, e al sud un’altra immensa pianura ondulata,
interrotta qua e là da alcuni picchi isolati, imporporati dal sole.
‘Laggiù
vi è il polo’
…disse
Wilkye, che fissava avidamente quella nuova pianura.
‘Ah! potessi giungervi presto e spiegare ai confini del mondo la bandiera della nostra patria!’...
‘Domani scenderemo su quella pianura,
signore’
…disse Peruschi.
‘Ho
scoperto un passaggio che ci permetterà di effettuare la discesa senza
accendere la macchina. Basterà chiudere i freni e lasciarci scivolare’
‘A
domani’
…disse
Wilkye.
Stavano
per rizzare la tenda, quando udirono a breve distanza un rauco urlo, che pareva
emesso da un animale.
‘Avete udito, signor Wilkye?’
…chiese
Peruschi.
‘Sì’
…rispose
questi, che pareva assai sorpreso.
‘Che ci siano delle foche?’
‘Non è il ruggito d’un leone marino, e poi delle foche qui, fra i monti, a cinquecento miglia dalla costa?’
‘Gli esploratori che visitarono le
sponde di questo continente hanno mai fatto menzione di animali feroci?’
‘Mai,
ma si sono limitati a visitare solamente le coste. Chi può dire che non ne
esistano nell’interno?’
Il
rauco urlo si fece udire più vicino. Pareva che uscisse da un profondo
crepaccio che formava una specie di caverna, addentrantesi nel fianco della
vicina montagna.
‘Andiamo
a vedere’
…disse
Wilkye, armandosi di fucile.
‘Sono curioso di sapere quali animali popolano questo continente’
S’appressarono
tutti al crepaccio, ma con precauzione, non sapendo ancora con quale avversario
avevano da fare; ma, percorsi soli pochi passi, videro comparire sette od otto
animali che avevano l’aspetto di lupi, senza però aver l’aria feroce di quei
carnivori delle regioni boreali. Avevano il pelame eccessivamente folto e
lungo, le orecchie corte, le gambe magre ed emettevano dei rauchi urli.
Vedendo
i tre esploratori, s’arrestarono sorpresi, non avendo forse mai, prima di
allora, veduto degli uomini, poi fecero un brusco voltafaccia e s'allontanarono
con grande rapidità, salutati da una triplice scarica che gettò a terra i due
più grossi.
‘Sono lupi’
…disse
Peruschi, che si era affrettato a raccogliere le prede.
‘A
me sembrano invece warrah’
….disse
Wilkye, che li osservava con curiosità.
‘Cosa sono questi warrah?’
…chiese
Blunt.
‘Sono
specie di lupi, ma non feroci, che si trovano nelle isole Falkland’
…rispose
Wilkye.
‘Li mangiano gl’isolani?’
‘Sì,
e noi faremo altrettanto. Questa carne giunge a proposito per ingrossare le
nostre provviste, le quali scemano rapidamente’
‘Se ne troveremo degli altri, non li
lasceremo fuggire’
….disse
Blunt.
Si
ritirarono sotto la tenda, contando di mettersi in marcia per tempo. Infatti
alle cinque del mattino cominciarono la discesa, lasciandosi scivolare lungo le
valli dell'opposto versante. Quantunque quella discesa fosse facile,
impiegarono nondimeno quattro giorni prima di giungere in quella pianura che
pareva si prolungasse, senza altre interruzioni, fino al polo....
(E. Salgari)
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