CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

sabato 5 giugno 2021

UNA LETTERA (per la Storia)

 























Una Lettera (e una breve notizia).... 








Dinanzi a questo scenario socio-politico particolare che aleggia in Italia, io, in quanto persona nera, inevitabilmente mi sento chiamato in questione. Io non sono un immigrato. Sono stato adottato quando ero piccolo.

 

Prima di questo grande flusso migratorio ricordo con un po’ di arroganza che tutti mi amavano. Ovunque fossi, ovunque andassi, ovunque mi trovassi, tutti si rivolgevano a me con grande gioia, rispetto e curiosità. Adesso, invece, questa atmosfera di pace idilliaca sembra così lontana; sembra che misticamente si sia capovolto tutto, sembra ai miei occhi piombato l’inverno con estrema irruenza e veemenza, senza preavviso, durante una giornata serena di primavera. Adesso, ovunque io vada, ovunque io sia, ovunque mi trovi sento sulle mie spalle, come un macigno, il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone.

 

Qualche mese fa ero riuscito a trovare un lavoro che ho dovuto lasciare perché troppe persone, prevalentemente anziane, si rifiutavano di farsi servire da me e, come se non bastasse, come se non mi sentissi già a disagio, mi additavano anche la responsabilità del fatto che molti giovani italiani (bianchi) non trovassero lavoro.

 

Dopo questa esperienza dentro di me è cambiato qualcosa: come se nella mia testa si fossero creati degli automatismi inconsci e per mezzo dei quali apparivo in pubblico, nella società diverso da quel che sono realmente; come se mi vergognassi di essere nero, come se avessi paura di essere scambiato per un immigrato, come se dovessi dimostrare alle persone, che non mi conoscevano, che ero come loro, che ero italiano, che ero bianco.

 

Il che, quando stavo con i miei amici, mi portava a fare battute di pessimo gusto sui neri e sugli immigrati, addirittura con un’aria troneggiante affermavo che ero razzista verso i neri, come a voler affermare, come a voler sottolineare che io non ero uno di quelli, che io non ero un immigrato. L’unica cosa di troneggiante però, l’unica cosa comprensibile nel mio modo di fare era la paura.

 

La paura per l’odio che vedevo negli occhi della gente verso gli immigrati, la paura per il disprezzo che sentivo nella bocca della gente, persino dai miei parenti che invocavano costantemente con malinconia Mussolini e chiamavano Capitano Salvini. La delusione nel vedere alcuni amici (non so se posso più definirli tali) che quando mi vedono intonano all’unisono il coro ‘Casa Pound’.

 

L’altro giorno, mi raccontava un amico, anch’egli adottato, che un po’ di tempo fa mentre giocava a calcio felice e spensierato con i suoi amici, delle signore si sono avvicinate a lui dicendogli:

 

Goditi questo tuo tempo, perché tra un po’ verranno a prenderti per riportarti al tuo paese.

 

Con queste mie parole crude, amare, tristi, talvolta drammatiche, non voglio elemosinare commiserazione o pena, ma solo ricordare a me stesso che il disagio e la sofferenza che sto vivendo io sono una goccia d’acqua in confronto all’oceano di sofferenza che stanno vivendo quelle persone dalla spiccata e dalla vigorosa dignità, che preferiscono morire anziché condurre un’esistenza nella miseria e nell’inferno. Quelle persone che rischiano la vita, e tanti l’hanno già persa, solo per annusare, per assaporare, per assaggiare il sapore di quella che noi chiamiamo semplicemente Vita.

 

 


 


Ed a lui rispondo in questo gelo d’Inverno con una preghiera affinché colga una Infinita Primavera... 

 

 

Lascia che sia fiorito

Signore, il suo sentiero

quando a te la sua anima

e al mondo la sua pelle

dovrà riconsegnare

quando verrà al tuo cielo

là dove in pieno giorno

risplendono le stelle.

 

Quando attraverserà

l'ultimo vecchio ponte

ai suicidi dirà

baciandoli alla fronte

venite in Paradiso

là dove vado anch'io

perché non c'è l'inferno

nel mondo del buon Dio.

 

Fate che giunga a Voi

con le sue ossa stanche

seguito da migliaia

di quelle facce bianche

fate che a voi ritorni

fra i morti per oltraggio

che al cielo ed alla terra

mostrarono il coraggio.

 

Signori benpensanti

spero non vi dispiaccia

se in cielo, in mezzo ai Santi

Dio, fra le sue braccia

soffocherà il singhiozzo

di quelle labbra smorte

che all'odio e all'ignoranza

preferirono la morte.

 

Dio di misericordia

il tuo bel Paradiso

lo hai fatto soprattutto

per chi non ha sorriso

per quelli che han vissuto

con la coscienza pura

l'inferno esiste solo

per chi ne ha paura.

 

Meglio di lui nessuno

mai ti potrà indicare

gli errori di noi tutti

che puoi e vuoi salvare.

 

Ascolta la sua voce

che ormai canta nel vento

Dio di misericordia

vedrai, sarai contento.

 

Dio di misericordia

vedrai, sarai contento.

 

(F. De André)




 

 

 


 

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