CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

venerdì 24 giugno 2022

VICISTI, GALILAEE (10)












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contra un sol uomo... (9) 


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Lettere (eretiche) (11) 


  & il capitolo completo [12]







 

Ospite dell’ambasciatore di Toscana, circondato dai più illustri studiosi dell’Urbe, i padri gesuiti tennero in suo onore un’adunanza accademica alla quale vollero conferire particolare solennità facendo intervenire alcuni cardinali, e confermarono, se pure con qualche insignificante riserva, tutte le sue scoperte scientifiche; il papa Paolo V lo ricevette con benignità e ‘non comportò ch’egli dicesse pure una parola in ginocchioni’; alti prelati, aristocratici, ‘litterati’ vollero guardare col portentoso ‘occhiale’ il cielo e ascoltare la sua parola avvincente che dava incaute anticipazioni sulla vera struttura dell’universo.

 

Il cardinale Maffeo Barberini (il futuro papa Urbano VIII che poi lo perseguiterà sino alla morte e oltre) scrisse della ‘virtù ond’era ornato il signor Galileo’ e la sua ammirazione esprimerà in seguito in versi latini; l’austero cardinale Bellarmino, pur non accettando se non come ipotesi le nuove idee, non disdegnò d’accostare l’occhio al ‘cannone, overo, ochiale’ del ‘valente matematico’; e l’ammirazione generale veniva riassunta dal cardinale Del Monte in una lettera al granduca di Toscana, che concludeva: ‘se noi fussimo ora in quella Republica Romana antica, credo certo che gli sarebbe stata eretta una statua in Campidoglio, per onorare l’eccellenza del suo valore’.




Ma s’erano anche già destate le prime diffidenze dell’Inquisizione e i primi sospetti di eresia intorno all'irruente e ignaro innovatore, ché ‘la sua dottrina non dette un gusto che sia a’ Consultori et Cardinali del Santo Offizio… i quali, se Galileo si fosse trattenuto troppo a lungo a Roma, non arebbono potuto far di meno di non venire a qualche giustificazione de’ casi suoi’.

 

L’anno successivo (1612) pubblicò un ‘Discorso intorno alle cose che stanno in su l’acqua o che in quella si, muovono’.

 

I moti della Terra erano però in disaccordo non solo con la dottrina aristotelica, ma anche col significato letterale di alcuni passi delle Sacre Scritture: e Galileo, attaccato nelle scuole e dal pulpito, prima di stendere la grande opera sul sistema del mondo si vide costretto a interpretare la Bibbia e a porre i limiti tra scienza e fede.

 

Come già aveva tentato Giordano Bruno, egli, in una lettera del 1613 al Castelli e poi, più ampiamente, in altra del 1615 a madama Cristina di Lorena, pose la sottile distinzione della doppia rivelazione divina della verità, l’una consegnata nei Libri Sacri, l’altra razionale: la prima, dominio della religione, da non interpretarsi nel significato letterale; la seconda, dominio della scienza, scritta in linguaggio matematico nel gran libro della natura.




 …Rivendicava così l’indipendenza della scienza dalla religione, il diritto alla libera ricerca scientifica.

 

 

                                            A DON BENEDETTO CASTELLI I IN PISA 

 

                                                                            (Firenze, 21 dicembre 1613)

 

 

 

Molto reverendo Padre e Signor mio osservandissimo, ieri mi fu a trovare il signor Niccolò Arrighetti, il quale mi dette ragguaglio della Paternità Vostra: ond’io presi diletto infinito nel sentir quello di che io non dubitavo punto, ciò è della satisfazion grande che ella dava a tutto cotesto studio, tanto a i sopraintendenti di esso quanto a gli stessi lettori e a gli scolari di tutte le nazioni; il qual applauso non aveva contro di lei accresciuto il numero de gli emoli, come suole avvenir tra quelli che sono simili d’esercizio, ma più presto l’aveva ristretto a pochissimi; e questi pochi dovranno essi ancora quietarsi, se non vorranno che tale emulazione, che suole anco tal volta meritar titolo di virtù, degeneri e cangi nome in affetto biasimevole e dannoso finalmente più a quelli che se ne vestono che a nissun altro.

 

Ma il sigillo di tutto il mio gusto fu il sentirgli raccontar i ragionamenti ch’ella ebbe occasione, mercé della somma benignità di coteste Altezze Serenissime, di promuovere alla tavola loro e di continuar poi in camera di Madama Serenissima, presenti pure il Gran Duca e la Serenissima Arciduchessa, e gl’Illustrissimi ed Eccellentissimi Signori D. Antonio e D. Paolo Giordano ed alcuni di cotesti molto eccellenti filosofi.

 

E che maggior favore può ella desiderare, che il veder Loro Altezze medesime prender satisfazione di discorrer seco, di promuovergli dubbii, di ascoltarne le soluzioni, e finalmente di restar appagate delle risposte della Paternità Vostra?




I particolari che ella disse, referitimi dal signor Arrighetti, m’hanno dato occasione di tornar a considerare alcune cose in generale circa ’l portar la Scrittura Sacra in dispute di conclusioni naturali, ed alcun’altre in particolare sopra ’l luogo di Giosuè, propostoli, in contradizione della mobilità della Terra e stabilità del Sole, dalla Gran Duchessa Madre, con qualche replica della Serenissima Arciduchessa.

 

Quanto alla prima domanda generica di Madama Serenissima, parmi che prudentissimamente fusse proposto da quella e conceduto e stabilito dalla Paternità Vostra, non poter mai la Scrittura Sacra mentire o errare, ma essere i suoi decreti d’assoluta ed inviolabile verità.

 

Solo avrei aggiunto, che, se bene la Scrittura non può errare, potrebbe nondimeno talvolta errare alcuno de’ suoi interpreti ed espositori, in varii modi: tra i quali uno sarebbe gravissimo e frequentissimo, quando volessero fermarsi sempre nel puro significato delle parole, perché così vi apparirebbono non solo diverse contradizioni, ma gravi eresie e bestemmie ancora; poi che sarebbe necessario dare a lddio e piedi e mani e occhi, e non meno affetti corporali e umani, come d’ira, di pentimento, d’odio, e anco talvolta l’obblivione delle cose passate e l’ignoranza delle future.




Onde, sì come nella Scrittura si trovano molte proposizioni le quali, quanto al nudo senso delle parole, hanno aspetto diverso dal vero, ma son poste in cotal guisa per accomodarsi all’incapacità del vulgo, così per quei pochi che meritano d’esser separati dalla plebe è necessario che i saggi espositori produchino i veri sensi, e n’additino le ragioni particolari per che siano sotto cotali parole stati profferiti. Stante, dunque, che la Scrittura in molti luoghi è non solamente capace, ma necessariamente bisognosa d’esposizioni diverse dall’apparente significato delle parole, mi par che nelle dispute naturali ella doverebbe esser riserbata nell’ultimo luogo: perché, procedendo di pari dal Verbo divino la Scrittura Sacra e la natura, quella come dettatura dello Spirito Santo, e questa come osservantissima esecutrice de gli ordini di Dio; ed essendo, di più, convenuto nelle Scritture, per accomodarsi all’intendimento dell’universale, dir molte cose diverse, in aspetto e quanto al significato delle parole, dal vero assoluto; ma, all’incontro, essendo la natura inesorabile e immutabile e nulla curante che le sue recondite ragioni e modi d’operare sieno o non sieno esposti alla capacità de gli uomini, per lo che ella non trasgredisce mai i termini delle leggi imposteli…

 

…Pare che quello de gli effetti naturali che o la sensata esperienza ci pone innanzi a gli occhi o le necessarie dimostrazioni ci concludono, non debba in conto alcuno esser revocato in dubbio per luoghi della Scrittura ch’avesser nelle parole diverso sembiante, poi che non ogni detto della Scrittura è legato a obblighi così severi com’ogni effetto di natura.




Anzi, se per questo solo rispetto, d’accomodarsi alla capacità de’ popoli rozzi e indisciplinati, non s’è astenuta la Scrittura d’adombrare de’ suoi principalissimi dogmi, attribuendo sino all’istesso Dio condizioni lontanissime e contrarie alla sua essenza, chi vorrà asseverantemente sostenere che ella, posto da banda cotal rispetto, nel parlare anco incidentemente di Terra o di Sole o d’altra creatura, abbia eletto di contenersi con tutto rigore dentro a i limitati e ristretti significati delle parole?

 

E massime pronunziando di esse creature cose lontanissime dal primario instituto di esse Sacre Lettere, anzi cose tali, che, dette e portate con verità nuda e scoperta, avrebbon più presto danneggiata l’intenzion primaria, rendendo il vulgo più contumace alle persuasioni de gli articoli concernenti alla salute. Stante questo, ed essendo di più manifesto che due verità non posson mai contrariarsi, è ofizio de’ saggi espositori affaticarsi per trovare i veri sensi de’ luoghi sacri, concordanti con quelle conclusioni naturali delle quali prima il senso manifesto o le dimostrazioni necessarie ci avesser resi certi e sicuri.




Anzi, essendo, come ho detto, che le Scritture, ben che dettate dallo Spirito Santo, per l’addotte cagioni ammetton in molti luoghi esposizioni lontane dal suono litterale, e, di più, non potendo noi con certezza asserire che tutti gl’interpreti parlino inspirati divinamente, crederei che fusse prudentemente fatto se non si permettesse ad alcuno l’impegnar i luoghi della Scrittura e obbligargli in certo modo a dover sostenere per vere alcune conclusioni naturali, delle quali una volta il senso e le ragioni dimostrative e necessarie ci potessero manifestare il contrario.

 

E chi vuol por termine a gli umani ingegni?

 

Chi vorrà asserire, già essersi saputo tutto quello che è al mondo di scibile?

 

E per questo, oltre a gli articoli concernenti alla salute ed allo stabilimento della Fede, contro la fermezza de’ quali non è pericolo alcuno che possa insurger mai dottrina valida ed efficace, sarebbe forse ottimo consiglio il non ne aggiunger altri senza necessità: e se cosi è, quanto maggior disordine sarebbe l’aggiugnerli a richiesta di persone, le quali, oltre che noi ignoriamo se parlino inspirate da celeste virtù, chiaramente vediamo ch’elleno son del tutto ignude di quella intelligenza che sarebbe necessaria non dire a redarguire, ma a capire, le dimostrazioni con le quali le acutissime scienze procedono nel confermare alcune lor conclusioni?


(Prosegue....)








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