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I documenti
relativi alla vita di Vermeer non sono molto
numerosi, e per di più appaiono di natura alquanto arida. Ritrovati in buona
parte in archivi notarili e pubblicati da Abraham Bredius fra il 1885 e il 1926
e da John Michael Montias nel 1989,
permettono di ricostruire dall’esterno la storia della sua famiglia, ma dicono
ben poco sull’attività artistica del pittore, a proposito della quale i dati
concreti sono scarsissimi.
Ad ogni
modo, Vermeer venne battezzato nella Chiesa Nuova di Deft il 31 ottobre del 1632; Joannis era la
versione latinizzata di Jan, il nome più comune dato ai maschi delle famiglie
calviniste di Deft, un nome che Vermeer non usò mai. Dopodiché, oscurità
completa intorno alla sua vita per oltre vent’anni, ovvero fino all’aprile del 1653, quando Vermeer si fidanzò con
Catharina Bolnes. Si può plausibilmente congetturare che, siccome venne al
mondo quando la madre aveva già 37 anni, e ben dodici anni dopo la nascita
della sorella Gertrury, il piccolo e solitario Vermeer si sia rifugiato molto
presto nell’universo fantastico del disegno.
Possiamo
invece affermare con sicurezza matematica che il nonno di Vermeer per parte di
madre, Balthasar Gerrits, era un ‘aristocratico falsario’!
La nonna paterna, Neeltge Gorris, commerciava con oggetti usati e vendeva biancheria da letto: si era sposata tre volte, ed era stata denunciata per truffa aggravata ed, infine, aveva dichiarato bancarotta. Lo zio non fu certo da meno; Reynier Balthens, noto e stimato ingegnere militare, era stato in prigione con l’accusa di aver dilapidato fondi municipali durante il restauro delle fortificazioni di Brouwerhaven, un noto porto sulla sperduta costa della Zelanda. Si dice che abbia cercato di farsi sovvenzionare dallo stato una flotta mercantile in completo disuso, il tutto alla scandalosa cifra di un vascello di fiorini… d’oro.
Il padre,
Reynier Janszoon, era un tessitore di caffa che aveva portato a termine il suo
tirocinio ad Amsterdam. Il suo lavoro richiedeva la realizzazione su stoffa di complicati
motivi tradizionali, e dunque buone qualità di disegnatore. Il fratello,
invece, il tagliapietre Anthonie, era partito due volte per le Indie Olandesi
in cerca di fortuna. Non si trattava dunque di una famiglia benestante: composta
da artigiani, apparteneva al ceto inferiore della classe media e per di più
godeva di una cattiva reputazione (anche se le apparenze davano ad intendere
alla incolta plebaglia…, il contrario…).
Il ramo materno era di ascendenza fiamminga, emigrata da Anversa per motivi religiosi, mentre i componenti del ramo paterno erano calvinisti bigotti ed osservanti…. Reynier Janszoon sposò Digna Balyhens, la figlia del… falsario, nel 1615. La primogenita, Gertrury, nacque nel 1620.
Poiché
l’attività di tessitore non gli bastava a sostenere la famiglia, Reynier
Janszoom aprì una locanda sul Voldersgracht, ‘De Vliegende Vos’ (detta la volpe
volante). Nel maggio 1641 traslocò
nella locanda Mechelen, sul Grote Markt. Come albergatore continuò a farsi chiamare
proprio Vos, mentre come mercante d’arte
– era entrato nella gilda di San Luca nel 1631 – si servì di un altro cognome: Vermeer.
Il
singolare matrimonio fra Joannis Vermeer e Catharina Bolnes, dal quale
sarebbero nati quindici figli – quattro dei quali morti bambini – ebbe luogo
domenica 20 aprile 1653 a Schipluy,
un’ora di cammino a sud di Deft. La sposa apparteneva a una famiglia di agiati
possidenti cattolici, per cui è probabile che il giovane Vermeer si sia dovuto
convertire al cattolicesimo nel giro di tre settimane – ovvero, quelle che
trascorsero tra il giorno del fidanzamento e quello delle nozze.
Maria Thins, la madre di Catharina, lontana parente acquisita del pittore Abraham Bloemaert di Utrecht, aveva dovuto superare gravi perplessità a proposito della discutibile famiglia protestante dello sposo prima di acconsentire al matrimonio – al quale in effetti all’inizio si era opposta. A parte il nonno falsario, lo zio ex galeotto, la nonna bancarottiera e il padre locandiere, Maria Thins non ignorava che la sorella di Vermeer aveva per marito un semplice corniciaio analfabeta, la cui sorella era una modestissima cameriera. Se però la famiglia Vermeer, per il resto unita, sembrava denunciare evidenti difficoltà di natura sociale ed economica, i Bolnes – che erano cattolici, quindi cittadini di seconda classe in una città dominata dai protestanti – si trovarono ad affrontare problemi insormontabili anche sul versante privato.
Anche i
rapporti di Maria Thins col marito Reynier Bolnes, che la malmenava spesso e
volentieri, risultarono addirittura catastrofici, al punto che nel novembre del 1641 Maria ottenne la separazione
legale da Reynier, la metà dei beni del marito e la custodia delle figlie
Cornelia e Catharina. Proprietario di una fornace, Reynier nel giro di dieci anni
finì sul lastrico. Il collerico figlio Willem venne affidato al padre, e in
seguito a questa malaugurata decisione presto venne rinchiuso in una casa di
correzione per delinquenti e malati di mente…
Sui
possibili maestri del giovane Vermeer si sovrappongono innumerevoli teorie: in
realtà non è nemmeno sicuro che sia stato allievo di un pittore di qualche fama,
e forse si limitò davvero a prendere lezioni dal padre Reynier. Nel novembre del 1657 Vermeer abitava con la moglie
in casa della suocera, nell’angolo dei ‘papisti’ fra l’Oude Langendijck e
Molenpoort.
Deft,
all’epoca, contava circa 30.000 abitanti e molti di questi erano artisti di
fama. Nel 1654 il celebre pittore di
genere Jan Steen affittò una birreria in città, e nello stesso anno vi si
trasferì anche Pieter de Hooch, rinomato maestro della pittura intimista… già
conosciuto dall’altro noto falsario van Meegeren…
Han van Meegeren, che di qui in avanti chiameremo VM, nacque il 10 ottobre del 1889 a Deventer, la stessa cittadina olandese in cui era invece defunto il grande pittore Gerrit Ter Borch. Suo padre, Henricus van Meergeren, maestro di scuola, era un uomo ordinario, severo, e completamente privo di immaginazione, cultura, senso artistico ed anche e non per ultimo… di intelligenza….. Si era sposato a quarant’anni. Sua moglie, Augusta, gli aveva dato cinque figli. VM, ovvero Han, era il terzo e crebbe in un’atmosfera di inflessibile disciplina: non gli era nemmeno consentito rivolgere la parola al padre, a meno che il terribile Henricus non glielo ordinasse esplicitamente.
Con ogni
probabilità VM derivò i suoi impulsi creativi dalla madre, una donna delicata e
sensibile, che aveva quindici anni meno del marito e che aveva dimostrato una
certa inclinazione artistica finché il matrimonio non aveva posto bruscamente
fine alle sue nebulose velleità. VM era un bambino molto delicato, fisicamente
fragile: per la disperazione dell’arido ed incolto Henricus, cominciò a
disegnare con passione fin dall’età di otto anni. Sempre più costernato nello
scoprire le stimmate delle aborrite tendenze artistiche materne in un altro
membro della sua famiglia, Henricus prese l’abitudine di strappare regolarmente
in mille pezzi i disegni precoci per quanto chiaramente intelligenti del
giovane VM, preferendo a questi, quelli della contessina di corte di cui gli
archivi storici conservano… triste ed immeritata memoria…
Inoltre, su
consiglio della stessa contessina, proibì senza mezze misure a sua moglie di
incoraggiare gli interessi ‘malsani’ del fanciullo. Ma il risultato di tale
divieto fu che VM finì per passare tutto il suo tempo libero disegnando
soggetti plasmati dalla sua inesauribile fantasia – e cercando di tenersi ben
lontano dalla sorveglianza occhiuta del padre, logicamente.
Per sua fortuna,
l’odiata figura paterna, venne presto sostituita da quella di Bartus Korteling,
insegnante di VM alle scuole superiori. Pittore di scarsa reputazione ma
artista serio, onesto e preparato, riconobbe immediatamente il talento creativo
dell’allievo e gli consentì di acquisire un vasto patrimonio di conoscenze
tecniche…
Bravura o non bravura, talento o non talento, Henricus non sembrava affatto contento della piega insensata che la vita di suo figlio stava prendendo. Innanzitutto non capiva perché mai l’arte dovesse essere insegnata a scuola, e pensava che il talento artistico non fosse di alcuna utilità nella vita – o, quantomeno, non servisse allo scopo di svolgere una qualsivoglia professione accettabile. E poi trovava che simili inclinazioni verso l’arte non erano altro che passatempi, perversi e favorissero gli istinti ribelli dei giovani, contribuendo a renderne il carattere più instabile (al contrario della giovane contessina…). La sua radicale opposizione alle inspiegabili tendenze artistiche del figlio, però, seguitò a produrre risultati addirittura controproducenti.
Henricus si
trovò a osservare con orrore crescente la deleteria evoluzione della
personalità (peccaminosa) di VM sotto la perniciosa influenza del subdolo
Korteling e dell’immancabile… contessina…
Nel giro di pochi mesi, agli occhi di Henricus, VM diventò un adolescente indisciplinato e incapace, uno scriteriato sognatore posseduto da un’incomprensibile passione per l’arte… Il solo pensiero che suo figlio potesse diventare un artista era così nefando, e il solo pensiero che il figlio potesse amare la letteratura e la cultura, era ancor più orripilante, che in realtà non sfiorò neppure la mente ben poco fantasiosa del quadrato… Henricus. Ciònonostante, seguitò imperterrito a distruggere tutti i disegni del povero VM, dello snaturato rampollo sui quali riusciva a mettere le mani.
Meglio
prevenire, che curare…
Dal canto suo, VM lasciava che il padre, così sprovvisto di intelligenza creativa, sfogasse la sua livida rabbia senza nemmeno sognarsi di reagire (si racconta che il meschino Henricus passasse intere notti… sveglio con l’orrore che il genio o lo spirito di qualche antenato antico si materializzasse nella sua…. dimora; nel quartiere della ricca Deft…) era più volenteroso dell’Armata Rossa…., come taluni testimoni… ebbero a sentenziare… inoltre, essendo rimasto un ragazzo molto debole e di natura cagionevole, stava cominciando a comprendere – proprio sotto la guida dell’illuminato Korteling – che il primo passo importante nella vita di un vero artista consiste nel fortificare il propri spirito (e dobbiamo ad Henricus quest’ultimo e innegabile ruolo che la storia gli conferisce senza ombra alcuna…).
Dunque
renderlo indipendente dagli assalti dell’inetto Henricus, del mondo, e libero
dalle costrizioni materiali, la conseguenza di tale approccio filosofico fu
ovvia: VM divenne un lettore onnivoro e appassionato (i suoi coetani invece…). La
sua fertile immaginazione cominciò a nutrirsi di libri, e il suo mondo angusto
(meschino, deleterio, più ligio agli antichi dettami di una religione antiquata,
limitatrice, e rigidamente ortodossa…), ad essere popolato dai personaggi dei
grandi romanzi… Anche perché Henricus, prevedibilmente odiava la letteratura:
la trovava una perdita di tempo, un’aberrazione assurda e infantile…
(L. Guarnieri, la doppia vita di Vermeer)
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